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RASSEGNA STAMPA – Tratto da: Europae, rivista di affari europei
Il 7 aprile il premier albanese, Edi Rama, durante un’intervista congiunta con il Ministro degli Esteri kosovaro, Hashim Thaci, ha definito “l’unione degli albanesi dell’Albania e del Kosovo inevitabile ed indiscutibile”. “Avverrà in funzione dell’UE” – ha aggiunto – “come un processo naturale e ben compreso da tutti, oppure come reazione alla cecità e alla pigrizia europea”. Ha poi proseguito dicendo di voler “sfruttare tutte le opportunità che offre oggi la pace per unire realmente gli albanesi dal livello individuale a quello statale, dall’economia all’istruzione, dall’energia al turismo, dall’agricoltura al commercio, dalle infrastrutture e altro ancora, in modo che tutti gli albanesi siano parte dell’UE, e come tali si sentano più difesi e più sicuri, con pari dignità rispetto agli altri cittadini”. Quanto ai timori della Serbia sul ritorno della cosiddetta “Grande Albania”, Rama ha affermato che Belgrado “non può più trattare gli albanesi come cittadini di serie B: devono accettare il fatto che oggi gli albanesi sono una nuova realtà nei Balcani, nonché una forza decisiva per il futuro della regione”.
Le lotte per la Grande Albania
Parole infuocate. Un’intervista che ha fatto molto discutere, dal momento che l’Albania è candidata all’ingresso nell’UE, ma a quanto pare ancora interessata, insieme al Kosovo, a ricomporre la diaspora albanese nel sogno mai sopito della “Grande Albania”. Un’idea politica che risale alla pace “di Santo Stefano” tra Russia e ottomani del 1878, che non considerò l’esistenza di una nazione albanese e spartì i territori formalmente controllati dagli ottomani tra Serbia, Montenegro e Bulgaria. Anche durante il Congresso di Berlino emerse la stessa tendenza: il Kosovo e la Macedonia tornarono sotto il dominio turco, la Grecia ottenne alcuni territori a nord, mentre il Montenegro ricevette alcune terre del nord dell’Albania. La risposta albanese a questa tendenza fu la costituzione della Lega di Prizren. Questo movimento già in vista del Congresso di Berlino aveva avanzato alcune rivendicazioni, tra cui la difesa dei territori albanesi inseriti nei progetti di espansione di Serbia, Montenegro e Bulgaria, la creazione di istituti scolastici per l’insegnamento dell’albanese, l’uso della lingua albanese nei pubblici uffici, la possibilità di eleggere un’assemblea rappresentativa e la creazione di una entità autonoma che riunisse i vilayet di Kosovo, Yannina, Monastir e Scutari. L’ultimo punto del programma delinea in forma embrionale il progetto di “Grande Albania”, proponendo per la prima volta l’unificazione degli albanesi in una cornice istituzionale unitaria. Le rivendicazioni furono però stroncate, nel 1881, dalla repressione ottomana che seguì l’annuncio della creazione di un governo provvisorio ed indipendente a Prizren.
L’Albania indipendente
Indipendenza solo rimandata. Dopo la prima guerra balcanica (ottobre 1912-maggio 1913), il governo ottomano preferì riconoscere l’indipendenza albanese (appoggiata dall’Impero Austro-Ungarico e dall’Italia) pur di impedire l’espansione territoriale della Serbia. In questo modo gli Asburgo e l’Italia evitavano che la Serbia conquistasse un accesso al mare e che l’influenza russa si allargasse.Il nuovo Stato albanese nacque però privo di una parte consistente dei territori abitati da albanesi: il Kosovo, la Valle di Preševo e la Macedonia occidentale divennero parte del Regno di Serbia, Malesija, Ulcinij, Krajina e Plav furono inglobate nel Montenegro, mentre la Çameria andò alla Grecia. Dalla rivendicazione di questi territori “irredenti” nacque l’idea della “Grande Albania”.
La Grande Albania oggi
Un’idea mai abbandonata nemmeno oggi: il terzo partito del Kosovo ad esempio, Vetëvendosje, persegue apertamente questo obiettivo, che precedentemente rientrava tra quelli dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK). Le parole di Rama non rappresentano nulla di nuovo quindi, ma la sua retorica sciovinista ha comunque fatto discutere. Il premier serbo Vučić ha immediatamente ribattuto che l’intenzione di Rama non potrà mai realizzarsi. La stessa UE, impegnata come mediatrice nel dialogo per la normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina, ha bacchettato Rama, ritenendo le sue dichiarazioni provocatorie ed inaccettabili: “i Paesi dei Balcani occidentali stanno progredendo nella strada verso l’integrazione europea”, ha commentato il portavoce dell’Alto Rappresentante “e quindi verso la cooperazione regionale, la riconciliazione ed il buon vicinato“. Se si è trattato soltanto di un passo falso dialettico, la bocciatura non si è dunque fatta attendere.
(www.rivistaeuropae.eu)