C’era una volta l’Afghanistan

In occasione dei 30 anni dalla scomparsa di padre Federico Peirone, il Centro studi sui Paesi arabo-islamici Federico Peirone intitolato all’illustre arabista e docente universitario, organizza, con il patrocinio dell’Università di Torino, del Consolato Generale Svizzero in Italia, del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comune di Torino il convegno-mostra “C’era una volta l’Afghanistan – La via crudele: da Ginevra a Kabul 1939-1940” che si terrà il 18 novembre alle ore 17,30 presso l’Università degli studi di Torino, nel Palazzo del Rettorato, in via Po 17.
L’Afghanistan è al centro quest’anno di importanti ricorrenze: 40 anni fa, nel dicembre del 1979, iniziava l’occupazione sovietica e 30 anni fa, nel febbraio 1989, gli ultimi soldati sovietici abbandonavano l’Afghanistan che era diventato una sorta di Vietnam per l’Urss. Meno nota, ma riscoperta recentemente con convegni e mostre in Svizzera e Germania, è un’altra ricorrenza. Ottanta anni fa, il 6 giugno del 1939, due donne, giornaliste, scrittrici e fotografe, partivano in auto per uno straordinario viaggio da Ginevra verso Kabul. Un viaggio documentato con due libri, decine di fotografie e filmati. L’Afghanistan è nuovamente al centro dell’attenzione mondiale per i colloqui in corso fra americani e talebani nel tentativo di porre fine allo stato di guerra e alla presenza delle truppe straniere (fra cui il contingente italiano). La mostra riguarda il viaggio compiuto nel 1939 da due giovani giornaliste e scrittrici svizzere, Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach, entrambe già protagoniste di inchieste e reportage in diversi Paesi. Partono per un lungo e avventuroso itinerario in auto da Ginevra verso Kabul. Devono realizzare reportage per importanti quotidiani e riviste. Hanno con sé macchine fotografiche e una cinepresa. Ma il loro viaggio è anche una fuga spirituale da un’Europa imbarbarita che, dopo i massacri della Prima guerra mondiale e l’avvento dei totalitarismi, il nazismo sta trascinando nella tragedia della Seconda guerra mondiale. Uno straordinario viaggio di ricerca interiore: scriverà la Maillart “ volevamo andare in luoghi dove la parola divino avesse ancora un significato”. Sono circa 300 le fotografie scattate durante il lungo viaggio verso Kabul da Annemarie Schwarzenbach: immagini professionali che dovevano illustrare gli articoli per quotidiani e riviste. Durante il viaggio, inoltre, Ella Maillart filmò popoli e luoghi con la sua cinepresa, utilizzando una nuova pellicola che l’Agfa le aveva appositamente dato da sperimentare. Le immagini sono la testimonianza di un mondo che in gran parte non c’è più : ci riportano un Afghanistan arcaico, ancora percorso da tribù nomadi, capi tribali o capi villaggio che accolgono le due donne, che viaggiano sole, con cortese e curiosa ospitalità. L’inaugurazione della mostra sarà occasione per parlare di Afghanistan nell’aula magna del Palazzo del Rettorato. Una parte dei migranti che cercano di approdare in Europa arriva dall’Afghanistan, un Paese dissolto da quando nel dicembre del 1979 le truppe sovietiche lo invasero. Da allora non è più uscito dal tunnel della guerra e della violenza. Un Paese in cui, oggi, è quasi impossibile avventurarsi. Ma non era così, evidentemente quando le due giornaliste e scrittrici svizzere vi si recarono, sole, in auto. L’Afghanistan è oggi esempio di Islam radicale: la nascita di al-Qa’eda con Bin Laden e altri gruppi jihadisti che si fondono con essa. L’ingresso destabilizzante dei Talebani. L’attentato alle Torri gemelle. L’intervento USA e della Nato che si protrae da anni ormai, con la partecipazione e la presenza dei militari italiani. Un Paese dove i Talebani stanno riprendendo il controllo della maggior parte del territorio, mentre l’Isis, in fuga dalla Siria, vi cerca un nuovo spazio per rifondare il suo califfato.

(redazione Centro F.Peirone)

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