“Paolo Pellegrin. Un’antologia”

Le guerre e i disastrosi sfregi alla Natura, ma anche scene famigliari “da lockdown” nelle fotografie di Paolo Pellegrin esposte alla Reggia di Venaria

Fino al 31 gennaio 2021

 

Cronache di famiglia dal lockdown. In un’isolata fattoria, nei boschi e nei prati ruvidi e deserti dellemontagne svizzere. Scatti inediti lunghi due mesi e pubblicati solo “on line” sul “New York Time Magazine”. C’è la piccola Emma che tende di slancio le braccia al cielo. Sola in un prato ancor timido che pare da poco essersi liberato dal gelo dell’inverno. Braccia e mani rivolte in su, forse un grido alto, gesto liberatorio, preghiera disperata. O felice.

Chissà? E poi Emma ancora che corre in un prato desolatamente solitario verso l’unico albero che pare vivere lì da secoli. E poi Luna. Dieci anni. Capelli ribelli che le coprono parte delviso. Gli occhi tristi, pare. Forse pensierosa. Forse indispettita dallo scatto fotografico inatteso. Luna sembra farsi strada d’improvviso, quasi per magia, dal groviglio di nuvole nebbiose che pesantementesoffocano il bosco alle sue spalle. Emma e Luna sono le figliole di Paolo Pellegrin, fotografo romano legato dal 2001 all’Agenzia Internazionale “Magnum Photos”, ricco palmarés (dalla “Robert Capa Medal” del 2006 agli undici “World Press Photo” dal 1995 al 2018) e oggi riconosciuto fra i più grandi fotoreporte di guerra al mondo. A lui la Reggia di Venaria dedica una suggestiva personale, in programma nella “Sala delle Arti” fino al 31 gennaio del 2021, nata da un progetto di Germano Celant (il celebre critico mancato nell’aprile scorso) organizzata in collaborazione con la stessa“Magnum” e curata da Annalisa D’Angelo.

Oltre 200 le immagini esposte, per lo più in bianco e nero. Selezionate dall’archivio personale di Pellegrin, vanno a formare (insieme a quattro video) il ricco corpus di una rassegna che – dopo essere stata presentata al “MAXXI” di Roma e alla “Deichtorhallen” di Amburgo – avrebbe dovuto inaugurarsi nella primavera scorsa alla Venaria, dove invece è approdata solo in autunno causa pandemia. E nell’ultima parte della mostra, finale di grande suggestione, troviamo proprio le foto di cui sopra. Quelle delle piccole Emma e Luna. Ma anche scatti che cristallizzano sul tavolo, teatro di “immutabili” desinari nature morte con forchette, bicchieri e coltelli. Tutt’intorno, fissato dall’obiettivo il silenzio dell’ignoto. Un po’ terrifico. Della natura. Dell’uomo. Del mondo. Sono i mesi del lockdown che il fotografo decide di vivere, partendo dall’Australia dove stava lavorando ad un progetto fotografico sulle conseguenze dei devastantiincendi, con la famiglia in una sperduta fattoria sulle montagne svizzere. Racconti poetici. Personali e intimi. “Queste foto sono molto diverse – precisa Pellegrin – dal mio abituale lavoro. Dopo decenni di un certo tipo di fotografia, molto cinetica e molto dinamica, mi sono ritrovato a cercare momenti di silenzio…Passare quel tempo insieme alla mia famiglia è stato molto speciale. Allo stesso tempo, non penso alle immagini come a un diario di una quarantena. Ovviamente quell’elemento c’è, ma ho voluto toccare qualcosa che fosse  più atemporale e universale. Qualcosa sulle ragazze, sul passare del tempo, sui cambiamenti. Qualcosa che fosse nel momento ma che anche lo trascendesse”. Scatti assaidiversi, in ogni senso, da quelli molto “cinetici” e “dinamici”, per l’appunto, in cui “tra il buio e la luce – come scrive Celant – le fotografie di Pellegrin ci portano dai conflitti armati che dilaniano il mondo, all’emergenza climatica che aggredisce e ferisce la Natura e lo stesso Uomo”. Alla Reggia è infatti il tema della guerra ad aprire la mostra con l’ampio collage della Battaglia di Mosul.

Con gli esodi, i morti, i rifugiati, i muri e i confini artificiali. Affiancati alle immagini che, nel bene e nel male, raccontano le formidabili forze della Natura: dal paesaggio australiano devastato dagli incendi boschivi agli imponenti ghiacciai in Antartide che continuano a sciogliersi, dalle acque ingrossate dallo tsunami al volo libero delle aquile di mare. In chiusura, a corollario della rassegna, una lunga parete composta di disegni, taccuini, appunti, maquette, diapositive e negativi che raccontano il “making of” dello studio di Pellegrin, realizzato “site specific” dall’autore insieme alla sorella artista, Chiara, e ideato per meglio consentire al visitatore di immergersi nella complessità del processo creativo del fotografo”.

Gianni Milani

“Paolo Pellegrin. Un’antologia”

Reggia di Venaria – Sala delle Arti, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (Torino); tel. 011/4992300 o www.lavenaria.it

Fino al 31 gennaio 2021

Orari: mart. – ven. 10/17, sab. e dom. 10/19

 

Nelle foto

– “Emma”, Svizzera, 2020: Photo Credit Paolo Pellegrin/Magnum Photos
– “Emma”, Svizzera, 2020: Photo Credit Paolo Pellegrin/Magnum Photos
– “Luna”, Svizzera, 2020: Photo Credit, Paolo Pellegrin/Magnum Photos
– “Mosul”, Iraq, 2016: Photo Credit Paolo Pellegrin/Magnum Photos
– “Mosul”, Iraq, 2016: Photo Credit Paolo Pellegrin/Magnum Photos

 

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