Un progetto di innovazione amministrativa, basato sul pensiero olivettiano e che, recentemente, sembra avere trovato una certa sponda nella Città Metropolitana di Torino, non soltanto nell’area del Chivassese (dove i comuni di Chivasso e Castagneto Po hanno iniziato un processo di fusione con incorporazione) ma anche nell’Eporediese
Ci sono degli spiragli concreti per arrivare ad un comune unico del Chivassese ? E l’interrogativo che il recente convegno che si è svolto alla Biblioteca MoviMente di Chivasso, a cura dell’associazione culturale Identità Comune che da qualche anno sta portando avanti un progetto di innovazione amministrativa, basato sul pensiero olivettiano e che, recentemente, sembra avere trovato una certa sponda nella Città Metropolitana di Torino, non soltanto nell’area del Chivassese (dove i comuni di Chivasso e Castagneto Po hanno iniziato un processo di fusione con incorporazione) ma anche nell’Eporediese. Il presidente Carlo Fontana ha affermato, senza mezzi termini come è sua abitudine, che “I nostri comuni saranno presto un’istituzione soltanto formale, senza più competenze, la comunità sarà in balia di decisioni prese a livello sempre più alto dove non solo località come Chivasso, Caluso e Lauriano, ma tutto il Chivassese, conterà meno di un isolato di Torino”. L’obiettivo dell’associazione, ha spiegato Fontana è quello di “Comuni in salute e forti come possono esserlo solo se di dimensioni adeguate all’orizzonte della comunità attuale”. Opinione che si riscontra anche nelle parole di Sergio Conti, presidente della Società Geografica Italiana per cui “è indispensabile passare dagli attuali 16mila enti amministrativi a poche centinaia e ridurre i livelli amministrativi territoriali a due, Regioni e Comuni”. Da Vienna dove vive e lavora, è intervenuto in videoconferenza, Tomas Carini, autore del libro “Democrazia a Km0” che contiene l’analisi condotta dall’associazione. “Prendendo il Chivassese come esempio delle comunità territoriali italiane, soltanto un comune unico per il Chivassese che si rapporti con la Città
 Metropolitana e soprattutto la Regione, senza enti intermedi, può creare un’alleanza tra Chivasso ed i comuni dell’area omogenea, garantendo che le decisioni vengano prese sul territorio con un solo sindaco e nove assessori”. A raccogliere questa sfida sono stati i sindaci di Chivasso, Libero Ciuffreda e di Castagneto Po, Giorgio Bertotto che hanno presentato l’iniziativa in corso tra i due rispettivi comuni per arrivare ad una prima semplificazione. Sui benefici delle fusioni, invece, si è soffermato Luca Beccaria, esperto in diritto amministrativo, mentre nel dibattito è intervenuto a sostegno delle fusioni, Aldo Gandolfi per l’associazione Ami una Città che persegue la fusione in un unico comune dell’area omogenea dell’Eporediese. Si sono invece schierati nettamente contro l’idea di fusione i primi cittadini di Rivalba, Davide Rosso, e di Cavagnolo, Mario Corsato, che hanno elogiato l’economicità e la bontà delle loro amministrazioni, intravvedendo la causa del declino del Chivassese nella mancanza di investimenti e di soluzioni ai problemi del territorio, unitamente alla mancanza di un’azione incisiva collettiva da parte dei Comuni e soprattutto degli enti superiori. “Proprio questo – ha concluso Fontana – dimostra che, quando i Comuni sono troppi e troppo piccoli, è difficile anche solo riunirsi attorno ad un tavolo, figurarsi prendere degli impegni e realizzarli”.
Massimo Iaretti
 
 
                    
