Oggi alle ore 10,15 alla sala Indaco del padiglione Oval del Salone del Libro verranno presentati gli scritti italiani di Gustav Herling editi da Bibliophilis.
Per comprendere il significato letterario e il valore civile di Gustaw Herling bisogna liberarsi delle letture ideologiche del Novecento e riprendere in mano l’opera dello scrittore e pubblicista polacco e napoletano, ponendosi in una dimensione storica e letteraria che renda giustizia all’intellettuale che non piego’ la schiena di fronte alle “utopie assassine“ del secolo scorso, come diceva un tempo Barbara Spinelli.
Herling, che partecipò alla resistenza nel 1940 in difesa della Polonia libera aggredita da tedeschi e sovietici , subì le atroci sofferenze dell’internamento nei gulag sui quali scrisse ,per primo, il grande libro “Un mondo a parte“ che avrebbe meritato il “Nobel“. Nel 1942 partecipò alla guerra di liberazione dell’Italia occupata dai tedeschi e combatte’ valorosamente a Monte Cassino nell’Armata polacca del generale Anders. A Napoli conobbe Benedetto Croce di cui aveva studiato l’opera e anni dopo ne sposò la figlia Lidia, considerandosi un esule polacco che non poteva accettare l’asservimento della sua patria al sistema sovietico. Ho conosciuto personalmente Gustaw e ho potuto constatare come la sua dirittura morale e la sua limpidezza fossero assolute nel difendere i valori della libertà rispetto a tutti i pericoli totalitari, senza le strane dimenticanze di tanti intellettuali italiani che passarono dal fascismo al comunismo un po’ troppo disinvoltamente. Ricordo le parole che mi disse una volta nei riguardi degli assassini del commissario Luigi Calabresi. Herling bollo’ con parole di fuoco i circa ottocento intellettuali che firmarono il manifesto che armo’ la mano dei suoi sicari. Lui che aveva pagato di persona due volte, era un uomo intransigente,onesto e giusto . Dal 2000 riposa vicino a Benedetto Croce nel cimitero di Poggioreale nella stessa cappella laicissima del più grande pensatore italiano del secolo scorso. In Italia non fu ben accolto e subì anche delle meschine angherie. Ma non si piegò mai al conformismo di quegli anni. I suoi scritti italiani , oltre cinquecento articoli e saggi pubblicati tra il 1954 e il 2000 sul “Mondo“ di Pannunzio, sul “Corriere della Sera” e su altri giornali e riviste, rivelano un percorso intellettuale controcorrente sempre modulato sull’esperienza della sua “duplice vita“ di scrittore tra letteratura e impegno civile. Herling è stato davvero uno dei pochi autori autenticamente europei del Novecento che contribuì a creare una coscienza europea fondata sul rifiuto di ogni totalitarismo. Lo scrittore che considero ‘ l’Italia una seconda patria, ebbe un tardivo riconoscimento con la pubblicazione di un “Meridiano” a lui dedicato e con una lapide sulla sua casa napoletana di via Crispi, voluta dal Presidente della Repubblica Napolitano d’intesa con le autorità polacche. A Torino non fu mai molto apprezzato e ricordo le ironie su di lui di certo mondo intellettuale editoriale e accademico. Solo la comunità polacca torinese e il Centro “Pannunzio” lo hanno apprezzato insieme alla professoressa polacca dell’ Università di Torino Krystyna Jaworska e Jas Gawronski, giornalista e parlamentare europeo. Con Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte ,Mario Pannunzio e pochi altri ha rappresentato quella che Marco Pannella definì la nobiltà dell’ impegno politico e intellettuale dell’Italia di allora. Se la cultura si è liberata dai bavagli , come mi disse una volta Piero Ostellino, e’ merito del gruppetto di “visi pallidi“, come essi venivano definiti con sarcasmo. Tra tutti il più meritevole è stato Herling contro cui venne anche avanzata l’ipotesi di una estradizione dall’Italia , pur essendo un perseguitato politico nel suo paese di origine. Oggi possiamo leggere la sua opera, apprezzando anche il valore letterario dei suoi libri e dei suoi scritti andando oltre le ideologie che hanno dilaniato il mondo novecentesco tra rivoluzioni, dittature e guerre. Ha un grande significato che sua figlia Marta, segretario generale dell’Istituto italiano di studi storici di Napoli, prosegua nel duplice impegno di ricordare il padre e il nonno nel mitico Palazzo Filomarino in cui insegno’ il Vico, risiedette Benedetto Croce e divenne il crocevia della più importante vita culturale italiana ed europea del Novecento.
PIER FRANCO QUAGLIENI
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