La finestra sul mondo

La poesia di Alessia Savoini

Se questo corpo percepisse il suo stato di abbandono
e non tradisse la sua condizione nell’oscura promessa dell’enigma,
se queste mani contenessero l’intero naufragio di una natura tragica
e trovassero nella loro congiunzione il potere inintelligibile della speranza,
se poi queste parole non volessero dire altro di quel che una bocca affamata rigurgita,
se questo sogno ancorato alla palpebra non smettesse di mentire,
se fosse uno sbaglio troppo grande sostituire il perdono con la colpa ,
se la maestosità della chioma non avesse dovuto subire il sonno schiacciato del guscio,
se queste radici non conoscessero il buio, prima di cercare il sole,
se tutto ciò che mi circonda fosse il risultato inatteso di una folgorante anomalia,
quale evento sacrale soccomberebbe a questo corpo nel punto fecondo della mia disperazione?
Quale simulacro stringe un patto nel sale che diventa nube,
nella roccia che si plasma ad effige,
nel vuoto che stride la sua sottrazione,
nel tempo in cui la quercia addormentata nel suo guscio irrompe nel desiderio della luce?
Questa ferita che il mio corpo non conosce
è un continente che attraversa le acque nei cinque modi di intendere la terra,
e allo stesso modo in cui l’onda sposa l’oceano con la sponda,
quanto esiste mi contamina.
Tiro le briglie dei mondi per sgualcire una stella
e deporla nell’incastro dell’enigma,
perché c’è l’universo, e nel mezzo della sua notte
l’uomo ne scopre alcune parti
e scopre sé stesso.

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