Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

Di Pier Franco Quaglieni

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A Torino  continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono

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I professori universitari, dopo quelli medi, da oggi al 30 giugno dovranno  seguire un corso obbligatorio sulla sicurezza.

Scrive Gabriella Bosco che insegna Letteratura francese a Torino :il corso insegnerà a non fare gesti azzardati,ad evitare i pericoli, a cosa fare se uno studente ci butta un libro in testa,se c’è corrente in aula o i fili sono scoperti…”. C’è nella Bosco un briciolo di ironica esagerazione,ma non più di tanto. I professori medi sono stati sottoposti a corsi sulla prevenzione degli incendi e sul pronto soccorso,forse anche sull’educazione sessuale degli allievi. E’ mai possibile che nessuno abbia il coraggio di dire  che a questi compiti sono incaricati i bidelli, oggi chiamati operatori scolastici o qualche altra simile diavoleria che li assimila a netturbini diventati operatori ecologici. E’ la scuola, per altro, della bollatrice anche ai professori, quasi la funzione docente si misurasse con i criteri, oggi non idonei ,neppure a valutare un impiegato d’ordine. Il professore deve pensare alla ricerca scientifica, all’insegnamento, agli esami (che spesso  trasformato l’università in un esamificio), a pubblicare lavori che diano un contributo all’avanzamento degli studi nel suo campo di indagine.Non è pensabile e non è accettabile pensare ad attività non di loro competenza ed  considerate anche obbligatorie.In ogni caso chi ha affrontato il ’68 da studente e il ’77 da professore è in grado di fronteggiare ogni situazione,ogni emergenza.Vi immaginate voi un Franco Venturi,storico di fama internazionale che sicuramente non era in grado di cambiare un lampadina a casa sua, allievo di un corso sulla sicurezza? Io ,che l’ho conosciuto bene, non  ci riesco.

 

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Laura Scaramozzino delicata scrittrice 

 

Paolo Coccorese nell’ampia recensione su “La stampa” ha definito l’ultimo successo  di 

Laura Scaramozzino”  “un libro di piccole avventure ispirate ad una storia vera” ed è proprio così.

“L’uomo che salvava le anatre e inseguiva il Big Bang” ,edito  da Sillabe di Sale, è un libro delicato,a metà strada tra la realtà e la fantasia,  ambientato a Torino,in modo particolare nel parco della Pellerina di cui il protagonista , Ludovico Marchisio, classe 1947,è il guardiano. Marchisio attende agli animali ,rivelando  un amore appassionato ,  sia quando salva un’anatra o un aspirante suicida nel laghetto del parco. La Pellerina è stato ed è  un luogo squallido, ritrovo di amori mercenari e di crudele sfruttamento della prostituzione. La Scaramozzino lo redime con la poesia del suo libro. Ho sempre avuto un’attrazione  per le anatre:da bambino, a Pasqua, mia zia mi regalava due piccoli anatroccoli. Li tenevo in campagna e li coccolavo.Da quel momento non ho più mangiato carne di volatili di qualsiasi genere. In campagna avevo un’oca che riconosceva la mia macchina e veniva al cancello a salutarmi. Avevo vent’anni, quell’oca mi colpì per la sua intelligenza e mi rivelò  l’errore  insito nei luoghi comuni.  Nel libro ho ritrovato me stesso e mi sono reso conto del perché non mangio  quelle carni.E’ un libro da leggere che non si può riassumere perché ogni pagina è imprevedibile.In questo sta il valore della giovane scrittrice che ci offrirà sicuramente altre prove convincenti  di sé,  senza rincorrere il successo mediatico che uccide la poesia. Ed è  grande titolo d’onore della scrittrice non essere passata sotto le forche caudine della torinese  Scuola Holden di Baricco.

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Silvio Fasano,un cuore torinese ad Alassio
Silvio Fasano è un torinese trapiantato ad Alassio, uno dei tanti torinesi che vivono nella perla del Ponente ligure.Mario Soldati definì la Città del Muretto,”il mare di Torino”.Silvio Fasano è un torinese doc,vissuto in San Salvario,scuola media  dai Salesiani al “S.Giovanni Evangelista e poi all”Avogadro”. E’ uno dei pochi veri giornalisti fotografi che si siano meritati la tessera dell’ordine dei giornalisti non in base ad una interpretazione estensiva della legge che fece diventare giornalisti anche gli stenografi. Possiede un archivio prezioso che documenta la vita di Alassio,Albenga,del Ponente in generale  che forse nessun altro possiede.E’ il frutto di decine d’anni di professione.

Con il suo inseparabile cane, il suo scooter,la scala su cui lui sale  per fare fotografie panoramiche all’antica maniera. E’ un uomo affabile,sincero,un professionista serio che non ha mai perso un evento importante o con la sue fotografie ha reso importante un banale fatto di ordinaria o straordinaria quotidianità. Fotografò ,ad esempio, un gabbiano mentre aggrediva un uomo sulla spiaggia di Ceriale. I suoi servizi fotografici  vengono pubblicati dai maggiori quotidiani nazionali. E’ lo zio del cantante Franco  Fasano che lo scorso anno ricevette l’”Alassino d’oro” e lo zio lo immortalò con la sua macchina fotografica. Una fotografia storica lo ritrae giovanissimo,già con la macchina fotografica in mano,  dopo la trasmissione “Campanile sera” ad Alba,insieme ad Enzo Tortora. Fasano è un torinese che tiene alto il nome di Torino in Liguria. 

