Ti amo ma non troppo

Quanti di noi vorrebbero ricevere dal partner maggiori attenzioni, frasi dolci o anche solo maggior considerazione?

Alcune persone sono per loro natura poco propensi a manifestare i sentimenti, una sorta di avarizia emotiva; molti, invece, diventano così dopo una o più esperienze fallimentari in amore e, dunque, non hanno più il coraggio di lasciarsi andare, di comportarsi come prima, visti i risultati.

Io, però, vorrei concentrarmi su quelle persone che, non provando più interesse per l’altro, non hanno la capacità (o il coraggio) di dire basta o di palesare al partner il momento che stanno attraversando.

SI va dal caso limite del ghosting, cioè sparire dalla vita del partner non rispondendo a chiamate e messaggi, e non permettendo ad amici di fornire informazioni, ai casi meno patologici di raffreddamento del rapporto diradando la frequenza di messaggi e chiamate o riducendo la carica emotiva dei medesimi.

Parlo, naturalmente, di relazioni non conviventi ma di “fidanzamento” o relazioni adulterine, queste ultime in calo rispetto ad alcuni anni addietro, vuoi per il momento economico non favorevole (un hotel, una cena, un regalo comportano costi), vuoi per la paura di patologie a trasmissione sessuale.

A questo proposito non dimentichiamo che in Italia la vendita di profilattici è diminuita notevolmente negli ultimi anni, complice la convinzione che essere stati morigerati per qualche decennio abbia debellato le malattie inconfessabili, la cui diffusione è invece aumentata anche tra i soggetti più giovani.

Complice una scuola dove l’educazione sessuale è vista come il fumo negli occhi e una famiglia dove i grugniti sono più frequenti delle parole, il risultato non poteva essere diverso.

Pertanto, mancando il dialogo (in questo come in altri aspetti della vita umana), ogni problema, ogni scricchiolio nella relazione rimane irrisolto, non viene affrontato perché decidere è comunque faticoso, dimenticando che anche non decidere è, di per sé, una decisione.

Assistiamo, quindi, a rapporti che vengono mantenuti in vita in quello che chiamo accanimento terapeutico della relazione: abbiamo paura a dare un taglio per non ritrovarci nuovamente soli, perché tutto sommato non va così male, per non chiuderci una porta (dove la trovo un’altra che fa sesso così?) o perché non sappiamo che cosa vogliamo realmente.

Spesso, poi, ci accorgiamo di avere iniziato una relazione con la persona sbagliata: nessun difetto, nulla da recriminare, semplicemente non è come pensavamo; ammettere di aver sbagliato ci esporrebbe ad un giudizio da parte del partner e, al contempo, significherebbe ammettere a noi stessi di aver sbagliato, magari nuovamente.

Ecco, quindi, che cominciamo a diradare i messaggi, a non chiamare più tesoro o amore, usando il nome proprio, come si fa con gli amici; poi se prima erano cinque telefonate al giorno, diventano in breve tempo tre e poi una, causa giornate intense.

In alcuni casi, per la verità non moltissimi, tale cambiamento di abitudini è dovuto ad una nuova relazione parallela, magari appena abbozzata, che sta effettuando il periodo di prova, che ancora non sappiamo come sarà, ma che comporta per noi, per i maschietti soprattutto, l’incapacità di scindere le due storie e dare ad ognuna il giusto tempo, la giusta importanza e, soprattutto, il giusto merito; la donna, in questo caso, è molto più determinata e razionale dell’uomo e, oltre a decidere più in fretta, non ha tentennamenti.

Di fatto, proprio questa impulsività delle donne le porta a restare deluse dalle decisioni adottate senza riflettere.

Proprio oggi una signora, quasi cinquantenne, separata, mi ha detto di aver interrotto una relazione con un uomo sposato, rincontrato dopo quasi 40 anni, perché si era resa conto, dopo poco più di tre mesi, che desiderava un uomo libero sempre, che potesse dormire fuori, ecc. Chiedendole alcuni particolari, è venuto fuori che lui difficilmente avrebbe potuto fermarsi fuori abitando a 75 km da lei (di cui solo 35 di autostrada), che lei è molto più impegnata di lui avendo due figlie sempre con lei e non rinunciando ad alcuni impegni familiari e di altro genere. E’evidente che gli incarichi professionali, politici e di altra natura di lui, da quanto mi ha spiegato, l’abbiano disorientata al punto di essersi sentita strangolata, cosa che all’inizio non avrebbe mai pensato. Fin dall’inizio della loro relazione, infatti, lei aveva precisato di non voler dedicare a lui il giorno di riposo settimanaleper non modificare le proprie abitudini.

Non dico che non dovete provare emozioni, ma procedete per piccoli passi all’inizio: siete sicuri che così com’è la situazione vi vada bene? E se lui/lei non potesse poi separarsi per motivi di salute del partner? E se venisse trasferito? Se diventasse meno ricco, meno potente, meno qualcosa? Vi piacerebbe ancora?

Prendete tempo: se è il partner giusto, e ricordate che nulla accade mai per caso, lo troverete ancora lì. Se no, era destino che rimaneste nuovamente soli. Non saltate da un rapporto all’altro o la frustrazione aumenterà ad ogni fallimento.

Sergio Motta

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