IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
La notizia della morte del principe Vittorio Emanuele di Savoia era attesa, ma certo ha suscitato in me una certa emozione condivisa anche da alcuni amici a cui l’ho comunicata. La sua figura resta controversa e storicamente marginale. Lasciò l’Italia nel 1946 quando aveva 9 anni ed è sempre vissuto in esilio anche dopo la soppressione della XIII norma transitoria della Costituzione. Non ebbe in Svizzera l’educazione necessaria ad un principe ereditario e preferì vivere come un borghese libero da obblighi formali. Il suo matrimonio fu un matrimonio d’amore contro i desideri del Re Umberto che alla fine si arrese alla volontà del figlio che solo dopo la morte del padre si sentì investito come discendente di una delle più antiche dinastie d’Europa. Due fatti vanno precisati a caldo: l’assoluzione in Francia per l’imputazione clamorosa di aver ucciso un turista tedesco in Corsica che sta di nuovo dominando i tg: la stupida dichiarazione di sedicenti senatori del regno (quale?) che affermarono che la discendenza doveva passare agli Aosta si è rivelata giuridicamente infondata in modo incontrovertibile.
Un oscuro professore di Cuneo non poteva decidere la discendenza di Casa Savoia e questo fatto appare assodato senza ambiguità. Conobbi il principe quando avevo diciassette anni: se debbo essere sincero, non ne ebbi una buona impressione. Freddo e impacciato, si vedeva che non aveva avuto quella formazione adeguata al suo rango a causa dell’esilio. Il principe mi inviò dopo poco tempo una sua bella fotografia con dedica che ho conservato. Con una dedica scritta con inchiostro bianco. Lo rividi di sfuggita ad Altacomba ai funerali di Umberto II a cui partecipai insieme agli amici magistrati Guido Barbaro e Attilio Rossi nel 1983. L’ho rivisto prima del Covid ad Altacomba con l’amica Alessandra Belotti. Mi aveva insignito in precedenza di una onorificenza mauriziana. Fu molto gentile con me e mi disse che avrebbe desiderato venire a sentire una mia lezione. Non fu possibile. Nel 2020 lo avrei voluto invitare a palazzo Carignano per ricordare il suo avo, il Re Galantuomo nato in quello storico edificio duecento anni prima. Il Covid lo impedì. Mi rammarico di non averlo conosciuto più a fondo perché sicuramente dopo la morte di Re Umberto nel 1983 il principe, senza farsi illusioni, aveva preso piena consapevolezza del ruolo a lui affidato dalla storia della sua famiglia. Il modo in cui venne trattato in Italia con arresto e accuse infamanti che si rivelarono false, e’ una pagina da dimenticare.
Su sua richiesta Vittorio Emanuele sarà sepolto nella basilica di Superga. I funerali si svolgeranno sabato 10 febbraio in Duomo.
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