Ossessione e inferno migranti

Sulla questione migranti si scriveranno e diranno fiumi di inchiostro e di parole. Per cui lo faremo, per una volta anche noi. Ma senza una strategia e un senso comune di affrontare il problema non ne verremo fuori. Scappano dalla guerra e da situazioni disumane, ma quelli che arrivano, sono quelli che si possono permettere di pagare la tangente ai trafficanti. Un business enorme e senza rispetto di regole, di pietà e carità. Pietà e carità che si voleva solo dall’Italia e, ora, in parte, anche dagli altri Paesi. Così dei nuovi immigrati, sbarcati, a Pozzallo, dalla nave della Guardia di Finanza Monte Sperone e dal pattugliatore Protector di Frontex, l’Italia ne accoglierà 200 e gli altri 250 saranno suddivisi fra Spagna e Portogallo (50 migranti a testa), Francia e Malta 100. Comunque sia, il riparto non equo, ma è meglio di niente! L’altra mezza Europa (che aderisce a Visegread). Sui migranti si intensificano anche le accuse reciproche. Per il premier maltese Jospeh Muscat è scorretto usare Facebook o Twitter per gestire il problema dei migranti. D’accordo con il premier maltese, ma ormai il mondo va da quella parte, anche se non è un bene. Secondo il premier ceco Andrej Babis “un tale approccio per gestire i migranti è la strada per l’inferno”.A parte la carità e pietà, non è che 600 milioni di africani possano venire in Italia e in Europa. Il problema è da risolvere là, con meno guerre e accordo di tutte le nazioni (compresa la Cina) che fa affari d’oro in Africa. Intanto sulla pelle dei migranti si fanno giochi politici e campagna elettorale che in Italia non ha mai fine.Nel frattempo si riapre un altro caso Ong perché due imbarcazioni della spagnola Proactiva Open Arms sono nella zona Sar (Search and rescue) tra il nostro Paese e Libia che, attraverso i portavoce, dichiarano “navighiamo verso quel posto dove non ci sono clandestini o delinquenti, solo vite umane in pericolo”. Netta, da Mosca la risposta di Salvini “risparmino fatica perché in Italia non ci arrivano”. Praticamente una storia infinita.

Tommaso Lo Russo

 

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