Il voto spartiacque del 4 marzo e’ stato ormai metabolizzato. Non discusso e approfondito dalla sinistra e dal Pd per ovvi motivi ma sufficientemente chiaro nelle sue conclusioni.
Tramonto dei partiti plurali da un lato – nello specifico l’esperienza politica e culturale del Partito democratico e di Forza Italia – e ritorno delle identità culturali dall’altro, rappresentano i due capisaldi essenziali del dopo voto. E’ persin naturale che di fronte ad un quadro del genere ridiventano centrali le culture politiche, seppur riviste e modernizzate rispetto al passato. Ma se la destra finalmente ha messo le sue carte in tavola, se la sinistra post ideologica sta per tornare in campo, se il populismo anti sistema si sta consolidando sempre di più, e’ del tutto naturale che anche la tradizione – storica e nobile – del cattolicesimo democratico, sociale e popolare italiano ridiventi protagonista nello scenario politico del nostro paese. Ora, al di là della forte consapevolezza nell’area cattolica italiana per un ritorno all’impegno politico diretto e militante, credo sia venuto anche il momento per sciogliere definitivamente un nodo. Tutto politico, al di là delle scadenze elettorali sempre dietro l’angolo nel nostro paese. E il nodo e’ rappresentato dalla necessità di ricomporre l’articolato e composito mosaico della galassia cattolico popolare e cattolico democratico disseminata in tutta la periferia italiana. Mi riferisco, nello specifico, alla necessità quasi imperativa di superare quella frammentazione e quella dispersione che sono all’origine dell’attuale irrilevanza e debolezza della presenza politica contemporanea dei cattolici italiani. Non mi riferisco a chi ha già scelto il Pd – un partito ormai sempre più virtuale e sempre più decadente – o si sente perennemente arruolato in Forza Italia o in altri partiti.
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Per costoro e’ giusto e legittimo proseguire quelle esperienze. Anche se ormai del tutto testimoniale
nonché politicamente improduttiva. Ora si tratta, quindi, di ricomporre tutte quelle esperienze – a
prescindere dalla loro provenienza – che non si sentono più rappresentate dagli attuali attori politici,
sia quelli tradizionali sia quelli più recenti, e che richiedono a gran voce la presenza di un nuovo
soggetto politico. Ovvero di un partito laico, popolare, riformista, di governo, democratico e anche
e soprattutto di ispirazione cristiana. Questi segmenti, mondi vitali, realtà associative, gruppi
culturali e di impegno politico hanno il dovere morale di riunirsi nel medesimo soggetto politico.
Rete Bianca, il movimento politico nazionale nato per aiutare e favorire questa “ricomposizione”
dell’area cattolico popolare può e deve svolgere al riguardo un ruolo decisivo per rafforzare e
consolidare questa presenza nella cittadella politica italiana. Il tempo ormai è scaduto, come si
suol dire. È perfettamente inutile pensare che il futuro si limiti ancora a giocare un ruolo puramente
testimoniale che rischia di diventare sempre più marginale e periferico rispetto alla concreta
evoluzione della politica italiana. Adesso è indispensabile, nonché utile, uno strumento politico unitario, culturalmente caratterizzato e politicamente organizzato per declinare un progetto che non può più essere rinviato. Non per il bene dei cattolici, ma per rafforzare la qualità della nostra democrazia, per ridare credibilita’ alle nostre istituzioni e, soprattutto, per un nuovo progetto politico che sappia perseguire realmente e autenticamente il “bene comune”. Senza arroganza e senza presunzione ma con la consapevolezza che questa cultura e questo progetto politico devono finalmente uscire allo scoperto per tornare laicamente protagonisti.
Giorgio Merlo
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