Tra le professioni che attirano ancora, quello del cuoco è quella che fa ancora sognare: sarà per il luccichio di tutte quelle pentole, per tutti quegli strani strumenti che vengono usati o semplicemente perchè ” mettere le mani in pasta” ha un non so che di nostalgico ritorno al bambino che vedeva la mamma realizzare torte e manicaretti.
Poi i bambini crescono e si appassionano davvero alla cucina, quella fatta da professionisti che, con sacrificio, dedizione e passione, si dedicano a realizzare il piatto che meglio risponde ai loro ideali e alla loro filosofia culinaria.
Il giovane Alessandro Braga, classe 1991, veneto doc, formatosi nelle migliori scuole venete e svizzere, arrivato a Torino nel 2019 e completato il percorso di formazione sul campo alla corte del bistrot di chef Antonino Cannavacciuolo, nel 2020 viene coinvolto da protagonista in una nuova e prestigiosa avventura imprenditoriale nella splendida cornice di VILLA SASSI, nel progetto che porta il nome di ” Alessandro In Villa”. Il rilancio della storico luogo in piena pre collina torinese che a partire dagli anni novanta ha rappresentato per lungo tempo un punto di riferimento importante nel settore dell’ospitalità e degli eventi, oggi vuole rinascere, collocandosi in maniera diversificata non solo maturando questi aspetti, ma anche rinnovandosi in maniera forte e con qualità nel settore della ristorazione e nel neonato ed elegante cocktail bar, il CLOUD9, situato in un’ala autonoma e riservata della villa e, attualmente, aperto al pubblico.
Noi de ” Il Torinese” abbiamo intervistato il giovane chef e la nuova proprietà, accolti nell’ inebriante cantina lounge a fianco del cocktail bar di Cloud 9:
1. Il tuo è un curriculum importante : ce lo vuoi brevemente raccontare?
Una volta terminata la scuola alberghiera Cipriani di Adria a Rovigo, la mia città natale, ho avuto la fortuna di entrare come stagista nel ristorante ” Le Calandre” , 3 stelle Michelin, della famiglia Alajmo, a Sarmela di Rubano in provincia di Padova ,e la mia passione per la cucina è nata proprio lì : la precisione e la qualità che mi è stata insegnata in tutto ciò che riguardava il mondo della ristorazione, per un ragazzo di 17 anni, è stata davvero un’esperienza indimenticabile. La passione per questo lavoro, inoltre, l’ho anche sviluppata attraverso dei corsi di formazione, messi a disposizione dalla regione veneto, e al termine dei quali ho ottenuto la qualifica di chef eno gastronomo, imparando anche a comprendere le dinamiche corrette fra un wine pairing e un food pairing.
2. Quali sono state le esperienze che ti hanno fatto capire che il cuoco sarebbe stato davvero il tuo mestiere?
Sicuramente, l’esperienza veneta nel ristorante della famiglia Alajmo, dove le tecniche dell’alta cucina mi sono state impartite fin da subito, è stata quella che davvero mi ha segnato profondamente nella decisione di intraprendere questa carriera. Ma, in aggiunta, aver avuto la possibilità di assumere il ruolo di sous chef dello stellato Denis Martine, nel Relais Chateaux Denis Martin in Svizzera, e aver imparato le tecniche della cucina molecolare, mi ha davvero dato la svolta nel mio percorso caratterizzato da curiosità e continua voglia di sperimentare per dare vita a piatti che, come l’arte, esprimano sempre emozioni.
3. L’ingresso lavorativo al bistrot di Cannavacciuolo, che impronta ha lasciato nel tuo modo di cucinare?
Se in Svizzera sperimentavo, in Italia – al contrario – sono tornato a studiare la materia prima: al bistrot, in qualità di sous chef, la carne e il pesce lavorati in un certo modo, mi hanno permesso di esprimere in un piatto i gusti e i profumi proprio di quell’ ingrediente. Anche questo aspetto è fortemente presente nella mia proposta gastronomica
4. La tua è una brigata giovane. Come esprimete nei vostri piatti il concetto di ” tradizione”?
Io credo che la cucina sia un mondo aperto dove ognuno può esprimersi a seconda della propria impostazione e visione. Chi svolge il mestiere di cuoco deve in qualche modo giocare con gli ingredienti : recuperare le ricette del passato, crescere con loro, rileggerle in chiave moderna, ma rispettandone comunque i canoni con le quali sono state create. Il pubblico, dopo un lungo periodo durante il quale abbiamo proposto loro vari tipi di cucina, da quella molecolare, alla nouvelle cousine, ha bisogno di tornare a quei piatti che hanno il sapore di casa.
5. Qual è il progetto di rilancio , sia nella parte gastronomica che di ospitalità ed eventi , di Villa Sassi?
( Domanda rivolta alla proprietà, Patrizia Reviglio)
Abbiamo avuto il desiderio e la volontà di restituire alla città un polo di riferimento per l’hospitality e per gli eventi. Soprattutto che diventasse identitario per un servizio di catering di qualità: aspetto che, soprattutto quando ci si trova a proporre ambientazioni di un certo livello, spesso lascia a desiderare. Non di rado mi sono trovata a vedere delle situazioni dove il cibo somministrato non era propriamente stato controllato, a danno della clientela che avrebbe corso il rischio di intossicarsi.
Non volendo correre anche io questi rischi, ho deciso di investire sul progetto di ” Alessandro in Villa” : ciò che maggiormente mi ha stupito di Alessandro è stato il suo tecnicismo nel maneggiare gli strumenti della cucina, gli ingredienti e la materia prima, soprattutto la parte dei vegetali , da trasformare per realizzarne un piatto gustoso, nutrizionalmente equilibrato ed esteticamente piacevole.
L’aspetto umano che Alessandro esprime nella sua cucina e nei rapporti coi clienti della struttura, è proprio la chiave di svolta che vorremmo dare al nuovo progetto di rilancio di questa location storica della collina torinese, nella sua messa a disposizione di spazi naturali adatti a ospitare eventi di qualità e di effettiva promozione turistica e culturale. All’insegna del recupero della semplicità e del buon gusto.
Chiara Vannini
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Spero davvero che la passione e l’entusiasmo di questa nuova “ squadra” riporti Villa Sassi
Agli antichi splendori.
In bocca al lupo a tutti