E’ Torino il luogo di Marc Augé

Se oggi abbiamo imparato a osservare con occhi diversi la società attraverso il concetto di ‘nonluogo’ dove si insinua un deficit di identità soggettiva e di relazioni umane significative, effetto di straniamento psicologico, dalle stazioni della metropolitana agli aeroporti o i magazzini Walmart, spazi sociali dove  il cittadino contemporaneo subisce un deficit di relazioni umane significative, questo lo si deve al professor Marc Augè, antropologo della surmodernità e del rimpatrio dello sguardo etnografico.

E il professor Augè dal 2013 ha scelto Torino come ‘’buen ritiro accademico’’ dopo aver passato una vita tra i villaggi della Costa d’Avorio e la Ecole des Hautes Etudes en Sciences sociales transalpina, trovando nella nostra città sono le sue parole, ‘’una piccola Parigi’’. Un luogo dove fare tutto ‘’con più razionalità e meno dispersione di tempo’’, dall’andare al teatro Regio, al Cinema Centrale, al fare una passeggiata ai murazzi o al Valentino, percorrendo via Po o sostando davanti alle  librerie antiquarie, recandosi all’Università a chiacchierare con il suo amico il filosofo Federico Vercellone o alla casa editrice Bollati Boringhieri, che ha pubblicato in Italia alcune sue opere più recenti. Ha detto che a Torino ha trovato sostanzialmente inalterato il rapporto tra le rimanenze palatine del castra romano, l’occupazione francese e il tessuto urbanistico nato dalla rivoluzione industriale dei primi del novecento. Una città dove ci si è curati negli anni più che nella Ville Lumiere, di preservare il centro storico dalla mutazione ininterrotta generata dai flussi migratori e dalla pervasività del mondo-fabbrica degli anni 50’ e 60’ senza una ricerca ossessiva di qualche soluzione di continuità forzatamente iperfunzionale. Da piazza Carlo Alberto dove abita a un passo dalla Biblioteca Nazionale e da Palazzo Carignano dove vede le punte delle alpi Cozie e Graie. Oggi ci mette in guardia ‘’dalla solitudine dell’homo cyber’’ dai pericoli che genera e ‘’pensa che la rivoluzione telematica debba rimettere al centro non  l’individuo, ma la persona, non il consumismo ma l’attività creativa là dove il mondo del bit globale e dei social ‘’ha trasformato l’intero pianeta in un nonluogo dai confini liquidi e immateriali  ’’dove il tempo planetario viene percepito in accelerazione e ridotto a puro presente condannandoci all’ostentazione superficiale e all’oblio immediato’’ dove ‘’l’ordine sequenziale delle nostre esistenze risulta frammentato e confuso’’. Una sensazione come quella del viaggiatore d’affari che passando da un albergo all’altro, sente che la vita vera avviene altrove. Nella passiva ricezione del consumo di notizie, immagini e oggetti, la persona nella realtà della mondializzazione della Rete vive in una ‘’solitudine vertiginosa’’, all’interno della quale si è prodotta una crisi relazionale e per conseguenza diretta, umana e sociale. La strada terapeutica sta nel rafforzamento delle strutture interattive e dei rapporti di fraternità polverizzati dall’homocyber, per ricostruire la ‘’devastazione ecologica territoriale e mentale’’ introdotta dalla filologia del web e per far che tutto questo abbia  il respiro della profezia. Riconoscenti al dottor Augè per aver fatto di Torino il  suo luogo dal quale ancora riparte per il mondo. Campo base per un nuovo illuminismo.

Aldo Colonna

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