Linea di confine, spigolature di vita e storie torinesi

“Il grillismo ecologico in salsa torinese e’ davvero poca cosa e i suoi ispiratori molto modesti. Lor signori ragionano con l’idea fissa di bloccare tutto,  baloccandosi con l’ideuzza della ” decrescita felice”

 

di Pier Franco Quaglieni *

TORINO A PIEDI 

Oggi domenica a piedi ,in marzo ,dopo due giorni di pioggia. Forme di demagogia  verde un po’ retro’?  L’educazione ecologica di un giorno che valore ha ? Forse stamattina, scrivendo, sono stato troppo severo e in qualche modo, sia pure inconsciamente ideologico, ma già la parola educazione, riferita ad un Comune , stride alle orecchie di un liberale, perché un Comune dovrebbe fornire soprattutto servizi, non essendo tra i suoi compiti quello di educare i cittadini. La domenica senz’auto è comunque  un’occasione per verificare  se le iniziative comunali di blocco, messe in atto in febbraio,  siano  state utili  a migliorare l’aria o ad illudere il popolino(si sarebbe detto un tempo) che la sindaca pensi e provveda alla salute dei suoi cittadini. Non c’è mai stata una parola sugli impianti di riscaldamento e sui mezzi pubblici che inquinano. Stiamo tornando a Chiamparino o addirittura all’assessore Hutter emigrato da tempo a Milano  ? Spero proprio di no! Le  sparate propagandistiche  bloccano sicuramente  la città senza dare effetti utili documentati ,come pare abbia messo in evidenza il blocco dei diesel. Il grillismo ecologico in salsa torinese e’ davvero poca cosa e i suoi ispiratori molto modesti. Lor signori sembrano prigionieri dell’idea fissa di bloccare tutto,  baloccandosi con l’ideuzza della ” decrescita felice” di una città che non si  rivelano purtroppo finora  in grado di amministrare,se non ricorrendo a metodi vecchi ed obsoleti. Questa favola di una Appendino brava rispetto ad una Raggi pessima, si sta ridimensionando,non tanto perché la Raggi migliori,ma perché la sindaca torinese rivela una squadra di assessori  carente ,al di là dei miti giornalistici che le hanno cucito addosso troppo in fretta. Certo Appendino è meglio di Raggi,ma ,di per sé ,non appare un grande complimento.

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IL MORALISMO GIACOBINO TORINESE
E’ uscito in libreria il libro di Salvatore Vullo “Gli ultimi frutti dell’estate”  edito da Nerosubianco. Un romanzo che parte dalla disastrosa alluvione del 1994 in Piemonte per poi delineare “le ombre cupe e grevi di Tangentopoli”. Il racconto si intreccia tra Piemonte e la natia Sicilia .  Al di là della vicenda,raccontata con stile incisivo e molto efficace, risulta interessante la ricostruzione delle vicende di “Tangentopoli” , il giacobinismo violento di parte della magistratura politicizzata che archiviò l’intera classe dirigente della I Repubblica, la migliore che ebbe questo Paese, per via giudiziaria. Due passi meritano ,tra i tanti significativi, di essere citati. Uno riguarda Torino : ”Questa città e i suoi centri di potere , così rigidamente sabaudi ,moralistici, giacobini ,hanno sempre mal tollerato le altre espressioni laiche, riformiste , liberalsocialiste “. Un altro passo rivela la tempra di scrittore vero di Salvatore Vullo, amico di Leonardo Sciascia e il suo spirito libero:” Nella società occorre permanentemente moltiplicare le idee per fare in modo che non ci possano essere guardiani sufficienti per controllarle”. Il libro di Vullo merita di essere letto.

