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Referendum sulla Giustizia, questi sconosciuti

Separazione delle funzioni. Il Pubblico Ministero ed il Giudice

Il prossimo 12 giugno anche i torinesi saranno chiamati ad esprimersi, tramite il voto, pur nel silenzio generale, sui “Referendum sulla Giustizia”.
Tutti i quesiti abbracciano questioni di carattere squisitamente tecnico e, almeno apparentemente, di scarso interesse per i non addetti ai lavori, oltre che di difficile comprensione in termini di concretezza.
In realtà, si tratta di argomenti che afferiscono, in generale, ad una più giusta, equa e corretta amministrazione della Giustizia, obiettivo questo che coinvolge tutti i cittadini indistintamente.
La Giustizia è un bene comune, va preservata e riguarda ciascuno di noi.
Non possiamo rimanerne semplici spettatori.
Il punto da cui partire è l’art. 111 della nostra Costituzione, sul processo equo e giusto.
Dal testo emergono, tra gli altri, il principio della neutralità ed imparzialità del Giudice, nonché quello della parità delle parti processuali nel processo penale, cioè Pubblico Ministero e Difensore dell’imputato.
Si tratta di principi di tutela e garanzia per il cittadino, la cui effettiva applicazione dipende primariamente dalle regole predisposte dal legislatore affinché gli stessi trovino piena attuazione nella realtà.
In questo contesto si inserisce il quesito referendario sulla separazione delle carriere tra i magistrati requirenti (il Pubblico Ministero) e quelli giudicanti (il Giudice).
La domanda che verrà posta, invero, così come le norme di cui si chiede l’abrogazione, non si riferisce alle carriere dei magistrati, bensì alle loro funzioni.
La carriera dei magistrati, anche qualora venisse accolto il quesito referendario, rimarrebbe sempre unica: con un unico concorso, un unico organo di governo e disciplina, il CSM, con gli stessi corsi di formazione e aggiornamento e così via.
Quanto alle funzioni, invece, attualmente, seppur nella realtà accada di rado, l’organo d’accusa può dismettere la toga del Pubblico Ministero ed indossare quella di Giudicante, così come quest’ultimo può decidere di spogliarsi della neutralità ed imparzialità che gli impone la nostra Costituzione, cambiando funzione per rappresentare lo Stato contro il cittadino accusato di un reato.
Tale possibilità, appare evidente anche ai meno esperti, può creare distorsioni con riferimento alle competenze ed alla forma mentis acquisita dal Pubblico Ministero nell’esercizio delle sue funzioni, allorché poi quello stesso soggetto si trovi a dover giudicare super partes. Senza tener conto di possibili problematiche di incompatibilità o conflitti di interesse.
Il Pubblico Ministero, infatti, valuta le circostanze con la finalità accusatoria di esercitare l’azione penale e dimostrare la responsabilità penale dell’imputato nel corso del processo.
Il Giudice, invece, deve valutare gli elementi probatori che gli sono sottoposti dal Pubblico Ministero e dalla Difesa dell’imputato non con fine accusatorio, bensì di emettere una sentenza equa, giusta, proporzionata e più aderente possibile alla reale verificazione dei fatti quali emergenti dal processo, svoltosi nel contradditorio delle parti.
L’approccio che i due differenti ruoli richiedono è, pacificamente, diverso e la logica acquisita in anni di attività da Pubblico Ministero teoricamente potrebbe non essere così facile da accantonare allorché dovesse poi acquisire il ruolo di Giudice, osservatore delle argomentazione prospettate dalle parti.

La separazione delle funzioni, al netto delle indubbie competenze, professionalità, correttezza e serietà di ciascun magistrato, requirente o giudicante che sia, dunque, può sicuramente essere un primo passo per formalizzare e cristallizzare ciò che di fatto nella realtà per lo più accade, cioè l’impossibilità di passaggi tra ruoli, nonché per concretizzare i principi costituzionali.
Certo è, però, che la strada verso una piena applicazione dei principi di parità delle parti processuali e di imparzialità del Giudice è ancora lunga e probabilmente, oltre a dover transitare per una più corretta ed adeguata cultura degli operatori della giustizia in merito ai ruoli di ciascuno, difensori compresi, non potrà non passare anche per una reale separazione delle carriere dei magistrati, in modo da garantire la piena e totale indipendenza ed imparzialità del Giudice e la parità delle parti processuali.

Carmen Bonsignore

www.carmenbonsignore.it

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