 

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I terribili anni dal ’43 al ’45

 Venerdì scorso è stato ripresentato a Torino,a tre anni dall’uscita nel 2014, il bel libro di Nicola Adduci “Gli altri.Fascismo repubblicano e comunità nel torinese(1943-1945 ) presso la casa della resistenza di corso Umbria. E’ raro che un libro sia oggetto di una ripresentazione a distanza di anni,ma la motivazione addotta,quella di non dimenticare,è sicuramente condivisibile. Il libro ripercorre la storia del fascismo repubblicano  alleato e succubo dei tedeschi in una Torino piena di macerie dovute ai bombardamenti  anglo-americani. Mio padre  perse la casa in un bombardamento notturno e quel ricordo non lo abbandonò mai. Ne parlava come fosse capitato ieri. Al mattino dovette andare in banca e ripartire da capo. Interessarsi degli “altri” ,ovviamente con l’estraneità e l’ostilità dichiarata di Adduci, è un passo avanti nella ricostruzione storica. Lo storico si occupa anche dell’ultimo federale di Torino, Giuseppe Solaro,sul quale uscì un libro “ Giuseppe Solaro . Il fascista che morì due volte” pubblicato anch’esso nel 2014 ,opera di un giornalista lucchese, Fabrizio Vincenti ,che riabilita in parte  una delle figure più odiate di quegli anni terribili. Mi proposero di promuoverne la presentazione a Torino,ma non trovai nessuno disposto a farlo e non mi sentii di proseguire nella ricerca.E fu un atto di viltà. Ritengo infatti si debba scrivere e parlare senza inibizioni e senza steccati preventivi, ma a Torino  continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono. Solo Gianni Oliva con i suoi libri sulle foibe, sull’esodo, sulla Resistenza non mitizzata,sui Savoia e su Umberto II , è riuscito ad indicare una strada nuova che gli ha provocato anche forti ostilità . Il cammino è ancora lungo e difficile. Ovviamente senza facili intenti revisionistici,senza capovolgere i giudizi di merito che la storia ha ormai definito e che è impossibile cambiare.Ricordare a Milano la M.O. Carlo Borsani giustiziato dai partigiani ha suscitato aspre polemiche. Certamente Casa Pound  intende capovolgere la storia e strumentalizzarla per i suoi fini,ma Borsani fu uomo che merita il rispetto di tutti.

 

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Morzenti,  una vita “complessa, ma bellissima”

E’ morto Giovanni Morzenti ,ex presidente della Federazione Italiana Sport Invernali, Aveva 66  anni. Quasi nessuno ha parlato di lui; soprattutto i suoi amici che l’avevano  ormai dimenticato,hanno taciuto.Eppure alcuni gli dovevano molto.La sua è stata una vita sempre di corsa, tra successi e cadute. Lo sci a Limone Piemonte si identificava in lui che lanciò la  Riserva Bianca di Limone,facendo del paese un’attrazione sciistica di livello internazionale.In precedenza, era frequentato,  quasi solo d’estate ,soprattutto da molti liguri e cuneesi.C’era davanti alla parrocchia un solo un piccolo  e triste ristorante, con la vasca delle trote in bellavista, e quasi nulla di più.L’ ho conosciuto nel 1998 e trascorsi nella sua casa di Limone un Capodanno in cui avemmo modo di scambiarci gli auguri e anche qualche idea.Fu gentilissimo. Mi resi conto, in breve volgere di  tempo, che alcuni suoi amici non potevano essere i miei.L’unico dei suoi amici che fu anche mio amico finché visse, fu il senatore Giuseppe Fassino, un gentiluomo liberale di antico stampo.Lo rividi  per un premio che per qualche anno fece parlare di Limone. Lo consegnarono anche a Sergio Romano,presente il Generale dei Carabinieri Franco Romano. Fui io a parlare dell’ambasciatore a Mosca , dello storico e del  giornalista che allora era appena passato dalla “Stampa” al “Corriere”.Ha lasciato delle  parole che meritano di essere conosciute  e  che gli fanno molto onore :”Ho avuto una vita complessa ,ma bellissima.Ci sono tante persone che voglio ringraziare ed anche  altre che voglio perdonare.Non porto con me segreti ,ma solo speranze.Se potete,fate quello per cui ho sempre vissuto, fatelo meglio di me “.

 

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LETTERE   scrivere a quaglieni@gmail.com

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Ho visto citato in un suo articolo Carlo Delcroix, ho guardato su Internet e mi è sembrato un personaggio importante dimenticato . Cosa ne pensa?

                                                                                     
Luigi Fino
Ho conosciuto personalmente Carlo Delcroix, grande invalido della Grande Guerra, cieco e senza mani. Meriterebbe di essere approfondita la sua figura. Ricordo di averlo ascoltato quindicenne in piazza San Carlo e un’altra volta a Roma. Era un grandissimo oratore, forse il più grande che io abbia mai ascoltato.Era stato deputato e presidente degli Invalidi e Mutilati di Guerra. Sostenitore di Mussolini,non aderì alla RSI e nel dopoguerra fu eletto deputato tra le fila del PNM. Molti suoi libri  appaiono datati,ma i suoi discorsi restano. Su Internet ce n’è uno sul Duca d’Aosta che può offrire un esempio della sua eloquenza. In tempi in cui la politica si fa in televisione,certo appare distante il discorso in un teatro o in una piazza. Ma in passato esso ha giocato un ruolo importante.

PFQ

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