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BONA ALTEROCCA GIORNALISTA AMICA DI PAVESE

Bona è stata una giornalista torinese  di orientamento cattolico-laico,nata a Brescia nel 1916 e morta a Torino 1989. Responsabile della terza pagina del “Popolo nuovo”,il  bel quotidiano di Gioachino Quarello,dal 1959 fino al pensionamento,ha lavorato alla “Stampa” negli anni eroici di Ferruccio Borio e di Gabriella Poli.Nel 1968 pubblicò “Il romanzo del giornalismo”,un testo oggi dimenticato che andrebbe riletto.  Fu amica di  Cesare Pavese:su di lui scrisse,edito dalla Sei, un libro di ricordi e testimonianze “Pavese dopo un quarto di secolo” uscito nel 1974. Un libro che fa vivere un Pavese molto diverso dalla “vulgata” di Davide Lajolo,scritto con il distacco necessario a chi voleva indagare lo scrittore piemontese,senza cadere nella retorica ,spesso,della non-retorica.   Emblematico un giudizio di Pavese,citato da Alterocca, sulle poesie di  Edoardo Sanguineti,celebrato intellettuale dell’avanguardia e della sinistra marxista :”Questa non è poesia,e nemmeno stile:sono giochi di prestigio”. Ho conosciuto Sanguineti all’Università e mi parlò di lui con parole molto sanguigne Carol Rama,la pittrice che ebbe con lui una storia sentimentale. In effetti Sanguineti era contorto,  come aveva intravisto Pavese. Bona Alterocca per tanti anni fece la cronista de “La stampa” presso il Consiglio comunale di Torino,sempre presente in tribuna stampa. Ogni  tanto arrivava il fattorino della “Stampa” a ritirare le sue cronache  sempre precise,obiettive,senza retroscena.La conobbi in Consiglio Comunale nel 1970 e nacque subito un’amicizia sincera,destinata a rimanere negli anni. Era rispettata da tutti i  consiglieri di ogni parte politica per questa sua capacità di essere imparziale. Viveva con la sorella Letizia,professoressa di lettere alle scuole medie statali. Con lei feci un dibattito ,quando abolirono il Latino in modo definitivo dalla scuola media.C’era anche Italo Lana. Le nostre parole,ovviamente,caddero nel vuoto.E il Latino,ma successivamente  anche l’Italiano,scomparvero dalla scuola.

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 IL POLO UNICO DEL ‘900 ?
Il bando per la nomina del Direttore del Polo del ‘900 è passato quasi inosservato.
C’ è stato chi mi ha esortato a presentare la mia candidatura,ma io non ci ho mai pensato neppure un attimo perché ,così come è ,il Polo non mi piace. L’ho scritto in più occasioni e ribadisco le critiche. E’ un polo a senso unico,se si eccettua la Fondazione “Donat Cattin”;la cultura liberale piemontese è stata esclusa aprioristicamente.La nomina del direttore rivela,leggendo con attenzione il bando, una vocazione ulteriormente  volta a coordinare gli stessi ospitati.Alla fine verrà fuori un leviatano in cui gli stessi enti che compongono il Polo non saranno più dei soggetti pienamente autonomi. Per altri versi,ci sono anomalie da sanare come la doppia sede del centro Gobetti e dell’Unione culturale Antonicelli che trovano ospitalità nei palazzi juvarriani del Polo e mantengono le loro sedi originarie. Andrebbe anche fatta chiarezza sui finanziamenti che gli enti ospitati ricevono dalle diverse amministrazioni,a prescindere dal fatto di aver ottenuto  a titolo gratuito  i locali del Polo.  Tra le funzioni  del futuro direttore  c’è anche il fundraising  che, tradotto, significa il reperimento di fondi,facendo così terra bruciata ad ogni altra realtà non riconducibile al Polo medesimo. E questo forse è il tasto più dolente. Ma forse occorre davvero  un direttore scelto attraverso un bando per chiarire cosa sia o debba essere il Polo ,al di là dei primi passi. Anche dal nome della persona scelta  si avrà chiaro l’indirizzo che vogliono imprimere. Le voci sui candidati che circolano e che ovviamente sono banali pettegolezzi, non portano a “star sereni”. Imbarazzante appare la posizione del Comune di Torino con amministrazione grillina che si trova ad appoggiare ,senza aprire bocca, un pezzo emblematico del “Sistema Torino” ,tanto aborrito prima delle elezioni

*Direttore del Centro Pannunzio

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LETTERE

(Le lettere vanno indirizzate a quaglieni@gmail.com)
Lei ha scritto di ristoranti,di pasticcerie,di  locali storici della città. Perché non parlare  anche dei caffè? Anch’essi sono in crisi d’identità.
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La storia dei caffè torinesi mi sembra una pagina conclusa da tempo. Erano luoghi di ritrovo anche intellettuale e di promozione culturale. Restano i nomi :il caffè San Carlo , il Fiorio,ilTorino,il Platti. Vi andavano personalità importanti da Tomasi di Lampedusa a Giovanni Arpino.Esistono bei ricordi del passato,ma è cambiato il modo di vivere e la frequentazione dei caffè è legata alla fretta quotidiana. Anche a Roma il Rosati,il Greco hanno perso le caratteristiche di un tempo. Lo stesso Florian di Venezia è cosa molto diversa da com’era anche solo 30 anni fa. Oggi ci vanno soprattutto i turisti. Massimo Segre ,proprietario del Caffè San Carlo negli anni 80,cercò di rilanciare l’idea di caffè come punto di incontro culturale.Fu una generoso progetto che gli costò molti soldi e gli diede magre soddisfazioni. Accontentiamoci di bere ,alla svelta, un buon caffè,senza pretendere molto di più.Io debbo accontentarmi di quello all’orzo…Un disastro.  
pfq
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