Petrowskaya, Lackberg e Larsson: le nostre domande lampo a tre big di Librolandia

SALONE 215A colloquio con alcuni grandi protagonisti  del Salone del Libro

 

La 28° edizione della kermesse  che per 5 giorni ha trasformato il Lingotto di Torino nella libreria  italiana  più grande  del mondo,  si  chiude con  un successo che era annunciato e prevedibile. Folla oceanica, infinite  proposte editoriali, un palinsesto  di appuntamenti  con gli  scrittori che avrebbe richiesto il grande dono dell’ubiquità. Anche correndo come leprotti assetati  di cultura, ogni anno aumentano gli incontri ed è umanamente impossibile fare tutto. Noi abbiamo  scelto tre autori che ci hanno incantati  e ci hanno raccontato della loro vita, pensieri e opere.

 

Katia Petrowskaya:  giornalista ucraina con radici ebraiche, ha fatto  subito centro con il  libro di esordio “Forse Esther” (Adelphi) in cui  ricostruisce le vite spezzate di  alcuni membri della sua ramificata famiglia, dispersa tra Polonia, Russia e Germania e travolta dalla seconda guerra  mondiale. L’abbiamo incontrata nel padiglione del paese ospite,  la Germania,  splendidamente orchestrato  dall’efficientissimo Goethe Institut .E’ dolcissima,  quasi timida, viso acqua  e sapone, grande semplicità e uno sguardo intenso  che accompagna le parole con cui  ci spiega:

«Alcune delle storie  che narro fanno  parte della mia vita, quasi leggende che mi sono  state  raccontate fin da quando  ero piccola. Ho sentito il bisogno di rintracciare e ripercorrere quelle vite; così ho fatto  alcune ricerche ed  attraversato l’Europa per ricostruire destini di cui  si era persa memoria. Non  ho inventato nulla, semplicemente ho lasciato  che le mie  percezioni  mi  guidassero. Forse è per questo che non mi vedo come  una scrittrice».

 

-Cosa pensa di Google che ha usato moltissimo?

«E’ stato importantissimo perché mi  ha permesso di  ritrovare e ricostruire vite e personaggi  di  cui  sapevo poco. Ma  è anche  un  mezzo inquietante: basta digitare una  parola come Auschwitz e ci  si può avventurare in una passeggiata virtuale  nel  lager».

 

-Quanto è stato  doloroso?

«Non ho una gerarchia del dolore ma, certo, è stato  difficile. Ed allo stesso tempo, molto importante:    ricostruire gli orrori  del XX secolo  che hanno travolto la mia famiglia, mi ha permesso  di rielaborare  e, in parte,  alleggerire la sofferenza. Il libro  è un tentativo  di comprendere quanto,  restando  sani, si riesca a sopportare del passato. Il discorso vale anche  per gli orrori di cui ci parla la cronaca, come le guerre e  le tragedie dei profughi ».

 

Perché a 30 anni ha deciso  di  trasferirsi proprio a Berlino, imparando anche la nuova lingua con cui scrive?

“Prima la mia vita era passata da Kiev, Mosca, S.Pietroburgo, New  York  e Amsterdam. A Berlino  non  ho  solo  incontrato l’amore,  ma anche scoperto una città  che è tra le  più pacifiche e  pacifiste d’Europa e  in cui la  tolleranza è all’ordine del  giorno. Direi  che li si è realizzato il  sogno e l’utopia: è possibile superare  il passato»

 

Per lei quali sono le meraviglie d’Italia?

«La Russia è uno dei paesi  in cui il mito  del vostro paese è più forte, anche grazie alla letteratura: da Puškin a Gogol’, ma anche Brodskij e i poeti di inizio 900. Noi  abbiamo una nostra Italia ed ecco  che  il  confronto di  questi  giorni diventa ancora più importante ed  interessante».

