Quel lungo “viaggio” in ascensore con Mr. James

Ascoltare e vedere per credere

“Basta ca rump nen le bale”: avevamo appena lasciato in sala pranzo la raffinata coppia  della Granda, quando simpaticamente ondeggiando me lo vedo arrivare. Eccolo a due passi. A vederlo, pacioso e sorriso senza fine, ha l’aria (e lo sarà anche) del gigante buono. Camicione hawaiano a maniche corte, dai colori vivaci – che di più – con variopinte fantasie floreali, taglia XXXL (esponenziale) e bermudoni fucsia – magenta elettrico – che faticosamente scavalcano gli “addominali” (si fa per dire) per riposare pesantemente sotto le ginocchia, Mr. James ci raggiunge – il sottoscritto e mia moglie – davanti all’ingresso dell’ascensore. In mano ha ancora lo smartphone, gioiello d’ultima generazione, con cui avrà scattato la trecentesima foto (forse più) con i vicini di tavolo e d’abbuffate e gran bevute. Il colorito é rubicondo bruciacchiato dal sole su epidermide bianco-candida all’origine, la fronte come sempre copiosamente imperlinata da vistose (anche loro!) gocce di sudore e i capelli bianchi perfettamente spettinati alla maniera del suo, non meno eccentrico, compatriota Boris, primo ministro UK. Un attimo di imbarazzante panico. Poi sbotta con un chiassoso ridanciano “Hi” e aggiunge ” Come with you?”.
“???”, io (zero in inglese).
“Let me see how many people”, viene in soccorso mia moglie. Pausa. ” ???”, sempre io (sempre zero in inglese).
“It’s ok”, ancora mia moglie.
“Ok”, pappagalleggio io.
“Today bad weather”, James.
“Just for two hours”, se non ci fosse quella santa donna di mia moglie! Io, timido colpettino di tosse. Mi sento tanto Totò e Peppino (scegliete voi) spaesati e sperduti davanti al “ghisa” in piazza Duomo a Milano. Evito il “nous volevon savoir” (sarebbe troppo!) e in soccorso ci si aprono le porte del mai tanto agognato ascensore. Due piani, noi. Quattro, lui, senza mascherina (d’obbligo), fra l’altro! Poco più di un minutino di imbarazzante, dannata eternità. Dentro é un tornado di parole e risatone a senso unico. Fa tutto lui. Domanda e si risponde. E ride e ride. Rido anch’io e mi sento un ebete vestito e calzato di tutto punto. Su una travolgente cascata di un centinaio di parole, ne colgo due o tre: Italy, good wine, Italiani very very nice! Yes, ridacchio. Ci mancano solo più: pizza, pasta e mandolino. Vai che vai. Ed eccoci al secondo piano. Il mio sorriso diventa urlo di gioia. Imperlato di goccioloni di sudore adesso lo sono anch’io. E James continua. Lo sentiamo ridere anche ad ascensore riavviato. Troverà la stanza giusta? Ci grida ancora dall’alto: ” Hi hi!”. Io sussurro impaurito: ” Goodbye”. ” Ma che ‘goodbye’ “, mi rimbrotta mia moglie. ” Troppo ufficiale. Basta ‘hi’!”. “Hi, hi”, “Ahi, Ahi”, sussurro un po’, ma appena un po’, rimbambito. Che viaggio, ragazzi! Non trovo neanche più le chiavi della stanza.

Gianni Milani

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