L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Tove Ditlevsen   “Gioventù”    –Fazi editore-   euro 15,00

E’ il secondo capitolo della trilogia autobiografica della poetessa e romanziera  più famosa della Danimarca, nata a Copenaghen nel 1917 e morta suicida nel 1976. Una bellissima riscoperta letteraria femminile quella della penna di Tove Ditlevsen, autrice della Trilogia di Copenaghen che è il resoconto della sua struggente esistenza, articolata in “Infanzia”, “Gioventù” e “Dipendenza” (di prossima pubblicazione, per la prima volta, in Italia)Il suo sguardo sulla vita è amaro e disincantato fin dall’inizio, come scriverà nel primo volume: «L’infanzia è lunga e stretta come una bara, e non si può uscirne da soli….».  Racconta così i suoi stati d’animo, con frasi brevi, incisive, scolpite nel profondo del suo essere. Ha la capacità di trascinarci nel suo mondo, nel suo sentire e nella sua sofferenza con parole che ci afferrano e non ci lasciano più. Abilissima nel mettere nero su bianco la fragilità della condizione umana.Tove è nata in un quartiere operaio di Copenaghen, figlia di un uomo che ha perso il lavoro ed è scivolato nell’inferno della disoccupazione, una madre ottusa e grezza, incapace di comprendere e supportare la genialità della figlia. Tove avrà unavita difficile, breve e travagliata, con i sassi dell’esistenza che la ferivano continuamente.
Costante sarà il desiderio di scrivere poesie; le custodisce e nasconde in un album in cui riversa i suoi pensieri, la sua sensibilità, la difficoltà di crescere, il suo sguardo – lucido e spietato-sugli adulti.La prigione dell’infanzia lascerà il posto a quella dell’età adulta.Lei, che era uno spirito creativo e libero, non riuscirà mai a venire a patti con la vita; si sentirà sempre fuori posto ed affogherà il suo male di vivere in alcol e droghe. Fino al tragico epilogo: la morte per un’overdose di sonniferi che fermerà la sua vita a soli 58 anni.In “Giovinezza” la ritroviamo 14enne che ha appena finito le scuole medie, vive con i genitori che le impongono di andare a lavorare  per contribuire al bilancio familiare. Non importa se deve accettare mansioni squallide e umilianti, se viene pagata una miseria, se è infelice; basta che porti i soldi a casa. Eppure l’orizzonte che ha in mente sarebbe ben più ampio, e vorrebbe volare alto.

E’ questa la tristissima realtà in cui si consuma la sua giovinezza. L’unica cosa che per lei ha senso è la poesia; scrive versi di nascosto, la sera, dopo giornate grigie, faticose e deprimenti. In “Giovinezza” racconta anche degli incontri con persone che forse potrebbero aiutarla a pubblicare le sue rime, ma il destino avverso sembra tagliarle sempre la strada.

Fondamentalmente si sente trasparente, agli occhi dei ragazzi e della sua famiglia, dei conoscenti. Questo è il baratro su cui si affaccia quotidianamente, con qualche ventata che a volte le fa ben sperare in un futuro ritagliato in base alla sua sensibilità e ai suoi sogni.

Jackie Polzin   “Quattro galline”    -Einaudi-     euro   17,00

E’ il romanzo di esordio della scrittrice americana Jackie Polzin, che vive in Minnesota, ed ha avuto l’originalissima idea di imbastire la storia in un pollaio.Voce narrante senza nome è quella di una donna che dopo un aborto spontaneo al quarto mese di gravidanza inizia a prendersi cura di quattro galline, centrali nel racconto. Quello che accade nel pollaio ha la stessa dignità di quanto accade in casa dei personaggi

A fronte di un evento traumatico come una gravidanza tanto desiderata ma finita male, la donna riesce ad affrontarlo grazie anche alla cura che riversa sui suoi pennuti. Li ama, nutre,protegge, e conosce a fondo, diventano compagni di vita, ed è così che in qualche modo riesce a metabolizzare il dolore della sua perdita.

Le galline qui sono “persone”, hanno tutte un nome, storie personali, abitudini diverse e caratteristiche che le contraddistinguono, desideri, paure, modi vari di affrontare i pericoli a cui possono essere esposte (come il gelo e le intemperie).

C’è la gallina alfa, Miss Hennepin County, la più lesta a mangiare.