Consiglio  di lettura– tra  i personaggi memorabili, oltre alla bisnonna del titolo, c’è la consanguinea Mira.  L’autrice è riuscita a rintracciarla ed ha  ricostruito la via crucis alla quale è sopravvissuta, e le cui  tappe sono state: il ghetto, 5 lager, 10 giorni  di marcia della morte, a  30° sotto zero e senza cibo.

 

 

Camilla Läckberg: è la regina  incontrastata del  giallo  svedese (tradotta in 55 paesi, 15 milioni  di  copie  vendute) con  le sue  trame ambientate sempre nel natio 

LACKBERG

 

borgo  di pescatori  Fjällabacka (apparentemente  idilliaco, ma  poi ne  capitano  di  tutti   i colori) e la coppia super vincente di Erica  Falk  con il  marito ispettore Patrick Hedström. Diciamo  subito  che la Läckberg  è  ancora  più  bella di  quanto suggeriscono  le  sue foto in  circolazione. Fisico perfetto (pensare che  ha 3  figli di  13, 11 e 6 anni),  incredibili, immensi occhi  blu che ti  spalanca davanti, accompagnandoli  con un sorriso splendente come  il sole di mezzanotte delle sue parti. L’ultimo successo è “Il segreto degli angeli” (Marsilio) storia che  inizia con un cold case. A inizio  anni  70, sull’isola di Valö (al  largo di Fjällabacka) il giorno di Pasqua, una famiglia scompare nel  nulla; restano solo la tavola  imbandita e  la piccola Ebba di un  anno. Delitto o  scomparsa volontaria? Anni  dopo quella bambina ritorna,  col marito, il  dolore  per  la morte del figlio da superare  ed il progetto  di  riprendere i fili  della sua esistenza proprio in  quella casa. E non sa che  l’orrore  è in  agguato. I libri  della Läckberg sono garanzia di  successo  anche sugli  schermi,  con un  film ispirato  al  suo  5° giallo “Il bambino segreto” e due serie tv,  di cui una su Laeffe. «Ci sono state due stagio

ni di fiction per la tv: alla prima non ho collaborato, ma solo venduto  i diritti  e, dal momento  che sono piuttosto ossessionata dal  controllo, il fatto di  non poter intervenire mi ha creato una certa ansia. Con  la seconda è andata decisamente meglio perché l’ho  co-prodotta e revisionavo ed approvavo le  bozze della sceneggiatura. Le fiction si discostano un po’ dai libri e ricreano un clima alla Agatha Christie, del genere piccoli fatti ma che fanno molto scalpore; e devo dire che la cosa non mi dispiace».

 

La sua eroina Erica,  come  lei  ha tre figli e scrive,  non  mi dica che non vi  assomigliate…

«Quando  ho  avuto l’idea pensavo  ad un personaggio  autonomo e con  una sua personalità; poi  mi sono resa conto che quando raccontavo qualcosa che avevo vissuto,  scrivevo meglio. La verità  è  che sono io che la copio; per esempio lei  ha sposato il  poliziotto prima che  lo facessi  anch’io».

 

Che mamma è?

«Più affettuosa di Erica, ho bisogno del contatto fisico, di  abbracciarli e coccolarli;  questo mio comportamento mette in imbarazzo i più grandi e la cosa mi diverte. Sono molto  rigida per quanto  riguarda l’educazione e il  rispetto  di semplici, ma importanti, regole,  anche  perché sono  convinta che  aiutino i bambini a diventare più sicuri».

 

Lei vive a Stoccolma, e Fjällabacka?

«Mia mamma vive lì e mi tiene aggiornata su  tutto quello  che accade,  anche  perché sa sempre  tutto  di  tutti. Ci sentiamo  spesso  telefonicamente e quando posso  vado a trovarla. I miei figli adorano  quel paese, così a volte  li imbarco sull’aereo, anche da  soli, e li  spedisco dalla nonna. Ma se  vivessi a Fjällabacka non riuscirei  a scriverne, ho  bisogno  di  guardarla dall’alto  e in modo distaccato.

 

Il suo prossimo libro?

