Riceviamo e pubblichiamo- Nei giorni scorsi Greenpeace Italia ha presentato degli esposti presso le procure territorialmente competenti di Torino, Ivrea, Alessandria e Novara, dove è stata accertata la contaminazione da PFAS (sostanze poli e perfluoroalchiliche) nelle acque potabili. L’organizzazione ambientalista chiede alla magistratura di prendere tutti i provvedimenti cautelari del caso per impedire che si continui a somministrare alla popolazione acque contenenti PFAS e per verificare se, considerato lo stato di inquinamento permanente di queste aree, sussistano le condizioni per ipotizzare i reati di disastro ambientale o innominato, e per omissione di atti d’ufficio conseguente il mancato rispetto della normativa sull’accesso agli atti.
LA NOTA DI GREENPEACE
«I nostri esposti confermano quanto la situazione PFAS in Piemonte sia fuori controllo. La Regione, il massimo organo sanitario, sembra non essere a conoscenza dell’operato delle proprie agenzie o si macchia di un reato per non rispondere alle istanze di Greenpeace. Nell’alessandrino gli enti pubblici hanno permesso per anni l’erogazione di acqua contaminata e si sono attivati solo dopo l’interessamento di Greenpeace e solo in alcuni comuni. Tutto questo è inaccettabile», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia. «Chiediamo alla magistratura di indagare perché finora chi dovrebbe garantire la sicurezza della cittadinanza si è limitato a cercare di sminuire il problema, sostenendo che i valori rilevati da Greenpeace sono nella norma. Il punto è che i limiti attuali ci espongono a dosi pericolose di queste sostanze. Esiste, infatti, un evidente scollamento tra le preoccupazioni della comunità scientifica e il limite imposto dalle norme europee, pari a 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole, che entrerà in vigore tra l’altro solo nel 2026».
Uno degli esposti riguarda l’operato della Regione Piemonte che all’istanza di Greenpeace di prendere visione degli esiti di analisi sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, ha rispostotramite una missiva redatta dal Settore Servizi Ambientali in cui si legge che “le informazionirichieste non sono in possesso della Regione Piemonte”, rimandando alla Direttiva Europea 2184/2020 destinata a entrare in vigore solo nel gennaio 2026 e invitando l’organizzazione ambientalista a chiedere i dati ai gestori. Una risposta che non sembra corrispondere alla realtà dei fatti, considerando che ARPA Piemonte e ASL Alessandria, enti che fanno capo alla stessa Regione, da anni conducono analisi sulle acque potabili. Le possibili spiegazioni sono due: o il massimo ente regionale in materia ambientale e sanitaria non è al corrente dell’operato dei propri organi tecnici (ARPA e ASL Alessandria), oppure la Regione non ha rispettato la normativa vigente sull’accesso agli atti, rendendosi così responsabile del reato di cui all’art. 328 del codice penale.
Un ulteriore aspetto rilevato nella denuncia di Greenpeace riguarda la disparità degli interventi messi in atto dagli enti pubblici (Regione, ASL e ARPA) in presenza di contaminazione dell’acqua potabile in alcuni comuni dello Scrivia. Mentre a Montecastello i dati raccolti nell’estate del 2020 da ARPA Alessandria hanno permesso degli interventi a tutela della comunità residente, in altri paesi come Alzano Scrivia, Guazzora, Isola Sant’Antonio e Molino dei Torti, in cui sono stati riscontrati simili livelli di inquinamento, non è stato mai preso alcun provvedimento per tutelare la salute pubblica nonostante il problema fosse noto da tempo. Curiosamente, dopo appena nove giorni dalla richiesta di Greenpeace Italia di prendere visione dei dati sui PFAS nelle acque potabili, una nota inviata dall’ASL di Alessandria all’organizzazione ambientalista informa che “dal 7 agosto 2023 la rete idrica (nei quattro comuni, ndr) è stata posta sotto alimentazione proveniente dalla galleria filtrante di Tortona”, comune in cui, seppur con valori inferiori, il PFOA, una molecola del gruppo dei PFAS nota per essere cancerogena, viene abitualmente rinvenuta. Parallelamente, a Castelnuovo Scriva, dove i dati del 2023 mostrano livelli di contaminazione paragonabili, non risulta essere stato messo in atto un cambio di fonte di approvvigionamento.
Riguardo i dati della città metropolitana di Torino, l’organizzazione ambientalista invita la magistratura ad approfondire alcune questioni, valutando anche l’operato di Regione Piemonte, ASL e ARPA. I dati consegnati a Greenpeace Italia da SMAT – ente gestore del servizio idrico integrato per la città metropolitana di Torino – indicano la presenza di un PFAS specifico, il cC6O4 o C6O4 prodotto in Italia solo da Solvay Specialty Polymers di Alessandria. Nell’acqua potabile di quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) è stato ritrovato il solo C6O4, con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea. È doveroso chiarire come questa sostanza inquinante prodotta dalla Solvay di Alessandria sia arrivata nelle acque potabili di Torino e di altri comuni molto distanti. Per quanto riguarda il PFOA, noto cancerogeno, la presenza è stata accertata in decine di comuni, inclusi alcuni della Val di Susa, per un totale di 125 mila persone potenzialmente esposte. Il valore più elevato è stato riscontrato da SMAT il 29 marzo 2023: 96 nanogrammi per litro nella rete potabile della frazione Madonna della Losa nel comune di Gravere, a oltre mille metri di altitudine. Ulteriori criticità si registrano in altri comuni come, ad esempio, Chiomonte, dove i valori di PFAS riscontrati nell’acqua potabile erano superiori ai limiti di sicurezza fissati nel 2017 nella zona rossa del Veneto. Anche per il PFOA, trattandosi di contaminazioni non da sottovalutare, è necessario individuare le fonti inquinanti.
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