Gloria, invece, ha l’abitudine di covare anche le uova deposte dalle compagne con lo stesso impegno che riserva alle sue.

Testanera, la più casinista e la più abile a cacciare; non è la più intelligente né la più furba, ma semplicemente quella che riesce a vedere più lontano.Gam Gnam invece è sempre l’ultima ad arrivare alla greppia, pilucca appena ed è  la meno corazzata per affrontare la vita.

I vicini osservano con stupore la dedizione che la protagonista riversa sulle 4 creature. A loro si dedica anima e corpo, dopo aver lasciato l’umile lavoro come donna delle pulizie (anche perché convinta di aver perso il bambino a causa dei detergenti usati e della fatica).

Leitmotiv di queste pagine è il dolore di quella perdita, scandito però con ironia e alleggerito dalle vicende del pollaio, con tutto l’amore e  il senso di protezione verso quegli esserini che depositano uova, scorrazzano e a volte beccano chi non dovrebbero. Quando poi scoppia un’epidemia di influenza aviaria, la donna vive momenti di ansia come se fossero le sue bambine e tutto questo grande amore per le simpatiche pennute finisce per diventare catartico.  Una storia dolce e lieve che si porta dentro un profondo dolore.

Michael Cunninngham   “Carne e sangue”     -La nave di Teseo-     euro 20,00

Cunningham è il famoso scrittore e sceneggiatore americano 69enne, vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa nel 1999 con “Le ore” (dal quale è stato tratto il film “The Hours” del 2002 interpretato da Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman).

In “Carne e sangue” narra la storia complessa della famiglia Stassos nell’arco di un secolo e si addentra in temi portanti come l’inseguimento del sogno americano, l’omosessualità, l’Aids, il melting pot newyorkese.

Tutto ha inizio nel 1935 con il piccolo Constantine Stassosemigrato con la famiglia di umili origini  dalla Grecia. A  8 anni, lavora nell’orto di casa, ma trafuga i semi, nasconde in bocca la terra che mischia alla saliva, e coltiva  in segreto un suo misero orticello in cima a un pendio roccioso.

Fin da piccolo accarezza il desiderio di indipendenza, che è metafora e anticipazione di tutta la sua vita. Ha sempre sognato in grande e, partito come semplice manovale, con il duro lavoro e un incontro fortunato, scala il successo e il benessere economico diventando imprenditore edile.  Ha sposato la giovane Mary, ragazza bella e solare di origini italoamericane; insieme mettono al mondo tre figli. Ma la moglie si trasforma via via nella classica casalinga frustrata degli anni Cinquanta, con un vizietto che esplode in crisi coniugale senza rimedio.

Al successo economico non corrisponde una vita familiare altrettanto serena, perché Costantine ha difficoltà nel rapportarsi con la prole.

Cunningham segue anche le vite dei figli; molto diversi tra loro, ognuno alla ricerca della propria strada e legato ai genitori darapporti complicati.

Susan è l’unica ad avere una vita normale, esteriormente irreprensibile; un marito di successo, una magnifica casa nel Connecticut, il figlio Ben che sembra quasi perfetto.

Bill, l’unico maschio della nidiata, è idolatrato dalla madre, incompreso dal padre che ha spesso atteggiamenti violenti nei suoi confronti; è soprattutto alla ricerca di un’identità sessuale e fatica ad accettare la sua omosessualità

Infine Zoe, l’ultimogenita sensibile e intelligente, ma ribelle e piena di contrasti interiori. La sua vita è scandita da cadute e scelte di rottura; dapprima come hippy, poi scivola nel girone infernale delle droghe, e nella girandola di rapporti promiscui. Dalla relazione con un uomo di colore che l’abbandona le rimane un figlio mulatto, Jamal. E altre disavventure seguiranno.

Cunningham scava a fondo nelle vite di ogni personaggio, portando alla superficie fragilità, irrequietezze, desideri e disfatte, tratteggiando a tinte forti una saga epica americana che non vi lascerà certo indifferenti.

Matteo Melchiorre   “Il duca”       -Einaudi-   euro  21,00

Matteo Melchiorre è un 41enne  di Feltre, direttore della biblioteca  del Museo e dell’Archivio storico di Castelfranco Veneto. Si occupa di storia socio-economica  del medioevo e della prima età moderna e di montagna, autore di vari saggi, “Il Duca” è il suo primo romanzo.

