Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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“Nell’intera  faccenda MOI  il grande assente appare lo Stato.  Se io parcheggio in sosta vietata vengo subito multato… mille clandestini occupano da anni una struttura pubblica ,senza che gli organi comunali e statali abbiano il coraggio di intervenire”

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Emanuele Artom

La Comunità israelitica torinese ha ricordato il giovane partigiano Emanuele Artom, fatto prigioniero e ucciso dopo atroci sofferenze il 7 aprile 1944.Anche lui, appartenente ad una nota famiglia ebraica torinese, si era formato in quella fucina di libere intelligenze che fu il liceo d’Azeglio. Sul sito del liceo si tende a ricordare soprattutto quel periodo eroico con Augusto Monti. Ci furono allora anche altri bravissimi professori ,come ci sono stati anche dopo il 1945.Artom fu catturato dai fascisti in val Pellice . Era insieme al suo amico Ugo Sacerdote, futuro alto dirigente industriale. Ugo si salvo’ , Emanuele venne fatto prigioniero. Sacerdote, uomo difficile, ma anche sincero amico che venne a rendere omaggio a Martini Mauri a cui nulla lo accomunava, se non il partigianato , pur con fazzoletti diversi, sentiva forte il legame con l’amico .Fu lui a indurmi a scriverne anni fa. Emanuele era soprattutto un intellettuale libero che avrebbe occupato sicuramente un posto di rilievo nella cultura italiana e nell’Universita’ nel dopoguerra. Una grande intelligenza perduta, una figura eroica che ha ancora molto da insegnare ai giovani d’oggi.

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Il MOI e i torinesi 

La  situazione del MOI ( ex Mercati Ortofrutticoli all’Ingrosso)  è  da tempo  insostenibile e grottesca: oltre mille clandestini occupano  una struttura pubblica , devastandola e commettendo svariati reati. Appare di tutta  evidenza l’ incapacità dello Stato e del Comune di Torino di risolvere la vergognosa questione, malgrado l’impegno del nuovo Prefetto di Torino Renato Saccone. Il sindaco/a  forse appare non rendersi pienamente  conto del degrado di un’intera zona della città. La nuova giunta 5S cerca di affrontare il problema a parole …, affidandosi a Cooperative, non ben precisati mediatori ed addirittura ai centri sociali (in qualità di consulenti???) . Da ultimo, si è fatto vivo come mediatore anche l’arcivescovo Cesare Nosiglia che apparirebbe  come una sorta di deus ex machina. Nell’intera  faccenda il grande assente appare lo Stato.  Se io parcheggio in sosta vietata vengo subito multato…mille clandestini occupano da anni una struttura pubblica ,senza che gli organi comunali e statali abbiano il coraggio di intervenire.  Il cittadino, per non dire chi abita nella zona del MOI non è più in grado di capire.

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Biennale, costi e tagli

In tre giorni di incontri quanto costa, anche solo di pubblicità, la Biennale della democrazia? Una pubblicita’ invadente che neppure una grossa attività commerciale si può permettere, si sarebbe detto un tempo, di stile berlusconiano. È lecito in democrazia pretendere un bilancio pubblico di una serie enorme di eventi, una vera e propria indigestione di parole, quasi tutte a senso unico? C’e’ la necessità di questa kermesse torinese ? Io ho dei forti dubbi. Persino un liceo di periferia ,l’Einstein, ha inserito nel suo orario di lezione una scuola di democrazia, per non parlare della scuola di buona politica del prof. Bovero , pupillo di Bobbio. La democrazia, direi ,si impara praticandola, votando, partecipando alla vita politica, più che ascoltando i soliti maestri, non sempre ottimi, a voler essere gentili. Nel contempo, dal Comune giunge la notizia di un taglio del 30% alla cultura, di fronte a cui i grandi enti, Regio, Stabile, Egizio ,quasi non hanno fatto una piega. La giustificazione è quella già tirata fuori da Chiamparino quand’era sindaco: gli asili hanno la priorità. Gabriele Ferraris su “Torino7” denuncia la mistificazione pubblicitaria che si rivela piuttosto vecchia. La mia esperienza mi induce a pensare che i tagli avvengano soprattutto sui piccoli ad alcuni dei quali, dai tempi di Chiamparino, è negato qualsiasi contributo. Una delle prime cose da tagliare ,o almeno da ridurre, sarebbe proprio la Biennale dell’ovvietà ideologica che anche quest’anno si è rivelata assai poco democratica ed assolutamente illiberale.

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Valdo Fusi e i morti di Salo’

Il 6 novembre 1956 Valdo Fusi, eroico combattente scampato alla fucilazione al Martinetto dei primi di aprile 1944, scriveva in una lettera pubblica : ” Dove sono sepolti i combattenti di Salo’ ? Se non hanno sepoltura ,dovremmo essere noi resistenti a provvedervi. Se sul piano delle idee nessuna conciliazione sara’ mai possibile (…) tra uomo e uomo è necessaria la più illuminata apertura dell’animo (…) . Dobbiamo cancellare ogni traccia della guerra civile ,sul piano umano . ” Che lezione umana, cristiana e civile ! Grande Valdo! Dalla Liberazione erano passati solo 11 anni. Ci sono idioti che hanno persino negato l’esistenza di una guerra civile in Italia. C’e’ voluto il libro di un partigiano e funzionario dell’Archivio di Stato ,Claudio Pavone, per incominciare a farlo capire.

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LETTERE (inviare a quaglieni@gmail.com)

Ho letto della morte del filosofo Armando Plebe ,alessandrino che studio’ a Torino.Fu eletto anche senatore a Torino. Perché nessuno ne ha scritto? Anche lei nel coro?

Ettore Filippi

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Non ne ho scritto perché Plebe si rivelò uno studioso non particolarmente degno di attenzione, se non per certi suoi scritti su Aristotele e prima su Marx. In Sicilia, dove ha insegnato, i giornali lo hanno ricordato, ma obiettivamente le sue giravolte politiche sono state troppe e poco credibili. Da marxista divenne saragatiano e poi missino. Poi voleva entrare nei radicali e poi ancora tornò a sinistra. Il diritto a cambiare idea è sacrosanto , per un filosofo è poi quasi un dovere d’ufficio perché la ricerca non ha mai fine. Ma le scelte politiche, specie se eletti in Parlamento, sono altra cosa. E un briciolo di coerenza ci vuole. I torinesi che incautamente lo votarono come missino, si sentirono traditi. E fece bene Pannella a non accoglierlo nel Partito Radicale. Forse qualcosa di lui resterà. Il convegno promosso a Torino nei primi anni Settanta contro una certa egemonia culturale fu un atto di coraggio e io mi rammarico di averlo attaccato in quell’occasione in modo troppo aspro. Ma il resto delle sue scelte non hanno dato seguito ad una buona intenzione perché l’idea di Plebe non era animata dalla libertà , ma dal gusto di stupire, dopo essere stato per tanti anni un marxista assolutamente acritico.

pfq

 

 

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