Fino al 1° aprile
Il tema, in arte, si perde nella notte dei tempi. Ma “Cos’è un ritratto? … Se lo chiedete all’artista vero (non quello ‘che bel ritratto: sembra una fotografia!’), vi risponderà che è raccontare un’anima, il suo sentire, la sua personalità. Non è così facile”. E no, non è così facile. Ha ben ragione Donatella Taverna, cui si deve insieme a Francesco De Caria e ad Alfredo Centra la curatela della rassegna, dedicata – in collaborazione con il “Museo Franchetti”, la “Fondazione Gazzera”, le “Collezioni De Caria – Taverna” e altre private – alla “Ritrattistica” piemontese del Novecento. Selezionati con grande oculatezza, sono 33 (per una buona sessantina di opere) gli artisti ospitati, fino al prossimo 1° aprile, nelle Sale del torinese “Collegio San Giuseppe”.
Artisti per i quali, sottolinea anche Francesco De Caria “il ritratto è sempre pretesto di meditazione sul destino dell’Uomo e sul senso di esserci”. Formidabile, in tal senso, Romano Gazzera (Cirié, 1908 – Torino, 1985) – il pittore dei “fiori giganti, parlanti e volanti”, nonché delle sarcastiche “scimmie (o cani) in costume” – di cui il “Collegio” di via San Francesco da Paola presenta un rigoroso “Autoritratto” con occhiali e un surreale (anch’egli in “beffarda” divisa) “Ritratto di De Chirico” (1950), suo grande amico che di lui diceva essere uno dei pochi artisti “capaci di sentire la bella materia”. Interessante, fra gli “autoritratti”, anche quello materico-grumoso di un gioiso Gigi Morbelli (Orsara Bormida, 1900 – Torino, 1980), in cui l’artista alessandrino – allievo di Luigi Onetti, anche lui presente in mostra con un toccante “Ritratto di giovinetto” – inserisce con gesto pop nel dipinto gli oggetti “costitutivi dell’immagine”: gli occhiali a pince nez e la tavolozza. Piacevolissimo.
Di non minore suggestione la “maniera nera (o a nerofumo) a berceau” (2010) della torinese Luisa Porporato, così come l’“Autoritratto” un po’ maudit di un giovane Michele Tomalino Serra (Cossano Belbo, 1942– Torino, 1997), accanto a quello “dimesso” di Pino Mantovani o ai due piacevolmente autoironici del vignettista Gianni Chiostri. Di amore coniugale ci raccontano invece l’accademico “gesso” del ’42 dono di nozze di Giovanni Taverna (Alluvioni Cambiò, 1911 – Torino, 2008) alla moglie “Marisa” (Margherita Costantino) – ricambiato dalla stessa, pittrice e ceramista di vaglia, con un penetrante amorevole ritratto – così come l’olio su tela del ’74, “Grazia…Grazia”, omaggio affettuoso di Pippo Leocata alla consorte, ritratta “in doppio” e in forme volutamente “sfumate”: in primo piano, nell’aggraziata compostezza di giovin fanciulla (indosso un leggero vestito hig style di seta a fiori), alle spalle, in un gioco di sottili velature, la stessa, qualche anno dopo, in corsa con la vita.
Un discorso particolare meritano anche i ritratti, più che mai, poetici ed intensi di bambini: il piccolo “Vittorio”, “diavoletto” dal vestitino rosso con colletto ricamato bianco, realizzato su avorio dalla miniaturista Elisa Tosalli, i teneri “Ritratto di bambino” di Stefano Borelli e la piccola “Chiara” di Guido Bertello. Di misteriosa antica sacralità tradotta in suggestive cifre simboliche ci parlano le magnifiche figure (“Elisa” e “Rossele”) di Luigi Rigorini, così come la “Conchiglia magica per Mara” di Guido De Bonis, partecipe marginalmente negli anni Sessanta del movimento torinese dei “Surfanta”, verso cui pare simpatizzare anche Eugenio Colmo Golia, nel suo “Venez, mes poissons”. Ritratti come esercizi di nobile “accademia”, dove la puntualità del segno tende a indagare e a privilegiare l’“umanità”, oltre alla pura definizione dell’“essere umano”, troviamo ancora nelle opere di Evangelina Alciati, di Alda Besso (Giò), di Mario Caffaro Rore e di Rosanna Campra, per continuare con Ercole Dogliani, Laura Maestri, Jean-Louis Mattana, Nini Pietrasanta, Mina Pittore, Maria Teresa Prolo, Rita Scotellaro, Adriano Sicbaldi, Enzo Venturelli – “Arcimboldo” novecentesco con le sue “figure-robot” dalle forme geometrizzate.
Fra le sculture, di grande impatto è il “gesso” informalmente “sfaldato” di Sandro Cherchi così come il tormentato “Autoritratto” in blu di Ottavio Mazzonis, accanto alle opere più classiche di Augusto Reduzzi e di Roberto Terracini. Magnifica chicca: il sontuoso ritratto di Anonimo di inizi ‘700 di “Papa Pio V” (al secolo Antonio Ghislieri da Bosco Marengo), Pontefice dal 1566 al 1572, anno della sua scomparsa e fra i principali artefici e promotori della “Controriforma”.
Gianni Milani
“Ritratto nel ‘900 piemontese”
Collegio San Giuseppe, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it
Fino al 1° aprile
Orari: lun. – ven. 10,30/12 e 16/18,30; sab. 10/12
Nelle foto:
– Romano Gazzera: “Ritratto di De Chirico”, 1950
– Gigi Morbelli: “Autoritratto”
– Giovanni Taverna: “Marisa”, 1942
– Pippo Leocata: “Grazia…Grazia”, 1974
– Luisa Porporato: “Autoritratto”, 2010
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