Grimaldi (Verdi Sinistra) al CPR con Thierno Balde: “Una ferita che non si rimargina”

“Purtroppo non possiamo rimarginare una ferita, quella terribile della famiglia di Moussa, ma anche quella che tutta la nostra comunità cittadina e nazionale dovrebbe sentire per la sua morte. Non lo può fare la visita di Thierno, con noi  nei luoghi dove suo fratello si è tolto la vita, non lo può fare la chiusura degli ospedaletti, luoghi di isolamento non previsti dalla normativa e per fortuna oggi non più usati. Non può farlo nemmeno una gestione più attenta ai diritti e ai bisogni dei trattenuti, perché i C.P.R. restano per la loro stessa natura spazi di privazione della dignità e dei diritti umani, dove sono trattenute persone che non hanno commesso alcun reato se non quello (amministrativo) di non possedere documenti. Continueremo a dire che vanno chiusi” – dichiara il Vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi, che  ha visitato il CPR di Corso Brunelleschi insieme a Thierno Amadou Balde, fratello di Moussa Balde, e all’avvocata Lorenza Della Pepa.

Attualmente al Centro vi sono 130 trattenuti su una capienza di 140; circa 60 fra loro assumono terapie, tuttavia, nel corso degli anni e in seguito a tagli, il servizio medico è passato da 24 a 8 ore al giorno, quello psichiatrico a sua volta è stato ridotto drasticamente.

 

“Le condizioni materiali nella struttura restano critiche soprattutto in piena estate e in pieno inverno: dormire senza riscaldamento può essere un grande problema se non si ha una porta da settimane, anche per questo siamo stati qui ancora una volta e ci hanno garantito che domani attiveranno i riscaldamenti. Ma i trattenuti segnalano problemi anche per quanto riguarda la qualità dei pasti, l’accesso alle visite specialistiche e naturalmente alle telefonate” – prosegue Grimaldi. – “Sappiamo che in molti casi il problema è il regolamento del C.P.R. stesso, oltre alla legge, ma tutto ciò contribuisce al senso di ingiustizia che le persone vivono qui. Tanti avrebbero forse diritto a chiedere un permesso di protezione speciale ma non sanno di poterlo fare. La frustrazione e il dolore diventano velocemente fragilità psichica e la promiscuità può essere un fattore di rischio, come dimostrano gesti di autolesionismo, un tentativo di suicidio e un’aggressione di cui siamo venuti a conoscenza. Per quanto si possa divenire più attenti nel valutare l’idoneità di coloro che entrano, chi, una volta varcata quella soglia, non è vulnerabile?”.

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