Viviamo in una fase politica dove una cosa è certa: l’incertezza.
Al di là dei giochi di parole, purtroppo è così. Del resto, abbiamo un Governo guidato dalla più prestigiosa personalità di cui oggi gode l’Italia, che deve però fare i conti con una maggioranza che non “ha una formula politica” per le motivazioni che tutti conosciamo. E un Governo con queste caratteristiche non può, comprensibilmente, sprigionare una maggioranza politica in vista delle prossime elezioni politiche generali. Ma è proprio in una fase come questa che le forze politiche, quelle che ci sono e quelle che nasceranno, hanno il dovere di pensare e costruire il futuro. E, sotto questo versante, le cose si stanno lentamente ma irreversibilmente muovendo.
Se nell’area della sinistra italiana l’alleanza tra il Partito democratico con il populismo e l’anti politica dei 5 stelle pare essere una prospettiva abbastanza consolidata – anche se l’alleanza con il partito di Grillo e quasi di Conte è saltata in quasi tutta Italia in vista delle amministrative di ottobre -, nel campo del centro destra l’equilibrio politico è ancora in fase di costruzione, al di là delle massiccia ascesa del partito della Meloni e della sostanziale tenuta della Lega. Ma è sul fronte del “centro” che il processo di costruzione politica è in piena evoluzione. Un luogo politico che richiede ancora di essere definito nella sua articolazione e soprattutto nella sua leadership. Certo, non può essere, per fare un solo esempio, uno come Renzi a pensare di rappresentare quest’area decisiva per le sorti del sistema politico italiano. E questo per una gamma di motivi, a tutti noti, su cui non vale neanche di pena di soffermarsi. Ma se sulla leadership il nodo non è determinante, diventa decisivo invece il capitolo dell’offerta politica. E il futuro “centro” non potrà che essere plurale, cioè frutto e conseguenza di più apporti culturali e politici. E soprattutto un luogo politico che mette in discussione le tradizionali appartenenze – ovviamente riconducibili a questo campo – per dar vita ad un nuovo e rinnovato soggetto politico. O lista. E, non a caso, le avvisaglie già sono evidenti in alcune formazioni politiche riconducibili a questa cultura e a questo orizzonte programmatico. Centrista e riformista. Non un luogo identitario, quindi, nè puramente testimoniale che sarebbe la semplice negazione di qualsiasi ipotesi che punta ad una logica coalizionale.
Ecco perchè, nella fase finale di questa turbolenta e complicata legislatura, la riflessione non può che avvenire anche sul versante della definizione di un nuovo assetto che, soprattutto, dopo questa terribile e devastante pandemia, non può non avere anche una forte ricaduta sul terreno della politica e, di conseguenza, del governo. E, quasi sicuramente, sarà proprio l’area di centro quella che subirà la maggior ristrutturazione e il maggior cambiamento in vista delle elezioni. Perchè, per quanto risguarda il resto, il copione è già sin troppo noto per essere affrontato. Le novità principali non arriveranno da quelle parti ma da chi, dopo molto tempo, saprà recuperare un patrimonio culturale ed un progetto politico colpevolmente ed irresponsabilmente abbandonati per troppi anni.
Giorgio Merlo