Allarme e preoccupazione per le imprese.
A livello territoriale piemontese è Biella quella che ha registrato l’incremento più alto con un +5,2%, passando dallo 0,5% di febbraio 2021 al 5,7% dello stesso periodo di quest’anno. Seguono Vercelli con un +4,7%, passando dallo 0,4% di febbraio 2021 a 5,1% dello stesso periodo di quest’anno; Torino con +4,6% (da 0,3% a 4,9%); Alessandria con +4,4% (da 0,8% a 5,2%); Novara con +4,4% (da 0,6% a 5%); Cuneo con +4,3% (da 0,6% a 4,9%).
Giorgio Felici (Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte): “L’inflazione è la nuova ‘pandemia economica’ alla quale si deve dare una rapida risposta”.
E’un’inflazione da record quella che in Piemonte sta investendo imprese e famiglie, passata dallo 0,5% di febbraio 2021 al 5,1% dello stesso mese di quest’anno (prima la Sicilia con +6,8%), con un incremento netto su base annua pari al 4,6%.
La maggior parte dell’aumento dei prezzi deriva dai beni energetici, che a febbraio di quest’anno hanno subìto un incremento del 23,9% rispetto allo stesso mese dell’anno appena concluso, passando così da -0,7% del 2021 al 23,2% del mese in corso.
Sono questi i dati che emergono dall’analisi sulla crescita dell’inflazione, realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, e riportata nel dossier “Ultime tendenze su inflazione al consumo e prezzi delle imprese, nel contesto del caro-commodities”, che ha rielaborato i dati dell’ISTAT tra febbraio 2021 e febbraio 2022. Il rapporto ha esaminato il trend di ben 10 gruppi di prodotti e servizi, per oltre 230 prodotti. In particolare vi sono le tendenze dei prezzi di 92 prodotti e servizi in mercati con una significativa presenza di imprese artigiane, di cui 29 sono riferiti a prodotti alimentari e bevande e 17 a servizi a maggiore vocazione artigiana. Il report, inoltre, ha verificato le tendenze dei prezzi alla produzione manifatturiera e del costo di costruzione e dei prezzi dei servizi.
A livello territoriale piemontese è Biella quella che ha registrato l’incremento più alto con un +5,2%, passando dallo 0,5% di febbraio 2021 al 5,7% dello stesso periodo di quest’anno. Seguono Vercelli con un +4,7% (da 0,4% di febbraio 2021 a 5,1% dello stesso periodo di quest’anno); Torino con +4,6% (da 0,3% a 4,9%); Alessandria con +4,4% (da 0,8% a 5,2%); Novara con +4,4% (da 0,6% a 5%); Cuneo con +4,3% (da 0,6% a 4,9%).
In Piemonte, come detto, la prima posizione per incremento dei prezzi riguarda le voci relative ad acqua, elettricità, gas e carburante, che hanno registrato una impennata dei prezzi del 23,9% in un anno, passando da -0,7% a 23,2%. In seconda posizione i trasporti, cresciuti del 9,4% (da -0,3% a 9,1%). Terza posizione per gli alimentari, cresciuti del 3,9%, passando da 0,2% al 4,1%. Quarta posizione per la ristorazione che è cresciuta del 2,4% (da 0,9% a 3,3%); seguono mobili/arredamento con 2,4% (da 0,5% a 2,9%); i servizi relativi all’istruzione +2,2% (da -2,8% a -0,6%); sanità +1,7% (da 0,9% a 2,6%); prodotti della comunicazione +0,5% (da -5,9% a -5,4%); abbigliamento e calzature +0,4% (da 0,4% a 0,8%); spettacoli -0,3% (da +1,8% a 1,5%); alcool e tabacchi -1,3%.
“L’aumento generalizzato dei prezzi – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – sta portando alla diminuzione del potere d’acquisto della popolazione e sta mettendo in crisi le imprese, strette tra la morsa delle tasche vuote delle persone e l’incredibile aumento dei prezzi delle materie prime. E’ molto preoccupante soprattutto la crescita dei costi del carburante per autotrazione e per il riscaldamento, e quindi anche il costo dell’energia elettrica e del gas. Ed è proprio su queste ultime voci che non si intravede una prospettiva positiva”.
“L’inflazione – rimarca Felici – è la nuova ‘pandemia economica’ alla quale si deve dare una risposta rapida. Il rischio dei costi che stanno esplodendo si potrebbe presto tradurre in saracinesche abbassate. Infatti la forte spinta dei costi, insostenibile in alcuni settori, sta riducendo i margini delle imprese e determina un pesante rialzo dei prezzi alla produzione. Riduzione dei margini che diviene palese quando si confronta l’inflazione ‘in entrata’, ovvero materie prime ed energia, e quella in ‘uscita’ cioè il costo dei prodotti e dei servizi che in molti casi è ancora negativa. Significa che le imprese non vogliono o non possono trasferire i maggiori costi sul cliente. Una situazione che però non reggerà a lungo”.
“Comprendiamo – conclude Felici – che non sia facile risolvere un problema che ha caratteristiche mondiali ma alcune cose si possono e si devono fare a partire dall’intensificare l’impegno ad attuare le riforme strutturali che devono accompagnare la realizzazione del PNRR: fisco e burocrazia, innanzitutto, per ridurre il carico di tasse e semplificare gli adempimenti amministrativi che pesano sulle spalle degli imprenditori. Non è facile quindi affrontare una congiuntura simile ma lo Stato deve tornare ad essere Stato, ed attuare i meccanismi per tutelare la propria società e la propria capacità produttiva. In tema di politiche energetiche è imperativo perseguire l’indipendenza dagli approvvigionamenti esteri, anche con maggiori investimenti su tutte le possibili fonti di energia, comprese quelle rinnovabili, senza condizionamenti preconcetti di carattere puramente politico. Non possiamo più perdere tempo o, peggio, cercare di essere i primi della classe: i cittadini e le imprese italiane devono venire prima, a discapito di tutto il resto”.
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