Il Museo Lombroso da luogo di cultura a campo di battaglia

lombroso logoDa oltre un mese sostenitori e detrattori del polo, si stanno sfidano a colpi di firme sul portale Change.org, dando vita a una vera e propria guerra di petizioni, avente come focus della questione la chiusura o meno del Museo dedicato all’ antropologo-criminologo più famoso di sempre

 

Nonostante il trascorrere dei giorni, la polemica che ormai da mesi si sta sviluppando intorno al museo di Antropologia criminale di Torino sembra non volersi proprio arrestare. Può un museo, luogo di cultura e di conoscenza, trasformarsi, anche se virtualmente, in un vero e proprio campo di battaglia? Ebbene sì, perché questo è proprio quello che sta succedendo ormai da tempo al Museo Cesare Lombroso. Da oltre un mese sostenitori e detrattori del polo, si stanno sfidano a colpi di firme sul portale Change.org, dando vita a una vera e propria guerra di petizioni, avente come focus della questione la chiusura o meno del Museo dedicato all’ antropologo-criminologo più famoso di sempre. Il Museo di Antropologia criminale dell’Università di Torino, riallestito e aperto al pubblico nel 2009, presenta la figura di Lombroso tramite una lettura bifocale della sua attività scientifica: viene sì rappresentata l’importanza del percorso dello scienziato nella storia della ricerca medica e della criminologia, ma viene anche messo l’accento sugli errori di metodo e di interpretazione utilizzati dallo stesso, soprattutto per quanto riguarda la sua teoria dell’atavismo criminale.museo lombroso 23

 

 

Ideatore e promotore della petizione “Chiudiamo il Museo Lombroso” è Domenico Iannantuoni, ingegnere pugliese conosciuto per aver fondato nel 2010 il “Comitato No Lombroso” e nel 2004 l’Associazione “Per il Sud” diventata poi in seguito un partito politico.Il Comitato No Lombroso, che porta avanti la sua battaglia contro il museo dal 2010 – ricordiamo che il Comune calabrese di Motta Santa Lucia insieme al Comitato hanno indetto una causa per ottenere la restituzione delle spoglie del famoso brigante Giuseppe Villella- con l’ultima petizione ha raccolto più di 10mila firme, accaparrandosi consensi un po’ in tutta Italia, soprattutto tra le file dei Neoborbonici. Additato come “fossa comune dei briganti” o peggio ancora come “museo razzista”, il polo di lombroso teschioAntropologia criminale viene più che altro attaccato a causa della collezione anatomica esposta (all’interno della collezione sono presenti i resti di alcuni briganti, tra cui appunto Villella) e a causa delle teorie sostenute all’epoca da Lombroso, considerate da Iannantuoni e dai suoi seguaci offensive e discriminatorie per le persone originarie dell’Italia centro-meridionale. Fino ad oggi i rappresentanti del museo (tra cui il direttore scientifico Silvano Montaldo e la responsabile dell’archivio storico, Cristina Cilli) non si erano ancora esposti pubblicamente, preferendo semplicemente difendersi dalle accuse e continuando il più tranquillamente possibile il proprio lavoro. È stato il polverone suscitato dalla grafica torinese Chiara Ascheri e dalla sua raccolta firme per tenere aperte le porte del Museo (ad oggi la contro-petizione conta circa 7mila adesioni), a far sì che anche i rappresentanti del polo di antropologia criminale esponessero pubblicamente la propria posizione, diffondendo e aderendo anche loro alla petizione dell’Ascheri.

 

Da quando nel 2009 il Museo Cesare Lombroso ha aperto le porte a studenti, visitatori e turisti, i suoi rappresentanti ed il museo stesso, sono stati oggetto di polemiche e di accuse da parte del Comitato “No Lombroso” e del suo maggiore esponente : oltre alla causa ancora in corso per lombroso museo 1la “restituzione” dei resti di Villella (l’udienza è prevista per il 5 aprile 2016), qualche tempo fa il direttore scientifico Silvano Montaldo è stato addirittura denunciato con l’accusa di vilipendio di cadavere.Insomma una situazione ben poco piacevole che però,nonostante i grossi disagi creati allo “staff”, sembra non aver danneggiato la credibilità del Museo e di conseguenza la sua affluenza di visitatori, continuando a far mantenere una media annua (solo del Museo Lombroso escluso il museo di Anatomia) di circa 35mila persone tra turisti e torinesi.

 

Di questa situazione si sono occupati anche l’ICOM Italia (International Council of Museums) e il Comitato per l’Etica di ICOM, che dopo essere stati interpellati dal Comitato “No Lombroso” si sono espressi a favore del Museo dichiarando quanto segue: “Il nuovo allestimento vuole fornire al lombrosovisitatore gli strumenti concettuali per comprendere come e perché questo personaggio così controverso formulò la teoria dell’atavismo criminale e quali furono gli errori di metodo scientifico che lo portarono a fondare una scienza poi risultata errata[…] Il Museo torinese che, con attenzione, con rispetto e con la pietas dovuta ad ogni individuo, ne conserva il cranio, ha inserito nella sua mission << l’impegno di negare la teoria dell’atavismo criminale e di mettere in evidenza gli errori di metodo che portarono Lombroso a fondare una scienza poi risultata errata>>. E aggiungono : “La restituzione dei resti, operazione per altro non consentita dall’attuale Codice dei Beni Culturali, disperderebbe del tutto una memoria, certamente dolorosa, che fa parte della travagliata storia del nostro paese”. Le dichiarazioni del Consiglio Direttivo dell’ICOM Italia, sembrerebbero lasciar intendere che le porte del Museo Lombroso possano e anzi debbano continuare a restare aperte, ma Iannantuoni e i suoi sostenitori hanno già fatto sapere che non si daranno per vinti e che continueranno la loro battaglia.

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Sinceramente ci viene da dire che far chiudere un Museo che rappresenta e racconta una parte della storia del nostro Paese e non solo (le teorie di Lombroso sono conosciute in tutto il mondo) sia pressoché assurdo. Cesare Lombroso era figlio del suo tempo e così anche le sue teorie ed il suo metodo scientifico. Se si dovesse fare un processo a posteriori a tutti quei filosofi, scienziati, medici che nel corso della loro vita hanno in qualche modo leso la dignità del prossimo, probabilmente tantissimi nomi illustri e conosciuti sparirebbero dai nostri libri di storia. Lasciamo al Museo di Antropologia criminale dell’Università di Torino il suo ruolo di “museo”. Razzismo e discriminazione si possono e si devono necessariamente combattere; accanirsi contro un esponente del Positivismo e contro le sue teorie superate e smentite non rappresenta sicuramente il modo migliore per contrastare questi tristi fenomeni.

 

Simona Pili Stella

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