A due anni dalla scomparsa di Ramella

Di Pier Franco Quaglieni / A distanza di due anni dalla morte di Giovanni Ramella sono in molti gli amici, i colleghi, gli ex allievi che lo ricordano come docente, preside, critico letterario, conferenziere  poliedrico e insieme profondo.

Quando seppi tra i primi della sua scomparsa, capii subito che qualcosa di me era venuto meno perché il nostro rapporto di cinquant’anni di amicizia è stato così intenso da interiorizzarsi. Un anno fa, ricordandolo ad una cerimonia,  dissi che alla fine Giovanni aveva appreso da me la lezione liberale, mentre io avevo appreso da lui il modo di affrontare la cultura con serietà, con rigore e con passione.
Oggi posso dire che io ho attinto da lui anche la fede religiosa che sto rivivendo con gioia anche nel solco del suo esempio di cattolico liberale.  Spero che Giovanni ne sia contento. Era un uomo poco pratico, non guidava la macchina e si arenava sui problemi della quotidianità. Senza collaboratori come Guido Curto e Maria Luisa Capella difficilmente avrebbe potuto dirigere un liceo difficile e litigioso come il “d’Azeglio “ di Torino. Eppure lui ci precedeva tutti nel campo morale con l’esempio di ogni giorno, con la mitezza che è propria dei forti. Forse non sapeva cambiare una lampadina, ma sapeva illuminarci con la sua cultura, la sua serenità, il suo coraggio nell’affrontare le difficoltà della vita. Era un uomo distratto, come  ha detto Gianni Oliva che fu suo successore al “d’Azeglio“ e suo amico, ma la sua distrazione era solo apparente. Dentro di lui era vivo un filo che teneva insieme i diversi aspetti della sua vita. Non ebbe gli affetti che avrebbe meritato, ma lui seppe donare a molti conforto e amicizia sincera, anche a chi non la meritava affatto.  Alla vigilia della riapertura delle scuole e delle attività culturali ci manca un uomo come lui che non  sarebbe stato capace di districarsi tra banchi con e senza rotelle e i distanziamenti . Giovanni era però l’esempio vivente di cosa debbano essere la cultura e la scuola. Non tanto all’insegna del venerato maestro Augusto Monti che anche lui rispettava, ma di Don Bosco alla cui scuola era cresciuto. Esserci conosciuti nel l’associazione ex allievi dell’ istituto salesiano “San Giovanni Evangelista“ è stato un dono della fortuna e una grazia di Dio. Di lui sentiamo moltissimo la mancanza, siamo certi che lui ci veda  e in qualche modo ci protegga.  Affidiamo a Giovanni le sorti della scuola e della cultura torinese, laiche o non laiche che siano, come diceva Benedetto  Croce di cui portai a Giovanni  un ritratto da mettere al liceo “d’Azeglio “ che qualche pisquano forse avrà eliminato.
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