Moro. L’inchiesta senza finale

A 40 anni dai fatti, la tuttora molto dibattuta vicenda del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro è cruciale per comprendere la storia del nostro Paese. Per chi cerca risposte e non si accontenta di sospetti né di inconcludenti elenchi di interrogativi in sospeso, il problema principale è quello di orientarsi


Un qualificato contributo in questo senso viene dal libro di Fabio Lavagno e Vladimiro Satta: l’uno, sola voce dissonante all’interno della Commissione parlamentare che ha svolto un’inchiesta sulla vicenda Moro dal 2014 a fine 2017, e l’altro ex-curatore della documentazione della Commissione Stragi e storico. Il volume fa il punto sullo stato attuale delle conoscenze, focalizzando l’attenzione sulle risultanze dei lavori più recenti, mettendole a confronto con quelle formatesi nel corso dei decenni e presentando al lettore, in appendice, documenti giudiziari e parlamentari che finora non avevano avuto il rilievo che avrebbero meritato. Inoltre, il libro offre una mini-rassegna stampa di commenti all’inchiesta parlamentare, in cui spicca una lettera aperta scritta dal giudice emerito Rosario Priore, per anni titolare delle inchieste della Procura di Roma sulla vicenda Moro.

Lavagno mostra come il finale, o meglio il “non finale” della recente inchiesta parlamentare fosse già stato segnato dall’impianto politico di cui la legge istitutiva era espressione e come la predilezione della Commissione per le narrazioni in stile ghost story abbia fatto perdere una preziosa occasione per chiudere un periodo drammatico che ha lasciato una profonda traccia nella memoria collettiva. Sottraendo le riflessioni al frastuono delle polemiche, procedendo con rigore ed equilibrio, i tempi sarebbero invece maturi, argomenta Lavagno, per liberare la memoria dai fantasmi, assolvendo così una funzione di umanità e di rilievo politico, oltre che storico. Satta affronta le principali questioni che, attraverso la relazione di dicembre 2017 della Commissione parlamentare, sono entrate e attualmente campeggiano nel dibattito pubblico sulla vicenda: le ricostruzioni giudiziarie, parlamentari e storiche del passato furono condizionate da negoziati tra istituzioni e Br per creare una verità di comodo? L’agguato del 16 marzo 1978 in via Fani poteva essere prevenuto grazie ad un messaggio arrivato dal Medio Oriente? Le Br fecero da sole o furono strumento di agenti stranieri? Cosa c’entrano un bar di via Fani e un appartamento di via dei Massimi? Quali leggende sono state demolite dalla Commissione d’inchiesta?

Il libro di Lavagno e Satta, dunque, si distingue nel vasto panorama dei volumi e dei programmi dedicati all’uccisione di Moro e degli agenti della sua scorta perché è il più aggiornato, perché si basa su evidenze dotate di ampi riscontri e non su impressioni soggettive o peggio ancora su fantasie, perché non lascia il lettore in alto mare e, al contrario, chiarisce il senso della vicenda: il massacro di via Fani ed il sequestro e omicidio di Moro non furono un episodio a sé stante, bensì l’apice della lotta armata che, con tragica coerenza, flagellò l’Italia per lunghi anni, prima, durante e dopo la primavera 1978.

 

 

EDUP 2018 – Pagine 296 – Euro 22,00

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