Pci, cento anni da studiare e non (solo) da celebrare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Paolo Spriano è stato l’autore di una poderosa storia del partito comunista italiano che venne scritta quando il partito era in piena attività e la sua disciplina interna era ferrea 

Spriano era uno storico di un certo spessore anche se era anche un militante disciplinato, una posizione non facilmente conciliabile con la libera ricerca storica. I suoi volumi erano diretti ai militanti e non ad una ricostruzione spassionata dei fatti. In ogni caso quei volumi in occasione del centenario di fondazione del Pci sono scomparsi dal dibattito ed è un peccato perché sarebbe stato interessante un confronto tra il lavoro di Spriano e quanto e’ stato scritto dopo la sua morte avvenuta nel 1988,un anno prima della caduta del Muro di Berlino.

Dobbiamo considerare che in quegli stessi anni 70 usciva la storia contemporanea di Massimo Salvadori che vedeva il punto di arrivo della storia contemporanea(!) nell’eurocomunismo di Berlinguer, un abbaglio storico che può costare il discredito scientifico. Così mi disse il cugino di Salvadori, Nicola Matteucci.
Questo era il clima plumbeo di quegli anni quando non essere comunisti era considerata una colpa imperdonabile che condannava all’ isolamento, al gulag intellettuale ed essere anticomunisti ti provocava l’accusa di filofascismo.
In questo centenario e’ stato pubblicato molto per celebrare il Pci, non per ricostruirne la storia con un minimo di distacco. Stiamo retrocedendo velocemente alle vulgate. Stiamo giungendo al paradosso che il libro migliore che ho letto è quello di un dirigente comunista di rango come Piero Fassino che non si è mai privato della sottigliezza appresa dalla scuola dei Gesuiti e anche in questa occasione ha scritto in modo non banale e libero da pregiudizi.

Eppure il centenario doveva essere l’occasione per fare i conti con la storia del partito nato a Livorno nel gennaio 1921 come una delle tante scissioni del partito socialista. Quella scissione non fu in grado di combattere, ma facilito’ l’ascesa del fascismo perché indebolì ulteriormente il movimento operaio e portò successivamente alla cacciata dal partito socialista di Turati e Matteotti. Un suicidio politico che contribuì a consegnare l’Italia a Mussolini.
Oltre a Gramsci e a Togliatti fu Amedeo Bordiga a dar vita al partito di cui divenne il primo laeder, anche  se presto venne emarginato perché spirito libero e settario contemporaneamente : un eretico da cacciare. Il Pci nacque come una diretta filiazione di Mosca e rimase prigioniero di quella sudditanza per quasi tutta la sua vita.

Sono rimasto infastidito della mancanza di spirito critico nell’ affrontare un tema che ha toccato la storia italiana in modo signigificaticvo. Ritengo doveroso quindi un riequilibrio che riporti le cose a posto, o quasi, perché aver avuto in Italia un partito comunista di quelle dimensioni fu una disgrazia della democrazia italiana. Certo i comunisti hanno dato il loro contributo all’antifascismo e alla Resistenza che hanno anche monopolizzata in modo soffocante. Hanno avuto degli eroi tre le proprie file come Dante Di Nanni, ma anche delinquenti comuni come Moranino o i vili resposanbili di  atti di terrorismo durante la Resistenza che provocò rappresaglie feroci. L’uccisione a tradimento di un uomo inerme come Giovanni Gentile si deve ad un gruppo di comunisti fiorentini ancora oggi esaltato.
Troppi comunisti non scelsero mai la libertà e la democrazia con convinzione, ma perché costretti da una situazione internazionale che impediva la via rivoluzionaria verso la dittatura di tipo sovietico. La democrazia come mezzo e non come fine, come mi diceva Leo Valiani, a sua volta ex comunista.
Si macchiarono di crimini orrendi dopo il 25 aprile , dimostrando ferocia.

