Di Pier Franco Quaglieni / Mario Pannunzio, nato a Lucca nel 1910, centodieci anni fa, attende ancora il suo storico, malgrado sia stato negli anni oggetto di studi e ricordi più o meno importanti. Alcuni di quelli che si sono occupati di Pannunzio erano mossi più dall’intento di celebrare sé stessi come suoi eredi e continuatori che da quello di riflettere con il necessario distacco sul direttore di “Risorgimento liberale”(spesso trascurato) e del “Mondo”, la rivista culturale italiana più importante del secondo dopoguerra
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Pannunzio ha lasciato poco di scritto e quasi sempre ha ispirato altri, limitandosi a fare il giornale. Sul “Mondo” non ci sono articoli a sua firma e il piccolo saggio su Tocqueville, risalente al ‘42, è una testimonianza di poco conto. Molti sono invece i suoi articoli prima della guerra pubblicati sull’ “Omnibus “ di Longanesi e su “Oggi” che fondò e diresse insieme ad Arrigo Benedetti. Se escludiamo gli studi di Carla Sodini, nessuno si è occupato delle radici lucchesi, umane ed intellettuali, limitandosi ad analizzare il periodo romano, certamente il più importante, dagli anni universitari alla morte.
Nel 2010 il centenario della sua nascita fu l’occasione per tante iniziative promosse prevalentemente dal Centro “Pannunzio” di Torino in tutta Italia che registrarono un vasto interesse. Fu possibile dare una lettura della sua opera,evidenziando il significato liberale del suo impegno.
I Centodieci anni dalla nascita possono essere l’occasione per tentare di ribadire alcuni punti fermi a livello storico:
*Pannunzio ha il merito, negli anni del più aggressivo anticrocianesimo, di aver considerato il magistero morale,filosofico e politico di Benedetto Croce un riferimento non negoziabile. Lo dimostrano le annate del “Mondo” e il Carteggio Croce- Pannunzio che curai nel 1998 e che alcuni hanno voluto curiosamente ignorare. Oggi che l’opera di Croce torna ad essere oggetto di studi, va sottolineato che Pannunzio non si allineò alla vulgata anticrociana.
*Pannunzio espresse una linea politica che potremmo definire antitotalitaria ed antiautoritaria ,vedendo nel nazifascismo e nel comunismo i due terribili mostri ideologici del ‘900.
*Pannunzio in anni nel quali la demonizzazione del Risorgimento, sull’onda di Gobetti e di Gramsci, era imperversante, assunse la “difesa del Risorgimento”, per citare un titolo di Omodeo, anticipando l’idea storiografica di Rosario Romeo, il biografo insuperato di Cavour.
*Ha torto Valerio Castronovo nel sostenere che nel “Mondo” ebbe prevalenza l’insegnamento di Salvemini perché la figura di Luigi Einaudi (di cui lo stesso Ernesto Rossi fu allievo in materia economica), oltre a quella di Croce, ebbe una particolare importanza per Pannunzio e per il suo giornale.
*Pannunzio fu sempre amico dello Stato di Israele,l’unica democrazia mediorientale, e nel 1967 si dichiarò durante la guerra arabo-israeliana dalla parte di Israele,mentre “L’espresso” parteggiò per Nasser e gli arabi.
*Pannunzio ebbe una concezione della politica mai disgiunta dalla cultura,ritenendo un politico incolto un semplice “faccendiere”. Una riflessione più che mai attuale oggi in Italia e non solo.
Nel 2010, d’intesa con il Comune di Roma e la Sovrintendenza, si sarebbe dovuto procedere ,per il centenario pannunziano, ad apporre nel palazzo di via Campo Marzio dove nacque “Il Mondo”una lapide il cui testo era stato già predisposto ed approvato. Fu il proprietario dell’edificio a non dare il consenso. I Centodieci anni dalla nascita sarebbero l’occasione per tributare il riconoscimento negato a Pannunzio che invece gli tributò la natia Lucca. Temo che i tempi dell’emergenza accantoneranno ogni ricordo e spiace che i tempi calamitosi che viviamo impediscano persino un’iniziativa del Centro “Pannunzio”, l’unico in Italia a lui intitolato, perché i tentativi di imitazione sono tutti naufragati miseramente, mentre il Centro vive da oltre cinquantedue anni.
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