Giro del mondo ai tempi del virus

Seconda puntata / “Alla stazione dei bus di Venezia Mestre eravamo agitati, c’era la tensione di chi sta per affrontare un viaggio di 40.000 chilometri con lo zaino in spalla, attraverso 16 Paesi, poi una volta saliti sul mezzo che si ha portati a Lubiana, in Slovenia, prima tappa, tutto è svanito. Sul bus non abbiamo dormito, la testa era piena di pensieri ma stavamo realizzando il nostro sogno”. Lars Orazzo, il 23enne di Montemagno, rientrato in Monferrato dalla Cambogia alla fine di marzo, così entra nei dettagli del racconto del suo viaggio (insieme all’amico Sasha De Zordo), tappa per tappa, partendo dall’inzio, il 15 luglio 2019.

Nella capitale slovena i due giovani hanno iniziato a muoversi con uno zaino di 20 chili ciascuno sulle spalle che, nei primi giorni di viaggio si facevano sentire ancor più quando hanno dovuto raggiungere una casa che li ospitava di sera, al buio, lungo una strada non illuminata. “Lubiana è una città stupenda, qui abbiamo fatto le prime conoscenze ed essendo la prima volta in un viaggio del genere ci siamo sentiti come una persona che, non avendo mai tirato un calcio ad un pallone, si trovi catapultato a giocare la finale dei campionati mondiali di calcio”.

Queste sensazioni Lars e Sasha le hanno provate nelle prime 2 settimane di viaggio e, in genere, in tutto il periodo trascorso in Est Europa, vera palestra per 5 settimane, fisicamente, mentalmente, a livello pratico, prima del ‘grande salto’ in Russia. Dopo la Slovenia, i due ‘moderni pellegrini’ hanno raggiunto altre capitali e Stati europei ed è ancora Lars a descrivere le sensazioni: “Iniziavo a vedere tutto e tutti con occhi diversi e tutte le persone intorno a me davano un senso di gioia, facendomi sentire felice e libero, di una libertà che ti da la consapevolezza che quello che stai facendo di fa stare bene”. L’ungherese Budapest è stata la città in Europa ‘dove ho avuto incontri che ricordo con maggiore piacere ed è sicuramente una delle città più belle del continente con Praga, Cracovia e San Pietroburgo. Insieme a Vienna mi ha colpito per la sua eleganza e per il suo underground che costituisce un mix perfetto. Facendo il paragone con Praga, invece, le due città appaiono simili ma, in realtà, mi hanno dato sensazioni differenti, entrambe positive, ma diverse, addirittura anche in momenti diversi della giornata.

Giravi al mattino e di giorno, insieme agli amici conosciuti in ostello e le vedevi in un modo, alla sera in un altro e, di notte, illuminate, in un altro”. Così si è creato un rapporto di amicizia con una ragazza russa, un francese ed un messicano ed tutti hanno vissuto, in grande semplicità un momento indimenticabile “seduti su un muretto con una bottiglia di vino che ci teneva compagnia e la musica in sottofondo, davanti al Danubio illuminato”. Passata la Repubblica di Slovacchia, con tappa nella capitale Bratislava, ospiti in un capanno in mezzo ad un bosco messo a disposizione da un ragazzo conosciuto a Lubiana, visitato il Castello e anche qui rimasti impressionati dagli artisti di strada, c’è stato l’ingresso in Polonia e uno dei momenti più forti dell’intero viaggio. “Eravamo a Cracovia, città bellissima, elegante, carica di storia, che non avevo mai visto prima. Usciti dall’ostello, abbiamo chiesto informazioni per la navetta che portava ad Auschwitz ed a Birkenau”. E quella per i due ragazzi è stata un’esperienza veramente intensa: “Non abbiamo fatto né foto, né video, quelli non sono posti dove fare fotografie vista l’immensa tragedia che c’è stata. Eppure c’era gente che fotografava scarpe e capelli come se stesse farsi un selfie al mare.

E’ stato un colpo al cuore la visita e per tutte le tre/quattro ore che siamo stati là ci siamo solo guardati negli occhi, non venivano le parole, era un luogo che parla già da solo. E soprattutto a Birkenau alla vista della baracche mi sembrava di sentire delle voci, come se ci fosse gente che parlasse. A Birkenau mi è venuto da piangere, Sasha è scoppiato in lacrime e ha detto una sola frase ‘Abbiamo davanti a noi l’inferno in terra’, penso sia stato il momento più forte della mia vita”. Lars, però, non era la prima volta che veniva in Polonia, anche se non a Cracovia, sua mamma è nata nel Nord del Paese. Di Cracovia, che vedeva per la prima volta l’hanno colpito, i parchi, il castello, le vie, e “l’impressione di fare un salto nel passato”.

Poi lasciata alle spalle la Polonia il viaggio è proseguito verso i Paesi Baltici e la Russia

(2 – continua)

Massimo Iaretti

 

 

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