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L’impatto degli inquinanti dell’aria sulle foreste e le loro funzioni

Rubrica a cura di IPLA – Istituto per le Piante da Legno e per l’ambiente

Sul finire del secolo scorso grande risalto ebbero i danni causati alle foreste, in particolare del centro Europa, dalle cosiddette “piogge acide”, rese tali a causa dell’immissione in atmosfera di anidride solforica dovuta al largo utilizzo di combustibili fossili.

Le preoccupazioni per le foreste

Oggi a preoccupare di più sono le notevoli masse di emissione di anidride carbonica (CO2) che rappresentano uno dei più urgenti problemi ambientali, giacché aumentano “l’effetto serra” con il conseguente riscaldamento generalizzato della terra. Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dall’eccesso di ozono. Il danno sulle piante in questo caso è correlato alla sua concentrazione in atmosfera e all’assorbimento delle foglie. Nello specifico la sua fitotossicità inibisce la fotosintesi clorofilliana danneggiando l’assorbimento di nutrienti. Con concentrazioni di ozono elevate si stima una riduzione dell’attività fotosintetica fino al 15%.

Il ciclo del carbonio

Negli ecosistemi terrestri il ciclo del carbonio permette di assorbire CO2 consentendo ai boschi di diventare “serbatoi di carbonio”. Se si favoriscono gli assorbimenti degli ecosistemi, maggiore sarà la quantità di carbonio fissata a lungo termine nella biomassa e nel suolo e minore sarà l’impatto delle emissioni in atmosfera.

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Il protocollo di Kyoto e i successivi accordi internazionali impegnano i Paesi a ridurre le emissioni che provocano l’effetto serra e ne regolamentano la contabilizzazione secondo un mercato ufficiale che è l’ETS (Emission Trading System). Esiste inoltre la possibilità di scambiare “crediti di carbonio” nel cosiddetto mercato volontario in cui individui, società e organismi pubblici comprano crediti per mitigare le loro emissioni derivanti da produzioni industriali, trasporti, produzione di energia e altre fonti. Fra i vari progetti, oltre a quelli più diffusi nel campo delle energie rinnovabili, vi sono anche quelli in ambito forestale.

 

L’Ipla e lo studio delle foreste piemontesi

È in tale ottica che l’Ipla, a partire dagli anni 2000, per conto della Regione Piemonte, è impegnata in attività di studio e di monitoraggi finalizzati all’identificazione di tecniche di gestione delle risorse naturali (boschi e impianti per l’arboricoltura da legno) e alla contabilizzazione del carbonio in vista di un mercato regionale dei crediti. L’Ipla ha stimato che nelle foreste piemontesi (quasi 1 milione di ettari), considerando le piante e i suoli, per ogni ettaro ci siano circa 600 tonnellate di anidride carbonica stoccata, di cui oltre 200 nelle radici e nei fusti delle piante.

D’altro canto studi recenti hanno dimostrato che concentrazioni elevate di ozono possono ridurre la produttività delle foreste fino al 50%, con conseguente impatto sulla capacità delle stesse di immagazzinare l’anidride carbonica. Stiamo parlando infatti di sistemi complessi, nei quali le variabili sono molteplici e le correlazioni tra loro sono molto numerose e altrettanto complesse. Ciò premesso, è evidente l’importanza di studiare l’impatto che l’ozono può avere sulle piante e sugli ecosistemi forestali quali fornitori di servizi.

Mitimpact, il progetto di UniTO in collaborazione con Arpa e Ipla

A tale proposito, il Dipartimento di Economia e statistica dell’Università degli Studi di Torino, nell’ambito del progetto Mitimpact, in collaborazione con l’Arpa e l’Ipla, sta definendo una metodologia che permetta di stimare gli impatti dell’ozono sugli ecosistemi da un punto di vista economico.

foresteSiccome la sensibilità delle specie forestali è diversa, uno studio parallelo condotto dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino, fornirà scenari futuri su come la vegetazione si trasformerà adattandosi ai cambiamenti climatici. Si prevede quale sarà la risposta complessiva delle foreste in un quadro di progressivo innalzamento delle temperature, riduzione delle precipitazioni e aumento delle concentrazioni di alcuni inquinati dell’aria come l’ozono, favoriti dalla luce e dal calore.

Di tutto questo se ne è discusso durante un importante incontro con Corinne Le Quéré, Alto Commissario per il clima nominato dal governo francese, organizzato a Nizza lo scorso 2 febbraio dal Conseil Départemental. Corinne Le Quéré, che è anche Direttrice del Tindall Centre per la ricerca sui cambiamenti climatici e reggente della cattedra per i cambiamenti climatici all’Università Est Anglia, è una climatologa di fama mondiale che ha fornito validi spunti su come proseguire la ricerca in questo campo. Le nostre foreste, apparentemente statiche, sono in realtà in continua trasformazione, sia per le naturali dinamiche ecologiche sia per le modificazioni ambientali che stanno subendo.

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