Periodicamente nel nostro paese si parla di “questione morale”. E, immancabilmente e giustamente, si cita l’ormai famosa intervista di Scalfari ad Enrico Berlinguer, segretario generale del Pci, dell’inizio degli anni ‘80. Dove, appunto, veniva tratteggiato il profilo di una persistente e grave questione morale che si affacciava all’orizzonte.
Denuncia, però, per onestà intellettuale, che fu pronunciata anche da molti altri leader politici dell’epoca ma che, per ragioni riconducibili al conformismo dominante, non possono essere citati neanche oggi. Penso alla famosa Assemblea degli “esterni” della Democrazia Cristiana e sempre nel 1981, e nello specifico all’intervento di Carlo Donat-Cattin, leader della sinistra sociale di quel partito che denunciò in modo implacabile quali erano i vizi e le degenerazioni che attraversavano il sistema politico di quella fase storica.
Ma, come ricordavo pocanzi, le ragioni del “politicamente corretto” sconsigliano di citare quegli interventi e quelle riflessioni avanzate da statisti e leader della Dc. Ora, al di là di questa curiosa anomalia, che tuttavia persiste a distanza di quasi 40 anni, quello che merita di essere ricordato e ripreso è il riesplodere della cosiddetta “questione morale” nella politica italiana. O meglio, di una supposta questione morale. Come ovvio, non voglio entrare nei dettagli dei singoli episodi che campeggiano in questi giorni su vari organi di informazione. Non li conosco direttamente e non ne ho la competenza per poterli affrontare e giudicare. Mi limito ad una sola considerazione, che ritengo peraltro decisiva e che ha contribuito negli anni a creare una profonda divisione tra i partiti, tra i vari schieramenti politici e nella stessa opinione pubblica. E cioè, per essere chiari, ad una questione morale che viene usata come una clava per colpire e liquidare l’avversario
politico. O meglio, il nemico politico da abbattere. I casi sono infiniti, ed è persin inutile elencarli. Ma il dubbio continua ad esserci anche oggi, al di là delle oggettive
responsabilità dei singoli. Quando ci sono e sono realmente accertati e condannati e non solo attraverso il giustizialismo e la gogna mediatica ma nei luoghi istituzionali preposti. Una clava che, come da copione, viene usata a giorni alterni e da schieramenti opposti a seconda delle convenienze politico ed elettorali del momento. E non mi riferisco solo alla corrente politica e mediatica giustizialista. Quelli, come ovvio, fanno il loro mestiere e lo fanno anche bene. Quando sogni e magari anche teorizzi più manette per tutti, è persin scontato che vedi questioni morali ad ogni angolo di strada. No, il problema non è della potente corrente giustizialista che ormai da molti anni gioca un ruolo sempre più protagonistico nella cultura e nella politica italiana. Il nodo è ancora più a monte. E cioè, si tratta di verificare se c’è ancora la forza e la volontà politica di evitare che la ricorrente questione morale non diventi solo l’arma finale per abbattere e liquidare l’avversario/ nemico politico di turno. Certo, l’avvento del populismo demagogico, antipolitico, antiparlamentare e radicalmente anti sistema – salvo poi trasformarsi quando si sale al potere in sistema tout court – ha indubbiamente favorito questo processo degenerativo. Ma la questione di fondo resta e continua ad essere inevasa. Ieri come oggi. Senza alcuna modifica di fondo. Ecco perchè, senza assecondare alcuna spinta giacobina, giustizialista e forcaiola, continuo a credere che la ricetta migliore per affrontare seriamente e senza partigianeria e alcuna faziosità la ricorrente questione morale, continua ad essere quella individuata molti anni da Pietro Scoppola, uno dei più grandi storici e conoscitore delle dinamiche del movimento cattolico italiano. E cioè, diceva Scoppola, “un politico è onesto e competente quando sa unire la cultura del comportamento con la cultura del progetto”. Una ricetta semplice, persin banale la potremmo definire, ma in grado di battere la strada giustizialista e di evitare che proprio attorno alla questione morale di turno si radicalizzi un confronto politico fatto di veleni, insinuazioni, moralismi di bassa levatura e che rispondono, alla fine, sempre solo e soltanto ad uno spregiudicato e cinico disegno di potere. Una ricetta, quella di Scoppola, avanzata molti anni ma che conserva una bruciante attualità anche oggi. Soprattutto oggi. Certo, come ricordavo all’inizio, le regole del conformismo dominante impediscono di citare quei personaggi e quelle ricette. Ma l’alternativa a quella riflessione resta, purtroppo, una sola. E cioè, la questione morale usata come un randello contro i propri avversari politici. Una strada che, come tutti sanno, ma proprio tutti giustizialisti compresi, non porta da nessuna parte e non rafforza certamente la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni democratiche.
Giorgio Merlo
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