L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Nguyên Phan Que Mai “Quando le montagne cantano” -Nord- euro 18,00

Diciamo subito che è uno dei libri più belli, emozionante e scritto benissimo, che abbia mai letto.
Perché in 380 pagine racchiude molteplici tesori letterari: la tragedia di un popolo, la persecuzione di innocenti, la precarietà della vita, il buio; ma anche lo splendore dell’animo umano, la forza del perdono….e tantissimo altro che scoprirete leggendo. E’ il romanzo di esordio della giornalista e poetessa nata nel 1973 in Vietnam, dove per sopravvivere ha fatto anche la venditrice ambulante e la coltivatrice di riso. Poi, grazie a una borsa di studio ha lasciato il paese ed ora vive a Giacarta con il marito diplomatico e due figli.
Il libro portentoso è ispirato in parte alla storia della sua famiglia, sullo sfondo del Vietnam travagliato dalla guerra.
Narra la vita, i dolori e la forza di 3 generazioni di donne travolte dalla storia atroce del loro paese; tra conflitti, carestie, rivoluzione e dittature, bombe al napalm e orrore infinito.
Inizia nel 1972 ad Hanoi con la piccola Guava e sua nonna Diệu Lan in fuga dalle bombe americane che radono al suolo la loro casa. Senza scoraggiarsi decidono di ricostruirla ed è anche l’inizio del racconto della vita della nonna e della sua famiglia. E’ la storia del Vietnam ripercorsa in modo magistrale da una vietnamita: senza retorica o vittimismo, solo la cruda e spietata realtà, più affilata di un coltello nel colpire il lettore. Attraverso la saga familiare si ricostruisce il dramma di un paese martoriato: il colonialismo francese, la spietata occupazione giapponese, la divisione tra nord e sud in guerra tra loro, la grande carestia, le ingiustizie della riforma agraria che trasformano il vicino in nemico mortale, il ruolo degli americani.
Quella della nonna era una famiglia benestante di proprietari terrieri che lavoravano sodo e trattavano bene i dipendenti; poi con l’avvento dei comunisti possedere terra è diventato un crimine punito con la morte ed è l’inizio dell’odissea. Di colpo a Diệu Lan –che a 25 anni ha visto uccidere entrambi i genitori e a 28 aveva già 5 figli e ne voleva altri- viene portato via tutto. Il fratello ucciso, un figlio fuggito chissà dove e lei in fuga con i bambini più piccoli che è costretta a mettere al sicuro, presso famiglie e suore. Dunque la tragedia di una scelta dilaniante: abbandonarli sperando di ritrovarli quando le acque saranno più calme. Il libro è anche racconto dell’attesa straziante dei parenti andati a combattere: dramma nel dramma il ritorno di vite stravolte come quella della mamma di Guava, o il nulla di chi è disperso senza un luogo in cui poterlo piangere. Un libro che l’autrice ha scritto in 7 lunghi anni ed è la testimonianza di una voce femminile che rivive le sofferenze di un popolo e lo strazio che i singoli personaggi hanno dovuto attraversare.

 

Teresa Ciabatti “Sembrava bellezza” -Mondadori- euro 18,00

In questo romanzo Teresa Ciabatti riconferma la sua bravura nel raccontare l’universo femminile, e sviscera a fondo le emozioni e le dinamiche di madri, sorelle, figlie e amiche.
Voce narrante è quella di una scrittrice 47enne che, dopo un’adolescenza un po’ ai margini e in secondo piano rispetto alle coetanee più ricche e blasonate, si prende una gran bella rivincita sul piano professionale diventando una scrittrice di successo.
Nella vita privata, invece ci sono più macerie: è separata ed ha una figlia di 20 anni, Anita, che vive a Londra e stravede per il padre, mentre con la madre è perennemente in rotta di collisione poiché la ritiene la principale artefice del divorzio (anche se così non è).
Dopo 30 anni di silenzio, nella vita della scrittrice torna a farsi viva la sua amica ai tempi dell’adolescenza, Federica, e il rapporto tra le due si rinsalda, anche se le loro traiettorie di vita hanno seguito direzioni diverse. Federica tiene in piedi un matrimonio scricchiolante, ha due figli e vive a Genova. Soprattutto è la sorella di Livia, che ai tempi del liceo era la più bella e corteggiata, quella perfetta, l’ape regina in famiglia e tra i coetanei. Ed ecco che la protagonista torna indietro con la memoria, alla giovinezza negli anni 80, e a un fattaccio che ha distrutto più vite.
Livia dapprima sembrava scomparsa, poi viene trovata in frantumi e agonizzante in mezzo ai cespugli sotto casa, dopo un volo di metri. Mentre le ipotesi sulla dinamica dell’incidente si sprecano, la ragazza resta in coma per 20 giorni, subisce una craniotomia che lascerà cicatrici, e quando si risveglia deve riappropriarsi di tutta una serie di conoscenze e abilità che richiedono una lunga e faticosa riabilitazione. Ma soprattutto le è stato rubato il futuro, perché resterà per sempre al palo dello sviluppo cerebrale di una 18enne, con un ritardo cognitivo e mentale per il resto della vita.
La tragedia ha pesanti ripercussioni sui genitori di Livia che non sanno bene come muoversi e scaricano su Federica il fardello di occuparsi della sorella minorata. Federica diventa di colpo madre e badante di Livia, una responsabilità che pesa più di un macigno e determina le sue scelte di vita future, come la fuga in un matrimonio affrettato.
La scrittrice ripercorre le fasi dell’amicizia con Federica «movimento continuo di rovesciamenti, che vedeva primeggiare una nella sofferenza dell’altra, e viceversa».
Il romanzo parla del tempo che passa, di ferite che non si rimarginano, di incomprensioni, e a movimentare le cose torna sulla scena Livia all’alba dei 50 anni anagrafici ma cristallizzati ai 18.

