Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Domenico Dara “Malinverno” -Feltrinelli- euro 18,00
Protagonista e voce narrante di questo bellissimo e profondo romanzo è Astolfo Malinverno: uomo sensibilissimo, zoppo, malinconico e con la capacità di comprendere a fondo i dolori altrui. Vive nel fantastico paese di Timpanara, dove sorgono una cartiera e un maceratoio dai quali escono e si librano nell’aria volumi, fogli di giornale, pagine varie e assortite che diffondono il morbo della lettura tra gli abitanti.
Di libri vive Astolfo che è il bibliotecario di Timpanara, al quale il sindaco affida un secondo lavoro come guardiano del cimitero. La giornata equamente divisa tra le due mansioni e la storia fa uno scatto meraviglioso in cui vita, dolori, gioie, vezzi, amore, follie, sacrificio e morte si amalgamano nei vari personaggi e nei misteri inerenti all’esistenza terrena e all’al di là.
E’ l’occasione per Malinverno di tornare alle sue radici, scoprendo di aver prestato il viso da infante per la foto del gemello Notturno, nato morto.
Poi scorrono pagine sublimi in cui Astolfo si innamora della foto di una donna misteriosa che campeggia su una pietra tombale priva di nome e date. E’ un colpo di fulmine e anche l’inizio di un mistero. Malinverno la battezza Emma (come la flaubertiana Bovary), ne cura la sepoltura con infinita attenzione, e la sua vita cambia quando arriva una donna che è identica a quella della foto. E’ Ofelia, si porta dentro un dolore che viene da lontano ed è uno dei personaggi chiave.
Poi conosciamo altri dolenti: come Margherita che chiede di essere unita in matrimonio con l’amore della sua vita, il defunto Fiodoro; il maestro d’ascia Marcantonio Parghelia straziato dalla morte del suo cane, che Astolfo con pietas fuori dal comune seppellisce nel camposanto, dove il padrone è destinato a raggiungerlo… perché anche gli animali hanno un’anima.
C’è Mopassan convinto che ci sia una formula numerica come teorema per calcolare il sopraggiungere della morte; Caramante che registra voci e sussurri dall’oltretomba; e il misterioso cane nero che segue i funerali, si accuccia accanto alle bare e poi scompare… e altri personaggi incredibili.
Non pensiate a un libro triste, tutt’altro …ci sono poesia, amore, sentimenti profondi e la favolosa sensibilità di Astolfo che non ha paura di dare sepoltura agli animali e ai libri, e che capisce l’amore indissolubile che può legare i vivi ai morti.
Miek0 Kawakami “Seni e uova” -edizioni e/o- euro 19,50
In questo corposo romanzo (oltre 600 pagine) della cantautrice e scrittrice 46enne Mieko Kawakami vengono messi a nudo tre modi di essere donne in Giappone. E’ un racconto corale dalla forte impronta femminile che ha vinto il più prestigioso premio letterario nipponico, l’Akutagawa Prize.
Centrale è il desiderio di mutazione di tre donne.
La protagonista Natsume Natsuko, voce narrante, scrittrice single alle prese con un blocco creativo e soprattutto ossessionata dall’idea di concepire un figlio con l’inseminazione artificiale, da fare all’estero perché in patria non è prevista per le donne sole.
Poi c’è sua sorella Makiko che sogna di rifarsi il seno, più prorompente e prosperoso, sottoponendosi a un intervento di mastoplastica additiva. Ma è presa da dubbi, indecisa tra le varie modalità di operazione, il dolore post-operatorio, i tempi di ripresa, il successo finale. Poi c’è lo scoglio non indifferente del costo, perché i soldi fanno la differenza e lei è una precaria che lavora di notte in un bar, non naviga nell’oro ed è anche costretta a lasciare la figlia di 12 anni da sola in casa fino a notte fonda.
Poi c’è sua figlia, la 12enne scontrosa e introversa Midoriko -tanta paura di crescere e diventare donna- in rotta con la madre alla quale non parla da sei mesi.
Queste le vicende nelle quali gli uomini compaiono molto poco, sono per lo più donatori di sperma: da quelli che regalano il prezioso seme alle apposite banche, a quelli più fai da te, che tengono all’anonimato.
Natsume si informa, legge, studia e invia email, mette a ferro e fuoco i siti web che trattano l’argomento e, nel frattempo, sta faticosamente portando avanti anche la gestazione di un libro, pungolata dalla sua editor.
A monte ci sono quesiti etici da non sottovalutare e che la protagonista sviscera a fondo. Primo fra tutti: quanto è traumatico e fonte di sofferenza per un figlio concepito in questo modo non sapere chi è il padre?
