Ma Nadia Conticelli, consigliera regionale del Pd e presidente della Circoscrizione, non ci sta e risponde via Facebook al leader del Carroccio: “La lotta alla violenza è lotta per la sicurezza. Di tutti”

Ai tempi del social network anche le panchine – se sono rosse – diventano un caso. Stiamo parlando delle panchine dipinte di rosso ideate a Torino come simbolo della battaglia contro la violenza alle donne. Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha dato ragione ai suoi consiglieri leghisti della Circoscrizione 6. che hanno votato contro il progetto di ridipingere altre dieci panchine. “Bene, è solo una presa in giro: su quelle panchine si siedono i papponi”, ha detto alla Stampa. Ma Nadia Conticelli, consigliera regionale del Pd e presidente della Circoscrizione, non ci sta e gli risponde via Facebook: “La lotta alla violenza è lotta per la sicurezza. Di tutti”, e si fa fotografare seduta su una delle panchine con il cartello “io non sono un pappone”. A dimostrare che a sedersi non sono (almeno, non solo) i papponi ma anche., aggiunge la consigliera “studenti, insegnanti, operai, ingegneri, pensionati, designer, badanti. Noi insomma che siamo Torino”. Nel dibattito su Fb entra anche il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Mauro Laus, referente per le Pari Opportunità della Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali: “Salvini conferma la sua pochezza culturale e decide al posto delle donne. Invece io decido con le donne”. Laus aggiunge che è disposto a sostenere il progetto della Commissione Pari Opportunità piemontese di ampliare su scala regionale e nazionale la campagna di sensibilizzazione delle panchine rosse.
(foto: www.comune.torino.it)
La squadra ora è in vantaggio di 6 punti sul Napoli
Un convegno che si svolge, in due tempi, lunedì e martedì 4 e 5 aprile






sarà presentato venerdì 8 aprile, alle18.00, nella Sala Musica del Circolo dei Lettori di Torino, al numero 9 di via Bogino. A discuterne con l’autore ci saranno Donatella Sasso, storica dell’Istituto Salvemini e Cesare Panizza, dell’Isral, l’istituto per la Storia della Resistenza di Alessandria .Una storia in larga parte dimenticata o volutamente nascosta da parte italiana per celare il passato fascista e la rovinosa ritirata dopo l’8 settembre 1943, per non inficiare i rapporti internazionali del nuovo ordine geopolitico postbellico, ma anche per semplice quanto banale inerzia amministrativa e politica. Nei primi anni ’90, dopo il crollo del regime di Enver Hoxha, decine di migliaia di profughi
provenienti dall’Albania sbarcarono sulle coste pugliesi in cerca di un futuro migliore, solo in pochi si accorsero che tra di loro vi erano anche numerosi cittadini italiani abbandonati al di là dell’Adriatico alla fine della Seconda guerra mondiale. Risucchiati nell’oblio della storia e lasciati al loro destino in un Paese che presto si sarebbe chiuso ermeticamente al mondo, essi erano ciò che restava della sconsiderata politica imperiale mussoliniana e il tragico prodotto della Guerra Fredda. La loro drammatica vicenda è rimasta sconosciuta per tutto il periodo del regime totalitario e solo negli ultimi anni, grazie all’impegno degli stessi rimpatriati, è potuta venire alla luce in tutta la sua assurdità. Attraverso la storia del tormentato rapporto tra l’Italia e l’Albania nel corso del XX secolo, il volume di Bonapace intende ricostruire le loro vicende umane, restituendo ai protagonisti la parola, grazie a lunghi e intensi incontri tenutisi in Italia e in Albania, così come recuperando le memorie personali da loro trascritte nel timore che potessero svanire per sempre, e quindi risarcire, almeno in parte, il debito contratto dal nostro e loro paese per quelle mancanze politiche e morali che sono costate la vita a tante persone dimenticate al di là del mare.
viticole europee, ha lanciato la proposta in occasione della presentazione delle nuove etichette di ‘Piemonte Barbera, tradizione che si rinnova’, il progetto della Cia di Asti, della cantina di Vinchio e del Consorzio della Barbera all’Enoteca regionale di Nizza Monferrato.