Negli anni 50 si scontrarono con la legge elettorale maggioritaria, definendola legge- truffa, mentre era una legge che avrebbe dato una vera stabilità alla democrazia italiana. Cercarono un rapporto con i cattolici che ambiva al compromesso storico, anche se alla fine da questo rapporto è nato un partito che farebbe inorridire Togliatti, Berlinguer e Moro. Io rendo omaggio a chi ha militato in buona fede nel Pci, soprattutto agli operai, ma non perdono gli intellettuali – molti ex fascisti – che si ammassarono in quel partito, ponendo la loro penna al servizio del conformismo più fazioso e intollerante ed ottenendo premi, posti, prebende, elogi smisurati . L’esempio di un pittore mediocre come Guttuso lo sta a testimoniare, entre Vittorini e lo stesso Pasolini venivano messi all’indice per la loro “indisciplina” . Essere omosessuali nel Pci era considerata una cosa incompatibile con l’etica politica del partito, ad esempio, e non una scelta privata.

Gli intellettuali che sono andati nelle case editrici e nei giornali e poi in Tv e dappertutto a spargere oppio ideologico, per dirla con Aron , hanno colpe gravissime anche perché non hanno dedicato una sola parola di condanna a quanto avveniva in Russia prima ,durante e dopo Stalin.
Gente come Moravia dedita alla più borghese e comoda delle esistenze che si spacciava come comunista, resta un qualcosa di molto indigesto da accettare. Più recentemente fa la sua bella figura Augias, per non parlare dei tanti che dalle scrivanie dei giornali sbianchettano giornalmente con scrupolo ancor oggi togliattiano le notizie scomode o enfatizzano quelle più adatte alla propaganda.

Anche la mitologia attorno all’alta figura morale di Gramsci, al di là del nobile e straordinario esempio del carcere, va ridimensionata perché l’idea di un partito simile ad un moderno principe machiavellico è aberrante, per non parlare della doppiezza e del cinismo di Togliatti che invitava i Russi a trattare nel peggior modo possibile i nostri soldati prigionieri in quel paese. L’idea gramsciana di “egemonia” è quanto di più illiberale e di antidemocratico ci possa essere.
Lo stesso Berlinguer andrebbe ridimensionato perché in effetti fu un seguace di Togliatti appartenente ad un’ altra generazione, ma non ad un altro pensare, perche‘ il suo eurocomunismo fu poco più che uno slogan e il suo compromesso storico una versione aggiornata del togliattismo dialogante con i cattolici.

Certo, il Pci ha anche avuto grandi figure come Giórgio,Amendola che fu largamente osteggiato dal suo partito ,da cui prese spesso le distanze.
Ci sono stati milioni di italiani che hanno creduto nel comunismo e che meritano rispetto,ma il bilancio storico del centenario si chiude in negativo . Il crollo del comunismo reale si è trascinato dietro il partito che non ha saputo o non ha voluto riconoscere prima del 1989 il fallimento del marxismo leninismo in tutte le sue versioni. Gli ardimentosi leoni che erano nel Pci senza essere comunisti,come sostennero, dovevano aprire gli occhi molto prima.

Un deputato comunista ai primi degli Anni 90 mi disse : ”Noi liberali …”Lo fermai e lo pregai di non continuare la frase. Si trattava forse solo di un eccesso di gentilezza nei miei confronti perché anche dopo, certi metodi “comunisti “ , battezzati con altri nomi, continuarono ad essere usati senza problemi. Il liberalismo non era nel DNA dei comunisti e non lo sarà mai.
Uno dei motivi del disastro economico italiano, non dimentichiamolo mai,  sta nel consociativismo che governo’ la politica italiana, oltre che nelle scelte di un sindacato a guida comunista. Queste sono responsabilità storiche gravissime e
Sono anche verità scomode: ad un centenario bisognerebbe solo rivolgere auguri e complimenti, ma quel centenario da tempo non è più in vita . L’ultimo testimone è mancato pochi giorni fa: Emanuele Macaluso anche lui togliattiano, checche’ ne scriva il figlio del togliattiano Maurizio Ferrara, lui stesso per lungo tempo comunista.
In questo centenario io voglio rendere omaggio a due grandi ex comunisti perseguitati a cui venne resa la vita impossibile: Angelo Tasca ,uno dei fondatori , ed Ignazio Silone. A loro dovrebbero essere rivolte delle scuse per come vennero trattati. Al loro magistero possiamo ancora attingere qualcosa di vivo rispetto ad un’esperienza intellettualmente morta e politicamente oggi inesistente.

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