Dopo tanti entusiasmi doveva pure arrivare (ma non se ne sentiva il bisogno… ovviamente) una piccola battuta di arresto che ai più scettici, o meglio, a tutti coloro cui è sempre facile criticare perché probabilmente trovano gioia nel farlo, sembra dare loro la possibilità di dire che lo sapevano e che non poteva durare. Ma questi sono i personaggi classici del club “io tifo contro”, che da sempre non vivono per vincere ma per godere delle sconfitte altrui, ma come disse il poeta, …non mi curerò di loro e guarderò e passerò.
Parlando quindi della partita bisogna dire che la FIAT ha affrontato forse la più probabile candidata al titolo insieme a Milano investita da tutta la forza che poteva mettere in campo e oltretutto concentrata e oltremodo precisa al tiro. Torino è stata sorpresa da tale urto e dovrà tenerne conto per potersi livellare a queste “altezze”, dove la maglietta tirata, la spinta continua e la gomitata sospetta sono non solo tollerate ma addirittura esaltate sia dai giornalisti che dai tecnici. In questo alcuni giocatori quali Vander Blue appena inseritosi è sembrato spaesato, ma avremo bisogno anche di lui per proseguire nel cammino superpositivo di quest’anno e sarà necessario che tutti lavorino per giocare al meglio in queste condizioni. A proposito di numeri: il secondo tempo, inteso come terzo e quarto quarto, dove Venezia non ha comunque mai tirato indietro né gomiti né concentrazione, è stato vinto dalla FIAT per 55 – 46, a testimonianza che Torino è una macchina da canestri, gomiti o non gomiti, pur avendo non nella difesa il suo punto forte. Un secondo quarto sottotono ha fatto la differenza, e il resto è venuto da sé. Si salvano Trevor Mbakwe con una prestazione da libro Cuore, e Garrett, che pur se talvolta disfa ciò che ha creato da solo, ha giocate di puro genio tali da incantare la platea, e, se supportato adeguatamente non dovrebbe essere costretto a prendere sempre l’ultimo tiro a pochi secondi dalla fine dell’azione, ma questa volta il “supporting cast” non è stato all’altezza. Deron Washington ha inventato una delle più belle schiacciate volanti della stagione in collaborazione con Colo, ma purtroppo solo il cuore non basta per andare oltre. Il basket Torinese ha riconosciuto i meriti di questa squadra applaudendola in piedi a fine partita prima che il tempo scadesse, e questo è uno splendido segnale: forse la piazza di Torino comincia a salire di livello apprezzando anche il merito degli avversari e non dando solo colpe a chi non riesce a vincere, pur se le vittorie, anche brutte, danno sempre più piacere delle sconfitte. Tra i tifosi non c’era delusione ma rabbia “sana” se mai esistesse, cioè la consapevolezza che si può andare avanti, che si può andare oltre, ma bisogna fare ancora qualche passo per salire stabilmente nell’olimpo del basket che conta. Ma la “colpa” è della squadra: se ci abitua a vincere, perdere fa più male… e noi vorremmo essere sicuramente abituati fino alla noia estrema alla vittoria permanente, anche se bisogna passare “sopra” agli avversari e non subirli. Ma la squadra è giovane in tutti i sensi, come tempo di amalgama e come gestione dirigenziale, e il tempo è dalla sua parte. Sicuramente il lavoro da fare è ancora molto, ma sembra tutto essere pronto per essere svolto: allenatore e squadra remano insieme e un errore di valutazione dopo tanta “festa” non può essere altro che un segnale di sveglia, “una sana scoppola” per dirti …su! Rialzati e cammina… il percorso è ancora tanto lungo!
Paolo Michieletto
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