Coronavirus, Grimaldi (LUV): “RSA, non c’è un piano per metterle in sicurezza”

“Con questi numeri e questa strage senza fine serve una task force dedicata, servono tamponi a tappeto per il settore socio-sanitario e per tutti i sintomatici: senza tutto questo non potremo ripartire”

“Le Rsa sono strutture accreditate dal Servizio sanitario regionale, la cui titolarità è in capo all’Assessorato alla sanità. Ciò vuol dire che l’Asl non può delegare l’organizzazione e la gestione del servizio ai privati a cui lo affida e che parliamo a tutti gli effetti di luoghi di cura. Cosa voglio dire? Che la Dgr 14-1150 del 20 marzo 2020, in cui si parla chiaramente di trasferimento in Rsa di pazienti dimessi dagli ospedali (l’Assessora Caucino dice che non è di sua competenza, ma ne era a conoscenza? Non ha risposto), va ritirata e bisogna invece cercarle strutture dedicate fuori dalle Rsa; e che vanno fatti i tamponi a tutto il personale delle Rsa, anche per assicurare gli organici e non lasciare i pazienti all’abbandono”.

“La Giunta deve rispondere a domande precise: quanti dei 2874 morti nelle Rsa avevano fatto il tampone? Quante Rsa sono state sanificate? Che ne è del ‘piano hotel’ per collocare i dimessi dagli ospedali e le persone risultate positive nelle Rsa? È previsto l’obbligo del tampone per entrate in Rsa o nelle strutture riabilitative?” – così è intervenuto il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, nel corso della Commissione Sanità odierna.

“I morti nelle Rsa sono oltre 400 in più (dai 2467 morti nei primi 3 mesi del 2019 ai 2874 nei primi tre mesi del 2020) e nel conteggio manca il mese di aprile: il 20 percento di morti in più nelle RSA non è un numero statisticamente non rilevante, come mi è stato detto oggi in commissione. È il segno di una gestione sbagliata dell’emergenza in quelle strutture. Lo dimostra l’incidenza altissima del numero di contagiati nelle RSA rispetto al totale dei malati di Covid-19 in Piemonte”.

“Ma il problema è ben più ampio” – prosegue Grimaldi – “perché oltre alle Rsa il settore socio-assistenziale include le Comunità, i Gruppi appartamento, i Centri Diurni: anche qui si parla di ospiti con patologie e, con loro, operatori socio-sanitari, educatori e altre figure professionali, per non citare tutti coloro che lavorano a domicilio. Asl e cooperative si rimpallano la responsabilità di fornire loro DPI, così questi lavoratori si ammalano e non riescono nemmeno a ottenere un tampone se i casi con cui sono stati a contatto sono solo sospetti e non accertati. Eppure è difficile che siano accertati se i tamponi non si fanno! O sbaglio? Per esempio, è stato mai fatto uno screening nelle comunità psichiatriche? Qual è lo stato dei dormitori pubblici piemontesi?”

“Da tutto ciò emerge un grave problema ben più generale” – conclude Grimaldi: – “gli ostacoli incredibili cui si va incontro per ottenere un tampone, anche quando si è sintomatici, e l’assenza totale di gestione dei pazienti a domicilio. Troppe persone testimoniano di sapere e di avere segnalato da settimane di presentare i classici sintomi del virus, ma essersi sentite dire che non rientrano nelle procedure per un tampone, restando sole a casa, malate, senza terapia, monitoraggio e diagnosi, magari in spazi non adeguati e spesso col problema di non poter ottenere dai medici di base sufficienti giorni di mutua (se vi hanno accesso). Come possiamo pensare di riaprire tutto e allo stesso tempo continuare a negare il test a queste persone, mettendone in pericolo molte altre? Dunque la Giunta risponda anche a questo: si sta svolgendo un’indagine sulle persone che si stanno ammalando, dal momento che il lockdown dura da oltre 2 settimane?”

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