Leila Slimani “Il paese degli altri” -La nave di Teseo” euro 19,00
Questo romanzo della scrittrice franco-marocchina Leila Slimani è ispirato alle vite dei suoi nonni, che sono lo spunto per parlare di identità, multiculturalismo, colonialismo e indipendenza. Ed è l’inizio di una trilogia che parte dalla fine della Seconda guerra mondiale e arriva all’indipendenza del Marocco dalla Francia nel 1956.
Al centro c’è la narrazione del difficile dialogo tra civiltà diverse; tema che l’autrice vive sulla sua pelle, lei che è nata a Rabat, in Marocco (nel 1981), e vive a Parigi.
La storia racconta quanto possa essere difficile vivere “nel paese degli altri”.
Ne sa qualcosa la protagonista Mathilde, alsaziana bionda con gli occhi azzurri, che a soli 20 anni ha sposato il 28enne Amin, marocchino che ha conosciuto a Mulhouse, dove era finito durante l’arruolamento nell’esercito francese che combatteva in Europa contro i nazisti.
“Quando era arrivata in Marocco, somigliava a una bambina. E aveva dovuto imparare, in pochi mesi, a sopportare la solitudine della vita domestica, a resistere alla brutalità di un uomo e all’estraneità di quel paese”.
Ecco in queste poche frasi è concentrato il suo destino di straniera in una terra dove è considerata un’intrusa, mentre per i francesi è una traditrice.
Giovane europea sposata con un uomo che pensa solo alla fattoria e al duro lavoro e vede la moglie come un’infante da educare.
E stiamo parlando di un paese africano che negli anni 50 anni presentava già i tratti che oggi sono tasti dolenti dell’islamismo: sottomissione della donna, l’Islam come riscatto contro l’Occidente, un patriarcato che spinge le donne ad essere nemiche tra loro e portatrici dell’idea che “al marito bisogna ubbidire”.
Il romanzo però racchiude molto di più: mette anche a confronto le ragioni psicologiche del contrasto tra Amin, poco religioso e amico dei colonizzatori, e suo fratello Omar, islamista e nazionalista che non gli perdona il matrimonio con la straniera.
Poi c’è la storia d’amore, tra contrasti, incomprensioni e difficoltà, in cui l’amore per i figli, diventa un potente collante.
Téa Obreht “Entroterra” -Rizzoli- euro 20,00
L’autrice american di origine serba (nata a Belgrado nel 1985) emigrata da piccola a causa della guerra, è una delle autrici più affermate negli States, finalista al National Book Award, molto amata da Barack Obama, e questo è il suo secondo romanzo (dopo “L’amante della tigre”).
Ci conduce nel vecchio West e ci catapulta in una storia vera, quella dell’esperimento poi fallito condotto dall’esercito per importare in Nord America decine di cammelli e dromedari dal Medio Oriente.
Furono faticosamente importati dall’ufficiale di marina Beale che pensava fossero più adatti alle complicate trasferte e comunicazioni dell’epoca tra Est e Ovest, attraverso terre aride e selvagge.
Fu così che tra El Paso e Colorado gli avventurieri di ogni specie videro per la prima volta l’esotico animale con la gobba.
Ambientato nel 1893 nell’assolata prateria dell’Arizona, siamo nel pieno della conquista dell’Ovest americano, tra deserto, calura, indiani, carovane e massacri. Ma non è il solito vecchio West e questa non è la già straconosciuta storia di frontiera.
Qui centrali non sono cavalli e muli, ma un manipolo di cammelli; ed è anche la storia dell’incontro tra una donna che aspetta il ritorno del marito e un bandito arrivato da lontano.
Ci sono solitudine, l’amore irrazionale che si può provare per una terra inospitale ma stupenda, cieli infiniti e tanta sete.
Qui anche i cammelli sono degli espatriati in una landa di immigrati, in cerca di fortuna nel mitico west, che tanto ha affascinato l’autrice da bambina, tra fumetti e film. Quando poi si è imbattuta nella vicenda del corpo cammellieri USA ha trovato la formula giusta per un racconto dal potenziale narrativo inedito.
Due i personaggi principali. L’indomita Nora Lark che vive nell’insediamento di Ash River, all’ombra del canyon, con il figlio minore di 8 anni, e attende il ritorno del marito andato in cerca di acqua e dei due figli maggiori.
Poi c’è il fuorilegge Lurie Matte, che vede i morti. Arrivato dal Medio Oriente quando era ragazzo, ha un passato da ladro di cadaveri da vendere per le autopsie, poi si è dato alle rapine, ragion per cui gli pende una bella taglia sulla testa.
Ma ci sono anche figure tragiche e incantevoli come la bambina che vaga col viso piagato dal sole, scampata per miracolo alla carneficina della carovana in cui viaggiava con la sua famiglia: o la giovane Josie capace di evocare i morti.
E proprio la morte ha un ruolo evidente nel libro; basti ricordare che nell’Ovest americano, intriso di sangue e violenze, le persone dovevano spesso lasciare, strada facendo, i corpi dei loro cari che non ce l’avevano fatta.
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