IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
La Sala Rossa del Consiglio Comunale di Torino ha approvato, ieri pomeriggio, una mozione proposta dalla consigliera Viviana Ferrero con la quale si impegna la Giunta a predisporre “tutte le azioni atte a designare la data del 30 gennaio del 9 a.C. quale data della fondazione di Torino”.
Il documento trae spunto dagli studi presentati dal “Comitato 30 gennaio 09 a.C.” che individua in questa data la probabile fondazione romana di Torino, secondo studi interdisciplinari tra archeologia e astronomia, attraverso un algoritmo che avvalora le ipotesi archeologiche legate ad una fondazione della città secondo il corso del sole allineato, nel suo sorgere, con il decumano, l’attuale via Garibaldi.
Il documento impegna inoltre ad organizzare eventi culturali e scientifici sul tema della città romana e ad inserire la data tra le celebrazioni previste dal calendario del cerimoniale ufficiale. Nulla da eccepire, ma appare davvero strano che questa Amministrazione, come le peggiori Giunte di sinistra, abbia trascurato per cinque anni la storia certa (e non probabile) di Torino, in primis quella sabauda, da Emanuele Filiberto che la rese capitale a Vittorio Emanuele II, padre della Patria con cui divenne prima capitale d’Italia. La Torino culla del Risorgimento con Cavour e gli altri patrioti, alcuni dei quali esuli a Torino, è stata sempre volutamente dimenticata. E forse hanno fatto bene a non mettere le mani sopra un passato che non appartiene a questa gente priva di radici culturali e storiche ma stranamente attenta alle origini romane di Torino. Torino in quell’epoca era piccola colonia romana, un punto insignificante e dimenticato nella storia dell’Impero. Bisognerebbe formare con la prossima amministrazione un Comitato “Torino 1861“ che ricordasse ogni anno solennemente il 17 marzo quando a Palazzo Carignano venne proclamato il Regno d’Italia. Un altro regno (che venne confrontato incredibilmente con quello dei Savoia) è finito proprio in questi giorni, quello della Fiat e degli Agnelli, con la vendita della palazzina del Lingotto da parte di Stellantis, un ennesimo schiaffo di stile squisitamente padronale degli Elkann, gente totalmente estranea alla nostra città. La Torino operaia e socialista su cui scrisse Paolo Spriano, è anch’essa finita con la fine della città industriale. Degna di essere ricordata resta la storia del Risorgimento perché a Torino nacque l’Italia, una realtà che, virus o non virus, non ha nessuna intenzione di chiudere i battenti perché ricca di energie intellettuali ed economiche capaci di un nuovo Risorgimento.
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