Morricone a proposito di monarchia e Risorgimento

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / In morte di Ennio Morricone è uscita sui giornali anche  questa sua dichiarazione : “Piansi anche per il Re, quando perse il referendum e fu costretto all’esilio. Per me la Monarchia era l’Italia del Risorgimento, che finiva per sempre”

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Morricone era del 1928 e nel 1946 aveva 18 anni. Espresse un giudizio non positivo sul vecchio re Vittorio Emanuele III, ma giunse a dire che aveva pianto per Umberto II, il nuovo re che aveva suscitato tante speranze e che aveva comunque raccolto quasi 12  milioni di consensi.  Morricone  era un giovane, non era un vecchio ufficiale o un nobile legato alla corte sabauda  Mio nonno che aveva combattuto nella Grande Guerra pianse,nel 1947 all’annuncio della morte in esilio del Re del Piave, come lo definiva lui.
Morricone invece era un giovane che aveva vissuto consciamente le tragiche vicende italiane tra il 1943 e il 1945. Espresse un giudizio appassionato  sul nuovo Re che lo accomuna  idealmente ai giovani di Via Medina a Napoli che nel giugno del 1946 testimoniarono con la vita il loro attaccamento a Casa Savoia. Ma soprattutto e’ importante la seconda parte del suo pensiero  che identificava la Monarchia con il Risorgimento. Era il pensiero di un giovane, forse neppure molto colto in fatto di storia: concluderà infatti   i suoi studi musicali al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma proprio nell’ ottobre 1946. Quell’identificare la Monarchia con il Risorgimento era di alcuni grandi spiriti da Benedetto Croce a Luigi Einaudi. Francesco Carnelutti, Giorgio De Chirico, Anna Magnani, Maria Montessori , Padre Pio votarono per la Monarchia al referendum. Votò per il Re  persino il giovane  Eugenio Scalfari che aveva esordito sui giornalisti fascisti della capitale e che scrisse di aver obbedito a Croce in quella scelta istituzionale. Il grande storico di idee repubblicane Rosario Romeo nel suo libro “Dal Piemonte sabaudo all’Italia liberale“ colse quella linea di continuità espressa in maniera semplice e immediata  da Morricone. Se penso alle  semplificazioni storiche, ridotte a battute di varietà,scritte di recente da Alessandro Barbero su Vittorio Emanuele II nel Bicentenario della nascita, constato come quella certa idea di Risorgimento non sia stata capita  da chi pure  pretende di farci costantemente  lezione, come e’ solito fare  il professore dell’Universita’ di Vercelli. Certo, c’è stato anche un Risorgimento repubblicano: Mazzini, Pisacane, Cattaneo, Ferrari. Fu gran cosa sotto il profilo etico, ma falì sul piano politico perché l’idea di unire l’Italia non poteva realizzarsi con la creazione ex novo di una repubblica ì, come già aveva intravisto tanti secoli prima  Machiavelli. Ci fu infatti anche chi come il repubblicano Garibaldi  mise la sua spada al servizio della Monarchia perchè essa era il fulcro su cui far leva per realizzare l’ unità d‘Italia. Francesco Crispi disse che la Monarchia ci univa e che la Repubblica ci avrebbe diviso. Un grande della musica novecentesca seguiva più o meno consciamente Giuseppe Verdi che fu anche patriota del Risorgimento. Poi Morricone fu tanto altro. Era  anche molto amico Mario Pannunzio e di sua moglie Mary. Una volta al Caffè Greco di Roma in via Condotti me lo  fece conoscere e il maestro si interessò del nascente centro Pannunzio, molto interessato perché c’era con noi anche il suo amico Mario Soldati. Avrei desiderato conferirgli il Premio Pannunzio, ma non fu possibile per i suoi tanti impegni internazionali. Mi deluse un po’ quando sostenne con forte partecipazione   nel 2007 Walter Veltroni, una meteora politica piuttosto inconsistente, ma Morricone va ricordato e celebrato essenzialmente  per il suo genio musicale e la sua umanità. Fu un grande della musica, ma fu anche grande umanamente. Cosa rarissima. La politica in fondo non ha nessuna importanza per un personaggio che ha speso la sua vita nell’arte più universale qual è la musica.
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