Mette in scena lo scontro tra due uomini sullo sfondo di una valle a ridosso delle Dolomiti; nell’immaginario paese di Vallorgana, al limite della Val Fonda, in un tempo indefinito che dà alla narrazione un sapore fortemente epico, in un non ben precisato punto temporale.

Lì si consuma l’aspra contesa tra l’erede di una dinastia in via diestinzione, il Duca, (l’ultimo dei nobili Cimamonte) e il vecchioMario Fastreda, possidente che si è fatto tutto da solo. La controversia  verte sul confine di terra tra i due possidenti, e pochi ettari di bosco diventano puntiglio della bega.

A scontrarsi sono soprattutto due modi opposti di considerare l’abuso. Il Duca vede in Fastreda  un potere esercitato con la prepotenza. Dall’altra invece Fastreda non perdona all’antagonista la  posizione e il vantaggio derivanti da un privilegio ormai obsoleto.

Il Duca  si è trasferito da 10 anni nella monumentale villa dove si aggira nelle stanze e  tra le  preziose boiserie, ossessionato dalla storia della sua famiglia;  casato blasonato ma con qualche segreto  ben  celato.  Una tenuta immensa composta anche da rustici che andrebbero restaurati, una cappella e tante altre meraviglie.

Fastreda è invece un coriaceo ottantenne solo all’apparenza mite, in realtà sa perfettamente quando è il caso di parlare e quando invece conviene stare zitto, è un personaggio influente nella comunità alpina e ama il conflitto, scovare ed attaccare nemici da battere.

Non resta che gustarvi i passi della contesa fino all’epilogo…

Alessia Gazzola  “La costanza è un’eccezione”   -Longanesi-   euro  19,00

E’ il terzo appuntamento con la nuova eroina di Alessia Gazzola, Costanza Macallè, giovane anatomopatologa imprestata alla paleopatologia, precaria e dalla vita piuttosto incasinata.

La talentuosa scrittrice siciliana al momento ha accantonato le avventure di Alice Allevi, la sua protagonista di maggior successo; giovane anatomopatologa pasticciona, con talento investigativo, e diventata anche una seguitissima serie tv interpretata da Alessandra Mastronardi.

Costanza nel primo romanzo della saga ha 29 anni, una laurea in medicina che vorrebbe mettere a frutto, magari all’estero, e la sua esistenza è stata diretta più che altro dal caso. Accidentalmente è finita a lavorare all’Istituto di Paleopatologia di Verona (lontana dalla sua natia e calda Sicilia), casualmente è rimasta incinta ed ora è madre multitasking della piccola Flora, fulcro del suo mondo.

Ad aiutarla nella gestione della piccola è la sorella Antonietta che a Verona ci vive. Costanza è riuscita a parlare con il padre della piccola, l’affascinante Marco, e a farlo entrare nella vita della bambina. Il ragazzo era fidanzato con un’altra ragazza –praticamente perfetta-  che però lascia quasi all’altare; solo che non l’ha fatto per stare con Costanza, ed il loro rapporto resta come sospeso, mentre prioritaria è la serenità di Flora.

Sul versante professionale la nostra protagonista si scopre brava nella paleopatologia che non è la sua scelta primaria e, proprio quando pensa di poter svoltare pagina, i colleghi le propongono un nuovo interessante progetto.

L’erede di un’altolocata famiglia veneziana, gli Almazan di origine spagnola e con un’oscura fama tramandata nei secoli, vuole che siano riesumati i resti dei suoi antenati.

Si vociferava che gli Almazan fossero addirittura dei vampiri, forse perché malvisti in quanto stranieri mercanti diventati “nobili per soldo”.

L’incarico è affascinante: entrare nelle tombe di famiglia, e analizzare i resti chiusi nelle bare per scoprire se dietro le morti misteriose di alcuni di lorocompresi due bimbi deceduti entrambi a tre anni– ci siano malattie genetiche o altro.

Inizia così la nuova avventura; responsabile del cantiere dei lavori di ristrutturazione della cripta in cui sono sepolti gli Almazan sarà proprio Marco. Un viaggio –tra giallo-rosa e romanzo storico- che vi condurrà nella Repubblica Serenissima di Venezia  nel lontano 1679 e dintorni; tra veleni, tare ereditarie, spie, raggiri il giallo sulla morte di una fanciulla della casata, Lucrezia, figlia di Giacomo Almazan.

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