Federica Borello Tataborello

Chi è Federica Borello, founder di Tataborello Officina Bijoux

Rubrica a cura di ScattoTorino

Il bijoux è sinonimo di stile e ricercatezza, è il delta che trasforma il guardaroba di una donna. Lo sa bene Federica Borello, designer torinese che nel 2001 – giovanissima – ha fondato un’azienda specializzata in bigiotteria top di gamma. Il brand, Tataborello Officina Bijoux, è conosciuto in Italia e nel mondo ed è sinonimo di artigianalità, innovazione e qualità. La selezione accurata dei materiali – tra i quali spiccano le pietre semi-preziose e i cristalli Swarovski – e la professionalità degli artigiani che li modellano in modo unico e raffinato, danno vita a creazioni dal design originale e dalla forte personalità. Le collane, i bracciali e gli orecchini firmati Tataborello sono veri must have che le donne di tutto il mondo scelgono perché capaci di rappresentare il loro carattere. Non solo: versatili e originali, si declinano perfettamente dall’alba al tramonto e sanno regalare personalità ad ogni look.

Donna sensibile e attenta al sociale, durante la pandemia Federica Borello è stata promotrice di un’interessante iniziativa. Ha infatti creato un bracciale per rendere omaggio al tricolore, simbolo dell’Italia, e l’intero profitto è stato devoluto a favore di Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus a sostegno dell’Ospedale Sant’Anna di Torino. Il progetto ha riscosso grande successo, a conferma che quando si agisce con il cuore si innesca un circolo virtuoso.

tataborello

Tataborello Officina Bijoux: un brand che racchiude un mondo

“Il nome del marchio può sembrare bizzarro e spesso, all’estero, viene pronunciato in maniera buffa. L’ho scelto perché unisce il mio soprannome con il cognome. Sono cresciuta nel mondo del fashion: la mia famiglia aveva fondato la Juvenilia e una delle due linee si chiamava Federica. Sin da bambina mi piaceva infilare perline, utilizzare nastri e fare intrecci con materiali preziosi per cui da ragazza ho deciso di studiare presso il Polimoda di Firenze, specializzandomi in maglieria. Dopo la scuola ho aperto la mia attività, puntando sull’artigianalità e sulla qualità dei materiali. Su consiglio di mio padre ho partecipato a numerosi saloni all’estero e per anni il mercato di riferimento di Tataborello è stato il Giappone, mentre negli ultimi tempi è l’Europa. Anche se vivo all’estero da sette anni, l’attività produttiva è a Torino, città in cui è nato il marchio. Siamo un team di 10 donne, tutte mamme, e siamo molto unite tra noi. Le persone con le quali lavoro gestiscono il day by day e hanno la mia totale fiducia”.

Che cosa rende uniche le sue creazioni?

“I nostri bijoux sono diversi da quelli convenzionali perché siamo specializzate in ricamo e intreccio. Inoltre, anche quelli più importanti come dimensioni, sono leggeri e molto morbidi. Mi piace trarre ispirazione dai gioielli Art Déco, che declino in modo da regalare loro una nuova vita e renderli un mix di contemporaneità e antico. Le creazioni sono luminose e vestono perché si adattano ad ogni outfit. Ciascuna collezione nasce da una tecnica specifica che varia di volta in volta e nell’ultima abbiamo utilizzato il crochet con i filati di lurex. L’archivio di Tataborello è molto ricco e in passato abbiamo creato dei cuori che fungevano da amuleti oppure dei ciondoli in madreperla che avevano la stampa dei film, sullo stile dei manifesti cinematografici di un tempo, o ancora dei fiori di cristallo tenuti insieme da un piccolo nastro. Infine abbiamo collaborato con Moschino, Kristina Ti e altri marchi”.

Chi è la donna Tataborello?

“Una lei alla quale piace la ricerca, che non sceglie solo il brand di lusso e che ha un gusto romantico”.

Le sue creazioni sono la conferma che il made in Italy di qualità non ha confini

“Ci sono mercati, come il Giappone, in cui i compratori fanno attenzione al ben fatto e ai dettagli per cui mi sono creata un nome in quel paese. La cura e la qualità del prodotto hanno garantito una crescita naturale del marchio che negli ultimi anni si è imposto anche in Europa. Prima del lockdown presentavo due collezioni all’anno, con ottanta articoli e diverse declinazioni di colori. Il mio business puntava sugli show room di ricerca, mentre adesso vengo contattata da molti privati tramite il sito e la pagina Instagram. Mi piace avere un rapporto più umano sia con il cliente finale sia con i negozianti in modo da conoscere le loro esigenze e realizzare prodotti tailor made quasi unici.

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Durante la pandemia ha ideato il progetto #iosonotricolore. Ce lo presenta?

“Subito avevo ipotizzato di realizzare delle collane tricolore per lanciare un messaggio di speranza poi, con il team, abbiamo pensato ad un braccialetto i cui proventi potessero essere devoluti in beneficienza. Tramite un’amica ho presentato il progetto all’Ospedale Sant’Anna di Torino, che è un’eccellenza italiana. Ci piaceva l’idea di supportare questo luogo preposto alle nascite e garantire una forma di sicurezza per i neonati. L’iniziativa è piaciuta ed abbiamo venduto mille bracciali, il cui ricavato è stato totalmente devoluto in beneficienza. Il progetto è ancora attivo e abbiamo coinvolto alcune farmacie torinesi e i nostri punti vendita”.

Progetti futuri?

“Voglio ridare vita a pezzi storici attingendo dai nostri archivi fotografici e fisici, che sono ricchi di collezioni. Si tratta di un lavoro stimolante che mi appassiona. Sto inoltre investendo sullo shop online in modo che sia più fruibile per i negozianti”.

Torino per lei è?

“La mia casa. Non vivo più qui da anni perché mio marito si sposta spesso per lavoro, ma Torino rappresenta la gioia di tornare dalla famiglia d’origine. Sono cresciuta con l’idea che il capoluogo fosse la capitale della moda e sono contenta di aver creato qui la mia azienda di bijoux, che è anche la sede in cui lavorano le collaboratrici. Per me è importante garantire loro la continuità nella professione”.

Un ricordo legato alla città?

“Quando ero piccola passavo i pomeriggi nell’impresa di famiglia e giocavo con i bottoni, portavo via i tessuti sperando di confezionare un giorno dei vestiti, in realtà mai fatti. Ero la creativa di casa e i miei genitori non mi hanno ostacolato nella scelta di lavorare nella moda. Anzi, papà mi ha dato spesso consigli”.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Ph: Pepe Fotografia

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