 

Mary Gaitskill “Questo è il piacere” -Einaudi- euro 15,00

La storia è ambienta nella New York blasonata dei party dell’editoria, e racconta di due editor affermati, Quinn e Margot, che dopo un inizio imbarazzante- lui cerca di infilare la mano sotto la gonna di lei- finiscono per diventare grandi amici. Entrambi felicemente sposati e realizzati nelle loro carriere, sono legati da un rapporto consolidato.
Lui è sempre pronto a sostenerla nei momenti down e le fornisce preziose dosi di autostima.
Lei è depositaria delle confidenze di Quinn che le racconta apertamente, anche con battute pesanti e sconvenienti, delle donne che ruotano nella sua orbita, che lui corteggia, umilia, usa, manipola o protegge.
Già, perché Quinn è abituato ad approcci non sempre limpidi con il genere femminile, sia nella vita privata che in ambito professionale.
Ma in epoca di Mee Too, questo modus operandi risulta inaccettabile e finisce in aule di tribunale con tanto di caduta negli inferi di chi non ha saputo tenere a freno le mani.
Il romanzo alterna la versione di Quinn a quella di Margot: lui stenta a rendersi conto della gravità delle sue azioni, dimostra notevole incapacità emotiva ed è lontano anni luce dal comprendere il punto di vista delle donne.
Margot veleggia tra il senso di colpa per non aver messo un freno ai comportamenti inappropriati di Quinn e, d’altro canto, il concetto di lealtà dovuta a un amico. E pone un’amletica domanda: dove si colloca e finisce l’amicizia e dove sconfina nella complicità deprecabile?
Questo il nocciolo del breve romanzo della scrittrice 66enne diventata famosa con il racconto che aveva ispirato il film “Secretary” del 2002, con James Spader e Maggie Gyllenhaal. Da allora ha scritto altri romanzi e racconti che scavano a fondo nei rapporti umani.
Dall’esperienza di un suo amico travolto dalle accuse in clima Mee Too ecco questo romanzo che a lui si ispira per i lineamenti di Quinn, in una vicenda decisamente attuale.

 

Ma Jan “Il sogno cinese” -Feltrinelli- euro 15,00

Il 67enne scrittore cinese Ma Jan da tempo vive esule a Londra e i suoi libri sono proibiti nella sua patria: un ostracismo del regime scattato anni fa, a partire dal suo pamphlet -denuncia sui fatti di Piazza Tiananmen “Pechino è in coma” del 2009.
Proprio perché in esilio Ma Jan può permettersi uno sguardo lucido e realista sul suo paese e può pubblicare un romanzo come questo che è uno spietato affresco della Cina odierna, una satira dark che non fa sconti a nessuno e punta l’indice contro l’obbrobrio dei regimi totalitari.
Al centro della vicenda c’è Ma Daode: mediocre funzionario di provincia, corrotto fino al midollo, ricco sfondato, sposato ma famoso per le sue 12 amanti, devoto seguace e ammiratore del presidente Xi Jinping. Daode è il direttore dell’Ufficio del Sogno cinese, da poco istituito nella città di Ziyang e suo preciso compito è indottrinare la popolazione.
Deve entrare nella testa delle persone e convincerle ad aderire alla grande campagna per realizzare il “sogno cinese” e l’ambizioso progetto di “ringiovanimento nazionale”. Ovvero fare tabula rasa di pensieri e ricordi, cancellare memoria del passato, non avere libero arbitrio e seguire in massa il sogno del presidente che promette a tutti una “vita di gioia senza freni”.
Ma il passato si mette di traverso nella mente di Ma Daode che continua ad essere rincorso da pensieri allucinati, visioni e angosce che riportano alla superficie immagini del suo passato: violenze a cui ha assistito quando era una giovane Guardia Rossa, ma anche quelle di cui è stato artefice e responsabile.
A perseguitarlo più di tutto è il ricordo del suicidio dei suoi genitori, dopo essere stati malmenati e umiliati da militanti maoisti ai quali lui stesso li aveva denunciati. Poi lui e la sorella che li seppelliscono di nascosto in una cassa modesta, in un luogo che ormai non c’è più.
La modernizzazione l’ha raso al suolo, come cerca di fare anche con l’antico villaggio di Yaobang, costringendo con la forza gli abitanti ad abbandonare le loro case, promettendo un luogo migliore in cui vivere e un indennizzo che non ci sarà mai.
Ma non è facile per il regime cancellare dalla memoria collettiva del paese il passato, così come è complicato per Daode sconfiggere i suoi fantasmi, ed ecco una possibile soluzione: un microchip da impiantare nel cervello per sostituire i ricordi con la visione del leader.

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