Basket, lo strano caso della FIAT Torino e Mr. Hyde

LE DIMISSIONI DI BANCHI – Avrei avuto altre cose da scrivere con diversi commenti entusiasti di Torino dopo l’ultima partita con Varese dove la Fiat Torino ha vinto con difficoltà ma con gran carattere un match non facile per aggressività sportiva degli avversari e doverosa stanchezza dei molteplici viaggi.

Ma, purtroppo, le notizie odierne delle dimissioni dell’allenatore della squadra Luca Banchi, da noi più volte identificato come uno degli artefici delle vittorie di quest’anno, ha sopravanzato necessariamente tale volontà descrittiva. Una diatriba in corso fin da inizio anno è sfociata in una disfatta per tutti i componenti in campo: allenatore, proprietà e soprattutto tifosi. Nessuno di noi è veramente in grado di comprendere nel dettaglio cosa sia successo, ma tutti avranno una loro opinione. Senza aver vissuto realmente i fatti nessuno, veramente nessuno può sapere la verità, che, come quando capita in un incidente automobilistico, di solito si sa che è sempre la propria. Posso solo esprimere due cose: la proprietà, nel bene e nel male, è quella che ci mette il rischio di impresa e Torino, senza la “follia” dei Forni vedrebbe probabilmente il basket non dal livello attuale, con i pro e i contro di ogni pensiero. Come si conduca una società è opinabile, che sia un fatto che con il loro arrivo sia coincisa la crescita del basket cittadino, no. L’allenatore, da sempre, nello sport è a rischio risultati e quando non è così, come nel nostro caso, può avere un ego e delle capacità molto alte tali da scontrarsi con personalità forti sia con giocatori che con dirigenza, ma a maggior titolo deve difendere con i fatti il proprio operato. Uno stipendio che raggiunge probabilmente cifre molto alte in tre anni a fronte di quello di gente tra gli spalti che spende del suo per seguire le trasferte e ci rimette anche un po’ di salute e famiglia, dovrebbe far riflettere su evidenti differenze tra lavoratore e “lavoratore”. La situazione in sé non è commentabile, la verità probabilmente è in caratteri forti da entrambi i lati e molta convinzione nei propri mezzi con poca gestione delle diplomazie necessarie per l’alto livello. Ma purtroppo è un male comune nel mondo dello sport, dove da sempre le proprietà litigano con gli allenatori e viceversa, salvo pochi periodi felici, e pensare di esserne immuni a Torino forse era un’utopia. Il mio pensiero va a tutti i tifosi che, come me, restano delusi da una passione, che come etimologia significa sofferenza, legata comunque a fattori umani. E il mio pensiero va proprio a coloro che vorrebbero con forza urlare la loro rabbia per quanto successo difendendo chi di loro non ha cura, avendo comunque abbandonato la “nave”, e “offendendo” chi fino a poco tempo prima era l’artefice dei loro sogni. Probabilmente la ragione c’è ed è giustificata, però il giorno dopo gli allenatori, pur rinunciando a stipendi milionari troveranno il loro posto di lavoro “nuovo” e avranno nuove bandiere a cui alzare i pugni al cielo, le proprietà potrebbero anche cambiare interessi ma vivere comunque serenamente, ma loro, i tifosi veri, forse, avranno segni indelebili su aspetti della propria vita quotidiana che potrebbero turbare la loro esistenza “normale”. La saggezza imporrebbe il “non ti curar di loro ma guarda e passa”, ma la rabbia è un istinto difficilmente controllabile. E la parte maestra di noi vorrebbe che il fuoco delle passioni venisse soggiogato dalla forza della ragione. In tutto questo che sta succedendo vediamo tanti che si agitano e sembrano non curarsi delle persone che per questo sport “soffrono”, si emozionano, sbattono per terra i telecomandi quando le cose non vanno bene, piangono a fine partita quando si vince, danno la mano con gioia ai giocatori a fine partita e tanto altro . Cari Tifosi, siate forti, gli uomini sbagliano, e forse apposta non lo fanno (o almeno facciamo finta di crederlo in questo caso), ma nel basket si dice da sempre “… se hai fatto un errore non farne due (se hai sbagliato un tiro non vuol dire che tu non debba tornare in difesa)”, e allora se la dirigenza e l’allenatore ciascuno a proprio modo ha sbagliato, non sbagliate anche voi rovinandovi inutilmente la vita per qualcuno che forse non sa nemmeno chi siate .

Paolo Michieletto

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