Articolo a cura di IPLA, Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente
Sono diverse le segnalazioni di lupi che si avvicinano ai centri abitati. Ma sono un pericolo per l’uomo?
Proprio all’interno della tenuta che ospita la sede dell’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA SpA), sui bassi versanti della collina di Superga che si affacciano su Corso Casale, al confine tra i comuni di Torino e San Mauro, hanno probabilmente fatto capolino i lupi. Segnalazioni del predatore erano già state fatte nel recente passato sulla collina di Torino, ma decisamente più a nord: nei pressi di Castelnuovo Don Bosco, Casalborgone, Marentino. Questa volta a fare le spese del carnivoro sono stati un vitellino appena nato (presumibilmente venuto alla luce con gravi problemi di salute) e un cinghialetto. Il vitellino della razza Angus faceva parte della piccola mandria bovina che l’IPLA gestisce al fine del mantenimento in salute dei 10 ettari di prati stabili, quasi gli unici ormai rimasti su questi territori ormai completamente coperti dal bosco.
È opera dei lupi?
Di questi ritrovamenti e delle verifiche per comprendere se le predazioni siano effettivamente opera del lupo se ne stanno occupando in molti, dai veterinari dell’ASL ai referenti del Parco di Superga, dai funzionari della Città metropolitana di Torino a quelli della Regione Piemonte, fino al Centro grandi carnivori della Regione.
Nell’immaginario collettivo il lupo evoca da sempre grandi contrasti tra chi pretende assoluta protezione dell’animale e chi richiede una limitazione del numero per i danni che può arrecare. In Italia, dagli Appennini dai quali è risalito fino alle nostre regioni settentrionali, è presente una sottospecie, il cosiddetto lupo appenninico (Canis lupus italicus) che è quello che troviamo in particolare nelle regioni di nord-ovest: Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta.
A discapito dei tanti allarmi che vengono lanciati, in realtà il rischio nei confronti dell’uomo sostanzialmente non esiste. Esiste invece la possibilità che il lupo attacchi bestiame cercando di colpire gli animali più piccoli e più deboli, proprio come accaduto all’IPLA. Teniamo conto che un singolo esemplare può cacciare in un territorio di 100 chilometri quadrati, superfici immense che descrivono bene la capacità di questa specie di percorrere molte decine di chilometri ogni giorno in cerca di fortuna e di cibo. In questo caso la soluzione sta nel proteggere il bestiame chiudendolo in ripari o nelle stalle di notte (è proprio di notte che il lupo agisce con maggiore frequenza) o con reti specifiche elettrificate, definite appunto “antilupo”.
Ci sono specie che creano molti più danni
Da alcuni decenni la nostra regione e il nostro Paese hanno visto crescere le superfici a bosco con un incremento molto importante di presenza degli ungulati (caprioli, cervi e cinghiali). Queste specie, quando presenti in numero molto rilevante, creano infinitamente più danni del lupo, in particolare all’agricoltura. La presenza di un carnivoro limita la presenza degli ungulati tendendo ad un equilibrio dinamico delle popolazioni. È proprio l’equilibrio che dobbiamo preservare, trovando il modo migliore di convivere con queste specie. Evitando che le stesse provochino danni alle attività dell’uomo.
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