La narrativa dell’autore intende dare voce soprattutto alla gente comune, a quel mondo piccolo ma non minore col quale lo scrittore di Omegna ha sempre amato convivere, assimilandone i problemi, le speranze, le gioie e i dolori
“Il tempo dei maggiolini” è un libro che contiene sedici racconti di Marco Travaglini (nella foto) , edito dalla torinese Impremix Edizioni Vislagrafika. Confesso che mi ha sempre attirato la narrativa di Marco Travaglini perché intesa a dare voce soprattutto alla gente comune, a quel mondo piccolo ma non minore col quale lo scrittore di Omegna ha sempre amato convivere, assimilandone i problemi, le speranze, le gioie e i dolori. Una scrittura la sua che nasce dal cuore e arriva al cuore, che sa cogliere con passione e slancio poetico la vita delle strade, dei piccoli paesi del lago e della montagna, con attenzione particolare – è il caso di “Il tempo dei maggiolini” – al passato, ai giorni dell’ infanzia, della giovinezza, a tempi meno facili ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di rapporto umano. Erano gli anni delle case di ringhiera, dei grandi prati non ancora invasi dal cemento; delle quattro stagioni; delle primavere verdi punteggiate di rondini e maggiolini; delle serate estive sfolgoranti di lucciole, sull’aia o davanti alla calma scura del lago ancora impregnato dei caldi profumi del giorno, delle creme solari.
Su questi sfondi, che Marco riprende con l’attenzione e la sensibilità dell’osservatore acuto, si intrecciano avvincenti storie di quotidianità, popolate da personaggi estrosi, a volte strambi e un po’ picareschi, ma sempre coinvolgenti perché pennellati con felice aderenza: il fiorista Arrigo Molinetti, patito del canto e di Jannacci, e il giardiniere Galaverna, che spopolano nelle balere col complessino dei “Trambusti”, offrendo la loro arte in cambio di polli, conigli e tacchini arrosto; il Belletti, un po’ tocco, imbattutosi in un cavallo parlante; il Secchi, che spaventa di sera le donne dalle parti del cimitero; l’analfabeta Albertino, convinto che basti comprare gli occhiali per saper leggere; e decine di altre figure tipiche della vita povera e raccolta del tempo che fu. Su tutte la maestra Maria Scrivani la quale, a dispetto dei suoi 90 anni, ripercorre con straordinaria lucidità la sua carriera di insegnante a Omegna, ricostruendo l’atmosfera della vecchia scuola e della città con la precisione e l’acutezza del cronista di vaglia.
Il ritratto del suo alunno Gianni Rodari, “un bambino con lo sguardo serio ma con i pensieri allegri” è da antologia, così come quello di altre realtà omegnesi, fra le quali la storica ditta Cardini, specializzata nella lavorazione delle lamiere metalliche, diventata famosa per la pionieristica attività nel settore dei giocattoli di latta. “Papà, se tu comperi un giocattolo Cardini, il più bravo, il più studioso diverrò tra i bambini”, recitava una pubblicità sulle pagine della Domenica del Corriere e del Corriere dei Piccoli.Il libro spazia sull’intera provincia del Verbano Cusio Ossola e si spinge oltre, sconfinando nel Novarese. Ricche di fascino la leggenda della pentola d’oro delle due Quarne, atavicamente divise da feroce rivalità, e la rievocazione delle tradizioni, degli usi e dei costumi walser della valle Formazza, mentre la descrizione delle riprese di Una spina nel cuore, film tratto da un racconto di Piero Chiara, girato alla stazione di Omegna, e di I bei tempi di Villa Morini, “scandalosa” rievocazione delle case chiuse, che trasformò in un set da film “scollacciato” la tranquilla comunità di Brovello Carpugnino, è semplicemente esilarante.
Non poteva ovviamente mancare il lusciàt, mitico artigiano che girava l’Europa ad aggiustare e vendere parapioggia e parasole. Argante Delvivo, di Sovazza, assurse addirittura, per volontà nientemeno che della principessa Sissi, a “ombrellaio fornitore ufficiale della Casa d’Asburgo”. E ricco di mistero è Vincent, il pittore dei sogni e delle stelle, apparso all’improvviso sul lago sul finire dell’estate, tra un temporale e l’altro: “Allampanato, magro come un chiodo, il volto, incorniciato da una rada barba grigia, era illuminato da due vivaci occhi neri che luccicavano al riparo delle folte sopracciglia”.E c’è tanto dell’altro.Un bel revival davvero, questa nuova raccolta di Travaglini, che la dolcezza della memoria e il profondo coinvolgimento emotivo dell’autore rendono ancora più vero e palpitante. Un momento di ricordo e forse di rimpianto per chi vent’anni non ha più, una scoperta piacevole e frizzante per chi di quel passato ha percepito solo gli echi”.
Benito Mazzi
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