In questi ultimi anni la città ha sofferto – specchio del proprio Bel Paese – di una crisi economica e di valori che sembra aver spazzato via non solo i finanziamenti, ma anche le professionalità capaci di dar vita a nuovi progetti e sostenere con passione questo ambiente
Torino nel 2014 è una città rinomata nel panorama artistico nazionale e sempre più coinvolta in quello internazionale. Non che sia una fama recente, anzi, è risaputo che in quanto culla e biberon dell’Arte povera prima e di grandi magnati dell’arte moderna e contemporanea in seguito, ha ingranato nel tempo una marcia in più, soprattutto nel circuito dell’arte contemporanea. Basti pensare ai fiori all’occhiello della città, a cominciare da eventi come Artissima, dalle grandi istituzioni come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Castello di Rivoli, dai progetti curati nel tempo come le Luci d’artista, solo per citarne alcuni. E continua a crescere attraverso una vasta rete di professionisti dell’arte – probabilmente meno nota al grande pubblico, ma molto stimata dagli addetti ai lavori – che opera sotto forma di giovani artisti e gallerie d’arte, laboratori, residenze d’artista e realtà emergenti per la promozione della cultura nella nostra Torino.
In questi ultimi anni però la città ha sofferto – specchio del proprio Bel Paese – di una crisi economica e di valori che sembra aver spazzato via non solo i finanziamenti, ma anche le professionalità capaci di dar vita a nuovi progetti e sostenere con passione questo ambiente. Sono tante le realtà torinesi – ad esempio alcune storiche gallerie d’arte – che hanno dovuto ridimensionare oppure rivitalizzare i propri spazi e le proprie esposizioni, per non dover dichiarare la resa. Ed ecco che questa spinta, per chi è riuscito a sfruttarne l’effetto propulsivo, ha creato nuovi contesti e coalizioni, in lotta contro l’idea che l’arte e la cultura non producano benessere e non abbiano un peso sulla nostra economia e su di una prossima ripresa. Queste alleanze risultano particolarmente stimolanti quando nascono da una mescolanza di generi, per citarne alcuni le rassegne di video d’artista e danza contemporanea (Video.it), i festival di arti visive e performative dedicati al cibo (Play with food), i momenti di comunione di intenti legati a eventi come Torino capitale dello sport nel 2015 (Galleria d’arte moderna e contemporanea e Juventus Museum), che propongono un dialogo tra due diverse realtà.
Partendo da questi spunti e andando anche oltre il panorama artistico, è così che dovremmo iniziare a rivedere il quadro generale della situazione, ovvero con nuovi occhi. Dovremmo pensare alla nostra città come ad un “distretto culturale”, che si colloca – così come le altre città italiane – in un Paese in difficoltà che non ha iniziative e mezzi per prendersene cura. Ogni “distretto” dovrebbe assumersi la responsabilità diretta della produzione di stimoli e di spazi emergenti che si facciano attivatori del pensiero e delle sue capacità di concepire nuove realtà e nuove forme di consumo. Illustri economisti della cultura, quali il torinese Walter Santagata, hanno espresso e motivato dettagliatamente quanto la cultura sia una risorsa fondamentale alla base dello sviluppo del distretto, poichè la libera circolazione delle idee, unita alla volontà comune, induce ad uno sviluppo orientato all’investimento continuo.
Quindi, se lavorassimo sulla coscienza culturale della città, che è un bacino di idee, progresso e sviluppo paragonabile all’innovazione tecnologica, frutto a sua volta della spinta generata dalla ricerca, forse potremmo attivare l’economia del nostro territorio proprio attraverso la sua associazione a tutto ciò che è cultura in Italia. Le basi per un approccio di questo tipo sono da generarsi sul presupposto di una risposta da parte degli abitanti del “distretto”, che tuttavia è incoraggiante. Prendendo in esame i dati relativi l’abbonamento Torino Musei si evince come nel 2013 la tessera che permette l’ingresso a circa 200 musei che fanno parte del circuito sia stata acquistata ed utilizzata da quasi 90.000 abbonati, con un incremento del 3% rispetto al 2012 e del 45% rispetto al 2010, per un totale di quasi 640.000 visite effettuate nel corso dell’anno. La via è stata tracciata nella storia dalle eccellenze della nostra città, indicata da professionisti e ampliata dall’entusiasmo dai consumatori, amanti delle arti e del teatro, della danza e della musica, del design e dell’artigiano. Ora non resta che percorrerla.
Benedetta Bodo di Albaretto
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