«In  Svezia lo stanno  già traducendo;  invece per Natale aspettatevi un racconto breve ispirato ad Agatha Christie»

 

 

Sempre dai fiordi è arrivato Björn Larsson, l’affascinante scrittore svedese che ha conquistato il cuore delle lettrici italiane fin dal suo  grande successo “La vera storia del pirata Long John  Silver” in cui raccontava la storia veritiera del personaggio di Robert Louis Stevenson. Dobbiamo alla lungimiranza e bravura della casa editrice Iperborea la scoperta di Larsson: scrittore che spazia dalle avventure legate al mare a traversate della letteratura di  tutti  i tempi e  latitudini, con la prua puntata soprattutto  verso quella francese, che  insegna all’u

LACK LIBRO

niversità. Al  Salone arriva per “Raccontare il mare”, sua ultima navigazione attraverso i grandi classici della letteratura marinaresca, svelandoci  anche autori minori e  smantellando qualche  luogo comune, come  quello su Ulisse. «Non  era  un marinaio,  ma un  soldato che voleva solo  tornare a casa, costretto suo malgrado  a peregrinare da un approdo all’altro. Il libro è un capolavoro assoluto  della letteratura mondiale, l’ho riletto più  volte e se  penso  a Penelope  trovo  che sia una bellissima storia d’amore»

 

Lei invece è un uomo di mare, ha solcato più volte il Mare del Nord e  il Nord Atlantico. Quanto  della sua vita vive in barca?

 

«Almeno metà  del mio tempo, soprattutto nella bella stagione; invece  d’inverno  vivo in un monolocale che è una piccola biblioteca»

 

Ci racconta la sua vita a bordo della sua magnifica barca a vela?

«Sono un navigatore che non sfida mai il mare, mi preparo e bado agli  aspetti pratici che sono molti. Alcuni semplici, come  fare una scorta di sugo in pentola a pressione che duri almeno i primi  due giorni  di navigazione; quelli in cui ci si deve abituare all’idea che poi si sarà sempre in movimento».

 

Ispirazione  e scrittura avvengono in mare?

«Non sarebbe possibile, occorre controllare costantemente la navigazione  e  non c’è tempo  per altro.  Però  scrivo sulla barca quando  sono fermo in porto»

 

Perché ha scritto che la navigazione in sé  è  piuttosto noiosa?

«Perché è vero. Quando  stai  al timone  per  ore  e ore tutto  quello che vedi è  acqua, cielo,  sole: magnifico ma anche monotono.  Invece quando  arrivi in un porto incontri persone, le  inviti sulla tua barca, leggi, scrivi e puoi fare tante altre cose».

 

Il suo stato d’animo quando  parte e quando arriva?

«Alla partenza dipende molto da quanto starò  via. La volta che siamo  partiti in due, per un viaggio di due anni, è stata una libertà  gioiosa, ero felice per tutto il  tempo  che avrei  avuto davanti, senza impegni. Se  invece  è un periodo  breve, solo di 1 mese o  1 mese e mezzo, allora il pensiero corre già a quando  dovrò tornare e mi dispiace  il  poco tempo a disposizione.  Quando  arrivo il primo pensiero è “Perché non continua!” Ed  ho bisogno di  qualche  giorno  per riadattarmi».

 

La libertà  che ama?

«Un mix di più cose: l’idea di  viaggiare con la mia casa, in barca si  vive con pochi  soldi ed è un’esperienza molto interessante, poi si possono portare penna e  libri,  fermarsi  quando, quanto e dove si  vuole. Non sono mai stato attratto dai viaggi con lo zaino, la barca è tutta un’altra cosa e puoi portarci chi vuoi.

 

Il mare in cui potremmo incrociarla questa estate?

«Sarà un viaggio breve intorno a Svezia, Danimarca, forse fino in Germania e Polonia, che è raggiungibile via mare».

 

Il prossimo libro?

«Sto lavorando  a due contemporaneamente: uno molto impegnativo, l’altro più leggero e col quale mi riposo…ma non svelo  di più».

 

Laura Goria

 

 

 

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