Da tempo si alzano voci più o meno autorevoli sulla necessità da parte di Torino a collaborare con Milano. L’ultima , in ordine di tempo, quella del Presidente della Compagnia di San Paolo Francesco Profumo . Ma prima ancora vari politici , amministratori e personalità tra i quali il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino , in occasione della sciagurata gestione , da parte del Comune di Torino e del Sindaco di Torino Chiara Appendino, della candidatura olimpica. La questione è ritornata , come informazione da parte dei cronisti più attenti, durante il dibattito per il Referendum della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola ( VCO) sul passaggio della stessa dal Piemonte alla Lombardia. Ricordavano che il territorio del VCO divenne piemontese agli inizi del 1700 , prima era parte del Ducato di Milano come il Ticino ed altri territori. Lo confermano la parlata ed i modi così poco piemontesi , ma questa è un’altra storia. Tornando al tema sul “che fare?” , segnalo alcuni momenti del quasi sempre difficile rapporto con la vicina Milano che mi ricordano un po’ quelli dell’Italia con la vicina Francia. Anni ’60-’70-’80 , con le due città in salute che con Genova formavano il famoso “triangolo industriale”, un determinato Giovanni Agnelli , attraverso la Fiat e le sue finanziarie, acquisiva in vario modo tutti i simboli di Milano , l’Alfa Romeo, l’Innocenti-Autobianchi, il Corriere della Sera, la Rinascente , un’importante presenza nel “salotto buono” della finanza italiana e cioè Mediobanca . ” ricordo ancora bene cosa non diceva , irripetibile, l’avvocato Agnelli dei milanesi appena in auto attraversavamo il Ticino” cit. Inizi del terzo millennio , subito dopo le olimpiadi invernali del 2006 una vivace Torino , verso una mai così debole Milano , dà vita , per mancanza di risorse, ad una suicida collaborazione con Milano per Settembre Musica.
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Così uno dei “gioiellini” delle iniziative culturali torinesi diventa difatti milanese. Le cose continuano con la fusione tra Banca Commerciale, Cariplo e Istituto Bancario San Paolo di Torino, appunto di Torino, che diventando Intesa-San Paolo lascia a Torino un grattacielo ed , ancora per poco il Presidente della banca , mentre tutto il resto lo è già da allora. Nel frattempo Torino è sprofondata in un continuo ed inesorabile declino economico , industriale e di abitanti. Le olimpiadi da grande occasione sono diventate, insieme alle grandi opere, la zavorra di quattro miliardi di debito che ha , praticamente , affondato la città costringendola, risolvendo solo in minima parte il problema , a vendere e svendere quasi tutti i gioielli di famiglia. Milano intanto, ripresasi dalle difficoltà dei primi anni del secondo millennio , grazie anche all’Expo, ha preso slancio diventando una delle più dinamiche città europee con grandi trasformazioni . Vi invito a leggere l’intervista al Sindaco di Milano Giuseppe Sala su la Repubblica di venerdì 26 ottobre , pagina 17. La capitale lombarda , che non ha venduto le sue società , dalle stesse ricava oltre 400 milioni di euro di utili l’anno . Da un lato c’è un Sindaco, Sala, pragmatico e dinamico, dall’altra un Sindaco, Appendino, chiaramente inadeguata e imbarazzantemente prigioniera della sua scombinata maggioranza comunale. Tornando alla domanda di leninista memoria sul ” che fare? ” , penso che con Milano , pena la completa e totale emarginazione e subalternità , bisogna competere e battagliare. Torino è diventata grande ed è avanzata quando, con la città lombarda ha incrociato le spade e non quando ha ceduto parti o fatto accordi . Per fare questo, smentendo e ribaltando le due frasi classiche che rappresentano anche il modo di essere degli abitanti delle due città, la sabauda ” esageruma nen” e la meneghina ” ti esagera” , è indispensabile cambiare la guida della Città di Torino coinvolgendo imprese, professionisti e tutte le intelligenze , insomma tutta la città in un grande progetto di rilancio di Torino. Per farlo ci sono poco più di due a disposizione che saranno difficili e di sofferenza ma che devono servire a preparare l’operazione altrimenti la nostra città , Torino, diventerà un villaggio senza Asterix.
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