Lo sconto è dedicato  alle donne che viaggiano da sole o in compagnia di altre donne
La popolazione del Burkina Faso, hanno testimoniato i cooperanti, ha voglia di democrazia, ma deve confrontarsi quotidianamente con il terrorismo che mira alla destabilizzazione e all’indottrinamento


 tratta di un percorso storico attraverso il jazz e la canzone francese tra Francia e Italia, riguardanti un arco temporale compreso tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Sessanta. Django ne sarà il centro, ma non mancherà il riferimento al secondo conflitto mondiale, come quello presente nel film intitolato “Le bal”, che presenta una declinazione muiscale che va dal jazz allo swing. I temi dei testi sono lo scorrere del tempo, gli amori perduti, la speranza e la nostalgia. A suonare il violinista Laurent Zeller, accompagnato dal duo Musettes, e dai testi letti dall’attrice Giorgia Cerrutti. Il primo sarà “Le Pont Mirabeau” di Apollinaire, anticipatore del simbolismo; il secondo è quello di Aragon intitolato ” Tu n’en reviendras pas”; il terzo, sempre di Aragon, si intitola ” L’Affiche Rouge” . In conclusione due testi di Fred Buscaglione, di swing, intitolati ” Ogni notte così ” e “Troviamoci domani a Portofino”.
Con la riapertura del Jazz Club, a sette anni dalla sua fondazione, Torino, che anche quest’anno ospiterà il Torino Jazz Festival a fine aprile, si riconferma capitale del jazz a livello nazionale e non solo. Se certamente i primi musicisti jazz operarono a Milano, dove Mirador portò la prima batteria nel 1918, e a Roma, al seguito dell’esercito americano di stanza durante la prima guerra mondiale, sicuramente, però, è Torino a vantare il primato del primo hot club italiano, progenitore degli attuali jazz club, nato nel 1933. Con il rinnovato Jazz Club, Torino avrà un’attrazione in più da offrire ai turisti e agli appassionati di una musica che è un inno alla vita, capace di esprimere emozioni inspiegabili, a proposito delle quali Louis Armstrong amava dire “Se hai bisogno di chiedere cos’è il jazz, non lo saprai mai”.

Nazionale d’Arte Drammatica e aveva debuttato in teatro con La cena delle beffe nella compagnia di Annibale Ninchi, immediatamente dopo la guerra. Poi una lunga gavetta, tanti titoli e tanti personaggi, sino ad approdare allo Stabile di Torino, prima con Gianfranco De Bosio, con i testi (riscoperti) ruzantiani dell’Anconitana e dei Dialoghi, e con Enriquez poi, passando da Shakespeare alla Locandiera goldoniana agli autori contemporanei come il Wesker di Radici. Tra i registi che l’hanno diretta ricorderemo almeno ancora Luchino Visconti, Vittorio De Sica (“Liolà”), Luigi Squarzina, il sodalizio con Nuti e Maurizio Scaparro per il Teatro Popolare di Roma (“La vendetta della vecchia signora” di Dürrenmatt diretto da Pino Micol), come per il cinema s’affidò a Monicelli, Comencini, Pupi Avati, Ettore Scola, Lizzani, ad Alberto Bevilacqua per Attenti al buffone. Giorgio Strehler la chiamò al Piccolo di Milano per l’opera da tre soldi e per tre intere stagioni fu la signora Peachum, condivise con Sandro Massimini, Elio Pandolfi e Aurora Banfi l’amore per l’operetta, dalla Principessa della Czarda al Paese dei campanelli, fu insignita di premi prestigiosi come il San Genesio (per la Venexiana) o gli Idi annuali a Saint Vincent, incrociò la strada di Giovanni Testori che per lei scrisse l’applauditissimo e richiestissimo Erodiade, rappresentato anche all’estero, mise su pagina i suoi ricordi di vita e di arte in A piedi nudi nel teatro parafrasando con allegria Neil Simon. Sul finire del secolo scorso trovò nuove amicizie ed una casa a Torino. Germana Erba e Gian Mesturino la considerarono come la colonna di Torino Spettacoli.
Dalle ore 21, avrà luogo una visita guidata alla scoperta delle meravigliose opere
Aperto in uno dei quartieri più “difficili” della città, multietnico e “simbolo delle trasformazioni e della rinascita del capoluogo piemontese”