LE CENE DI BEATRICE
In un una Torino che indossa ancora i guanti e non telefona mai agli orari dei pasti si snoda la rubrica “ Le cene di Beatrice”. Recensioni eno-gastronomiche dai toni umoristici. Luoghi di punta e luoghi nascosti faranno da sentiero di mattoni dorato alla ricerca di “Quello giusto”. In questo connubio di piatti, vini e appuntamenti torinesi, la voce della scrittrice Elena Varaldo tratterà le farfalle nello stomaco in un modo del tutto nuovo.
Il cuore ha le sue ragioni che la pancia conosce bene.
***
Brividini, temperature rigide e una pioggia sottile accolgono l’ennesimo appuntamento.
“Bel colpo davvero questo Alberto ” Anna si raccomanda di risparmiarmi un po’ di acidità.
Ma io che sono ormai scaltra marmotta di montagna non mi lascio obnubilare dai lustrini curricolari di questo nuovo commensale e mi avvio a passo incerto in una delle gallerie più famose di Torino. La galleria subalpina.
Sebbene lo spazio sia circoscritto a pochi e selezionati locali storici, devo fare più giri mettendo in seria discussione la professionalità del mio oculista.
Mentre comincio a dubitare di me stessa, qualcuno in lontananza sbraccia come un eccentrico lemure del Madagascar.
Eccolo li, Alberto. Con il suo metro e venti impacchettato in un audace abito blu.
Piccolo, elettrico e nerboruto, quasi da mettergli su un cilindro e fargli presentare il The Greatest show al parco della Pellerina. Mi prende la mano e con con un fiero piegamento del capo la bacia.
Poi mi conduce all’interno del ristorante Arcadia.
Rimanderò golosi commenti a posteriori.
Con una struttura imponente e una storia che comincia nel 1987 l’Arcadia rivela un carattere deciso. Si presenta con un sostegno da cattedrale dettato da colonne di pietra e una raffinatezza da portico sabaudo. Con tovaglie bianche e soffitti alti la firma torinese del proprietario Piero Chiambretti si rende nitida e di spicco nel panorama gastronomico. Una cucina gestita da Andrea Mattioda che propone un menú piemontesissimo e un sushi bar a cura di Son Pong. Le proposte del menu spaziano in due diverse carte, una di carne e una di pesce. Dalla guancia brasata al barolo, al merluzzo nero dell’Alaska, ai salmoni affumicati nei pokè. Con materie ricercate e prodotti fatti in casa d’estate si srotola fuori in un dehor coperto sotto le volte storiche della galleria.
Ordiniamo una bottiglia di Ruchè di Castagnole Monferrato 2017 e ci immergiamo nella vasta selezione.
Prima di avanzare verso le portate, cari lettori, sedete con me e lasciatevi coprire dai glitter degli avvenimenti.
Alberto, agile lemure e uomo in carriera pare avere sin da subito evidenti problemi psicomotori e come fosse stato punto al tallone da una vespa salta in piedi e mi abbandona.
Cin cin a me.
Sorpresa e confesso divertita, mi piego il tovagliolo sulle gambe mentre da lontano osservo l’impaziente traversata di alberto verso cinque commensali seduti distanti.
Questi si agitano, si toccano, quasi salterellano. Proprio quando si pensava che Alberto prendesse la via del ritorno, questo sposta la sua attenzione altrove e mira a disturbare un altro tavolo di conoscenti.
Vorrei poter dire che il seguito del racconto migliora, ma non è così.
L’arrivo dei piatti mi riporta momentaneamente a sedere Alberto che accoglie le portate con la gioia nel cuore insieme ad una discreta incontinenza verbale. Un individuo al quale, diciamolo, non manca la capacità di stupirsi.
All’interno di un fornellino in terracotta ci viene servita la tartare di vitello con fonduta di raschera, carciofi e uovo pochè, subito dopo gli Agnolotti della tradizione al sugo d’arrosto e infine un filetto di vitello al pepe verde con rostì di patate e Trevisan a grigliata.
La cena si sussegue con sparizioni, telefonate e invasioni a tavoli limitrofi ad accezione di rari momenti di presenza al tavolo, dove l’eccitazione di stare al mondo è così grande che magic-Albert avverte l’urgenza di attaccare le parole fra loro rapidamente, ricordando i discorsi che precedono un ictus.
Salutiamo dunque il ristorante Arcadia e la sua splendida cornice con la promessa di un sicuro ritorno. In una Torino che al palato non delude mai anche questa volta ne esco soddisfatta e meravigliata.
Arrivati agli ultimi istanti, preparo il verdetto per Anna, riflettendo che di tutti i vari appuntamenti magic-Berto è l’unico che malgrado presenti un quadro clinico preoccupante sa come si tiene un pubblico sull’orlo della tachicardia.
“Ci rivediamo?” mi chiede infine affondando la faccia dentro alla tarte tatin con gelato alla cannella.
Un giorno
in ultima spiaggia
sull’orlo dei quaranta
prima di portare a casa quattro randagi..forse.
Elena Varaldo
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE