Torino- Pagina 22

Da Les Petites Madeleines una deliziosa ricetta pasquale

Giuseppe Lisciotto, chef de Les Petites Madeleines, per la festività suggerisce un piatto in cui la tradizione degli ingredienti viene attualizzata dall’utilizzo, garbato e mai invasivo, delle spezie

 

“Raviolo di pasta fresca al prezzemolo ripieno di spalla d’agnello al Barbecue su crema di pomodori grigliati”: la Pasqua 2021 celebra la pasta fresca e si insaporisce dei gusti decisi di curry e paprika affumicata. La ricetta, da replicare facilmente anche nella cucina di casa, è frutto della sperimentazione di Giuseppe Lisciotto, chef de Les Petites Madeleines, e della sua brigata che, con questo piatto, vogliono simbolicamente rimanere al fianco dei loro ospiti anche a distanza.

Il piatto reinterpreta la tradizione gastronomica pasquale italiana, che vede l’agnello a suo interprete, grazie all’utilizzo di spezie che gli conferiscono una nota inattesa. “Abbiamo pensato che la celebrazione di questa Pasqua inusuale, richiedesse una ricetta altrettanto insolita, capace di rassicurare il palato ma, contemporaneamente, di stupirlo grazie a sapori non attesi. La preparazione, anche se all’apparenza composita, è invece molto semplice e non richiede particolare maestria ma un po’ di pazienza”, spiega Lisciotto.

La ricetta, inoltre, nella sua realizzazione offre anche qualche suggerimento da poter riprendere per altre preparazioni come, ad esempio, l’utilizzo del prezzemolo per la pasta fresca o il ricorso alla salamoia per rendere la carne più succosa, morbida e sapida nel suo interno.

“Per esaltare il piatto – conclude Luca Gigliotti, sommelier de Les Petites Madeleines – suggeriamo un Barbera d’Asti Superiore DOCG “Mysterium” – Tenuta Montemagno dai sentori intensi, ampi, con spiccate note di ciliegia, terra e boisè. Un vino dal colore rosso intenso con riflessi tra il porpora e il nero che, al palato, si presenta concentrato, caldo, giustamente tannico. Il compagno ideale per accompagnare il nostro “Raviolo di pasta fresca al prezzemolo ripieno di spalla d’agnello al Barbecue su crema di pomodori grigliati”, ma anche piatti a base di selvaggina, brasati e formaggi stagionati”.

Raffaella Borea

Pareggio al derby della Mole: Torino-Juventus 2-2

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Sanabria mattatore con una doppietta
Chiesa e Ronaldo goleador Juve

1 punto a testa in un derby molto combattuto con i granata più pericolosi soprattutto nei minuti di recupero in cui il portiere bianconero Szczesny ha evitato la sconfitta alla Juventus. Un pareggio che serve più al Toro in ottica salvezza anche se i granata vincendo non avrebbero assolutamente rubato. Per la Juve un pari che sa di resa scudetto ed il recupero col Napoli di mercoledì prossimo sarà proprio uno spareggio per qualificarsi in Champions League,occupando uno dei 4 posti disponibili, più reale il quarto.Per i granata di Nicola 1 punto importante per consolidare il 17esimo posto ultimo utile per non retrocedere, portandosi a +2 sul Cagliari sconfitto oggi in casa dal Verona.Per il Toro c’è anche la gara da recuperare contro la Lazio.Molto bene Sanabria autore di una doppietta e vero grande bomber,a parte qualche distrazione complessivamente tutto il Toro va oltre la sufficienza come prestazione collettiva. La Juve, invece,vive delle fiammate di alcuni suoi grandi giocatori. Oggi un inesistente Ronaldo, per larghi tratti di gara, ha comunque segnato il gol del pareggio. Male la squadra bianconera nel complesso e bene ancora una volta Chiesa,un motorino perpetuo sulla fascia. Il risultato di 2-2 rispecchia una gara dai 2 volti. In vantaggio la Juve con Chiesa, la doppietta di Sanabria ha portato in vantaggio i granata,poi Ronaldo ha ristabilito la parità.
Buona Pasqua a tutti.

Vincenzo Grassano

“Lavoro nel gioco legale. Ecco le mie ragioni”

Caro direttore, mi presento, sono un giovane piemontese di trentadue anni e mi chiamo Alessandro Rosso.

Finita la scuola tredici anni fa ho subito iniziato a cercare lavoro l’ho trovato in una azienda che noleggia slot machine e giochi da intrattenimento per bar, la mia mansione è tecnico riparatore.
Piano piano questa ditta è diventata una seconda famiglia per me.

Amo il mio lavoro e vorrei continuare a farlo.
Purtroppo per il nostro settore è entrata in vigore la legge 9/2016 la cui conseguenza è stata una diminuzione drastica del lavoro e molti miei colleghi hanno scelto una strada diversa. Se questa legge non verrà modificata ci saranno moltissimi altri tagli in tutto il settore del gioco legale e dell’indotto.

Queste aziende creano posti di lavoro che vengono annullati con una semplice legge regionale.
Migliaia di persone rischieranno il posto di lavoro.
Il rammarico di noi dipendenti sarà quello di essere licenziati non per causa nostra ma per colpa di una legge che non ci considera.

Non ci lamentiamo inutilmente, non vogliamo il reddito di cittadinanza e sussidi vari, ma vogliamo alzarci ogni mattina, andare a lavorare come qualsiasi altra persona.

Tutti ci considerano cattive persone che approfittano della gente che gioca: ma in realtà siamo LA PRIMA BARRIERA CONTRO IL GIOCO ILLEGALE.

Quindi non siano dei malfattori e neanche dei lavoratori di serie b. Il 20 maggio dopo 3 anni di agonia conosceremo il nostro futuro. Continuiamo a sperare che la regione Piemonte prenda provvedimenti in nostro favore.

Alessandro Rosso

C’erano una volta i matti

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Non tutte le storie vengono raccontate, anche se così non dovrebbe essere. Ci sono vicende che fanno paura agli autori stessi, che sono talmente brutte da non distinguersi dagli incubi notturni, eppure sono storie che vanno narrate, perché i protagonisti meritano di essere ricordati. I personaggi che popolano queste strane vicende sono “matti”,” matti veri”, c’è chi ha paura della guerra nucleare, chi si crede un Dio elettrico, chi impazzisce dalla troppa tristezza e chi, invece, perde il senno per un improvviso amore. Sono marionette grottesche di cartapesta che recitano in un piccolo teatrino chiuso al mondo, vivono bizzarre avventure rinchiusi nei manicomi che impediscono loro di osservare come la vita intanto vada avanti, lasciandoli spaventosamente indietro. I matti sono le nostre paure terrene, i nostri peccati capitali, i nostri peggiori difetti, li incolpiamo delle nostre sciagure e ci rifugiamo nel loro eccessivo gridare a squarcia gola, per non sentirci in colpa, per non averli capiti e nemmeno ascoltati. (ac)
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1. La folle storia della follia
Per le comunità arcaiche, la follia possedeva una forte connotazione mistica, infatti l’opinione comune voleva che tale stato mentale fosse causato dall’influsso di qualche divinità, ed era quindi compito dei sacerdoti trovarne una cura attraverso riti e preghiere.  Nel Medioevo, invece, la follia era considerata una forma di possessione demoniaca, e la gestione della malattia passò così dai sacerdoti/stregoni alla Chiesa, più precisamente fu affidata all’arbitrio di esorcisti e inquisitori. Si credeva allora che un’entità malvagia si insinuasse negli umori del malcapitato, intaccandone il corpo, e l’unica guarigione possibile, per una mentalità che guardava prevalentemente all’Aldilà, era la purificazione dell’anima attraverso la distruzione della carne, per mezzo di roghi o impalamenti.  Solo nel XVII secolo la psichiatria venne riconosciuta come una scienza medica, anche se la malattia mentale continuò ad essere ritenuta inguaribile, progressiva e incomprensibile. Durante l’Illuminismo le cause della follia vennero ritrovate nella perversione della volontà che sfuggiva al controllo della ragione, di conseguenza la cura si doveva rinvenire in rigidi metodi di insegnamento di “regole di convivenza”, di “socialità” e “tolleranza reciproca”, attraverso semi-annegamenti in apposite vasche, minacce con ferri roventi ed esplosioni improvvise di polvere da sparo. Con il trascorrere del tempo e l’evolversi delle conoscenze, e con altrettanta lentezza, anche l’atteggiamento nei confronti della malattia mentale mutò. La luce in fondo al claustrofobico tunnel della storia della follia fu il medico francese Philippe Pinel, che, nel 1793, propose l’abolizione delle catene, che tenevano gli alienati doppiamente imprigionati alla loro condizione, e la separazione di questi dai criminali. I matti non sono più terribili sbagli della natura da nascondere con disprezzo e vergogna, ma semplici malati da studiare e curare. I manicomi nascono, dunque, da un gesto umano, oltre che scientifico, ma spesso la storia ci insegna che la volontà e i buoni propositi hanno ben poco a che fare con la cruda realtà dei fatti. Anche a Torino c’erano i “pazzerelli”, e ce n’erano tanti, poiché con questo termine non si indicavano solamente gli alienati o le persone affette da qualche disturbo psichico, ma anche i vagabondi, i mendicanti, i nullatenenti, gli sfaccendati, i maghi, i bestemmiatori, le donne di facili costumi, i libertini, i figli ribelli, i sifilitici, gli alcolisti, gli individui politicamente sospetti, gli eretici, e tutti quei personaggi stravaganti che potevano in un qualche modo essere fonte di instabilità sociale, pericolo per la cittadinanza o fonte di scandalo per le famiglie più abbienti.   Per crudele ironia della sorte, fu proprio il re Vittorio Amedeo II, morto pazzo nel 1732, a finanziare la costruzione del primo “Spedale de’ Pazzerelli” a Torino. La struttura sorgeva tra via San Domenico, via Piave, via Bligny e via Santa Chiara, era gestita dalla Confraternita del SS. Sudario e Beata Vergine, che, in cambio, ottenne di non pagare l’acquisto dei materiali necessari per il funzionamento dell’attività, e già nel 1629, un anno dopo la sua costruzione, lo stabile era in grado di accogliere i primi degenti. All’interno della struttura i folli erano divisi dai vagabondi e dai criminali, inoltre i violenti, o coloro di più difficile gestione, erano sistemati in stanze più interne, mentre a potersi affacciare alle finestre che davano sulla normale vita cittadina, erano quelli ritenuti miti e innocui. Il buon cuore e la carità insiti nell’animo umano non tardarono a farsi sentire: all’esterno della struttura, gli abitanti delle case adiacenti al manicomio iniziarono a lamentarsi dei comportamenti scandalosi dei malati aldilà delle finestre; all’interno, invece, le condizioni di detenzione dei degenti stavano via via ulteriormente peggiorando, tanto che un esponente dei Savoia esordì con un “io qui dentro non ci metterei nemmeno i cavalli!” Il 13 maggio 1834, alla presenza di re Carlo Alberto, venne inaugurato il nuovo manicomio di Torino, che sostituì quello vecchio e sovraffollato; la nuova struttura venne indicata come l’“albergo dei due pini”, ingannevole perifrasi con cui veniva soprannominato l’orrido e temuto luogo di detenzione. Il complesso sorgeva non troppo lontano dal primo, tra via della Consolata, corso Valdocco, corso Regina Margherita e via Giulio, dove era situato l’ingresso. L’edifico era costituito da due lunghe maniche parallele interrotte al centro dal settore dei servizi, che separava il reparto femminile da quello maschile. Sulla carta, le corsie e le celle erano distribuite a seconda delle patologie e del grado di difficoltà che presentava il trattamento, vi era, inoltre, una sezione apposita per i maniaci provenienti dalle carceri. La grande innovazione di questo stabile stava nel fatto che veniva consentito ai degenti di passeggiare all’aria aperta, infatti, ad abbracciare l’edificio c’era uno spazioso giardino, a sua volta perimetrato da alte mura, divisione obbligatoria, materica ed ideologica tra il mondo dei normali e quello degli anormali. Anche un’altra innovazione coincise con l’edificazione del manicomio di via Giulio: il passaggio dei poteri dalla Confraternita ai sanitari, il periodo assistenziale gestito dai religiosi era finito, si apriva ora la fase clinica in cui il medico era il funzionario del nuovo ordinamento. Ad assumere l’incarico di primo medico interno in servizio fu Benedetto Trompeo, un dinamico trentunenne di larghe vedute, a cui si deve l’introduzione del concetto di cartella clinica e dell’ergoterapia. Grazie al suo metodo curativo, che si basava su una terapia sedativa, (salassi e bagni bollenti o congelati) e su una terapia “morale” che consisteva nel passeggiare per l’ombroso giardino, giocare alle bocce e leggere dei libri adatti, riuscì a dimettere cento pazienti come “risanati”. Gli successe Stefano Bonacosa, grande viaggiatore e studioso; egli si soffermò sull’influenza delle condizioni organiche e dell’ambiente sulla genesi della malattia mentale. Divenne primario del Regio Manicomio e il primo ad ottenere in Italia, nel 1850, la cattedra per l’insegnamento della psichiatria.
L’8 settembre del 1852 nasce il fin troppo celebre manicomio di Collegno, giorno in cui ottanta “maniaci maschi”, provenienti da via Giulio, furono trasferiti in una parte della vecchia Certosa Reale di Collegno. I nuovi ospiti risultarono un po’ troppo chiassosi per l’antico ordine monastico che viveva lì, volontariamente silenzioso e lontano dal mondo esterno, e così la convivenza finì nel 1855, anno in cui ufficialmente la Certosa di Collegno, con tutti i terreni annessi, entrò a far parte del patrimonio del Regio Manicomio. Le candide mura tennero al sicuro gli scrupoli di coscienza della gente comune fino al 4 giugno del 1998, quando l’ultimo ospite della struttura fu costretto ad andarsene. Dal punto di vista giuridico, la prima legge organica che regolamentò la materia fu la Legge 36, “Disposizione sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati”, relatore Giovanni Giolitti, approvata dal Parlamento italiano nel 1904. In questo modo la società si proteggeva dal “matto” e consentiva a chiunque di individuare un individuo “pericoloso a sé o agli altri” e chiederne l’internamento in manicomio dietro l’invio al Pretore di un certificato medico e di un atto di notorietà “nell’interesse degli infermi e della società”. Il numero dei ricoverati nei manicomi triplicò.  La triste vicenda dello studio e della cura della follia continua, si complica e diventa più affollata. Con l’aumentare dei ricoverati nacquero altre strutture, nel 1913 il Ricovero di Savonera, nel 1931 l’Istituto interprovinciale Vittorio Emanuele III per infermi di mente, a Grugliasco, (dove lavorò Luisa Levi, prima donna italiana a laurearsi in Medicina e Psichiatria), tra il 1931 e il 1934 sorsero otto ville Regina Margherita per i pazienti più abbienti e, infine, nel 1966, Villa Rosa, residenza dedicata alle pazienti anziane tranquille. Tuttavia ciò che è lontano dagli occhi rimane anche lontano dal cuore, gli alienati erano comunque spettri di un altro mondo, nulla avevano da spartire con la quotidiana vita della brava gente non-matta, fino a quando la televisione non costrinse tutti a guardare: il 3 gennaio 1961 andò in onda “ I Giardini di Abele”, un servizio sul manicomio di Gorizia, a cura di Sergio Zavoli, su TV7, subito dopo il Carosello. Ora non c’erano più scuse per non vergognarsi.  I protagonisti dell’inizio della fine degli ospedali psichiatrici, (chiamati così dal 1929), furono gli studenti torinesi di Architettura e di Lettere, sotto la coraggiosa guida di Franco Basaglia, brillante psichiatra veneziano, che proprio nel piccolo manicomio di Gorizia iniziò la sua rivoluzione. Il 13 maggio 1978 il Parlamento approvò la Legge 180, nota come Legge Basaglia, che impose la chiusura degli ospedali psichiatrici in cui erano state rinchiuse migliaia di persone in condizioni disumane. Successe quattro giorni dopo il ritrovamento del corpo del Presidente Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse e forse proprio per questo tale provvedimento, così rivoluzionario, passò inosservato. O forse perché ci sono delle cose che si fatica ad accettare, ci sono colpe difficili da farsi perdonare, alcuni sguardi che è impossibile sostenere. Caetano Veloso cantava “ da vicino nessuno è normale”, ma solo un matto potrebbe lasciarsi avvicinare così tanto da farsi scoprire per come è veramente.
Alessia Cagnotto

Pasqua solidale per le famiglie in difficoltà

Caro direttore, è stata completata  la raccolta solidale di uova di  Pasqua, organizzata dall’associazione Sol.Id. Onlus, destinate ai bimbi  torinesi le cui famiglie sono in difficoltà economica.

“Oltre al consueto pacco alimentare che consegniamo ogni mese alle
famiglie meno abbienti, con l’avvicinarsi delle feste pasquali abbiamo
deciso di organizzare una raccolta di Uova di Pasqua – annunciano i
volontari di Sol.Id – che verranno regalate ai bambini delle famiglie
che sosteniamo sabato 3 aprile.”

“Nonostante il Piemonte sia una delle regioni più colpite dalla pandemia
e l’umore collettivo non sia dei migliori, speriamo con questo piccolo
gesto di donare un sorriso ai piccoli e alle loro famiglie. – continuano
i volontari – Molti genitori infatti non possono permettersi di
acquistare le uova di cioccolato poiché da troppo tempo sono costretti a
lavorare a singhiozzo e devono centellinare ogni singolo euro per
arrivare a fine mese.”

“In un momento come questo, dove i più piccoli sono costretti in DAD e i
parco giochi sono stati chiusi – conclude l’associazione – il nostro
piccolo dono farà brillare di nuovo i loro occhi. Non permetteremo che i
nostri bambini si scordino le piccole gioie dell’infanzia.”

Controlli anti Covid dei carabinieri, chiusi tre esercizi commerciali

 Nell’ambito dei controlli disposti dal Comando Provinciale per verificare il rispetto della normativa anticovid, i carabinieri hanno chiuso per 5 giorni tre esercizi commerciali e sanzionato 19 persone.

In particolare a Monteau da Po, nell’hinterland torinese, i militari della locale stazione hanno sanzionato il proprietario di un bar che aveva consentito la consumazione all’interno a cinque avventori anch’essi multati.
A Roure, in Val Chisone, stessa sorte è toccata al proprietario e agli avventori di un altro locale pubblico.
Infine a Torino, nel quartiere Lingotto, i carabinieri hanno sanzionato il proprietario di un locale già multato per inosservanza dei provvedimenti emanati per contenere la pandemia in atto. In questo caso all’arrivo dei militari i clienti, che stavano consumando all’interno, hanno provato a fuggire lasciando le consumazioni sul bancone ma sono stati identificati.
In tutti e tre i casi è stata applicata la sanzione accessoria della chiusura delle attività per 5 giorni.

La Portineria di Comunità consegna le colombe pasquali

A una quarantina di famiglie sabato 3 aprile tra le 15 e le 17

Portineria di comunità

Porta Palazzo – Piazza della Repubblica 1/F

 

Torino 01 aprile. Alle famiglie dei bambini e delle bambine a cui a Natale sono stati consegnati dagli elfi della Portineria di Porta Palazzo gli ottanta regali donati dai cittadini torinesi, ora verranno consegnate delle piccole colombe pasquali. Un pensiero nato all’interno della comunità solidale, ribattezzata comunità del dono, che si è creata attorno all’ex edicola di piazza della Repubblica, gestita dalla Rete italiana di cultura popolare.

La consegna avverrà sabato 3 aprile tra le 15 e le 17 e i donatori saranno lì a fare gli auguri ai piccoli e alle loro famiglie nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid. L’idea delle colombe pasquali è venuta a un gruppo di giovani coinvolti nella coprogettazione di iniziative solidali e culturali negli spazi della Portineria e dalla buona volontà della proprietaria del Convitto Caffè che si è resa disponibile a produrre il dolce tradizionale. Al progetto hanno collaborato varie realtà come Il Vaso di Sarepta e Nes, nessuno è straniero.  Un modo per incontrarsi, conoscersi e celebrare i 4 mesi dalla nascita della comunità del dono che ha raggiunto i primi risultati con la complicità anche di altre associazioni come Tutticonnessi, che rigenera pc e dispositivi (e grazie alla quale è stato possibile fornire 12 computer per la didattica a distanza). Come la Cooperativa dentistica Europea e Odontoiatria Sociale in Rete (grazie alla quale verranno prestate cure dentistiche a 6 ragazzi e ragazze). E ancora come Hiba che il 9 aprile metterà gratuitamente un apparecchio per i denti a una persona in difficoltà. Ma poi c’è Camminare Insieme che offre assistenza medica alle famiglie che la richiedono. La cooperativa Meeting Service che ha ricevuto 20 iscrizioni da persone senza occupazione interessate a seguire corsi professionalizzanti gratuiti di pasticceria, pizzeria, gelateria e cucina che porteranno a tirocini retribuiti in partenza a fine aprile.

Rete italiana di Cultura Popolare ha voluto mettere in piedi un progetto di innovazione sociale che consiste nel costruire relazioni e creare una comunità di riferimento per coloro che non la hanno. La Portineria di comunità ha ricevuto anche un plauso dall’Unione europea ed è stata inserita tra le realtà considerate buone pratiche replicabili altrove. “La nostra comunità del dono sta crescendo – racconta il direttore della Rete Antonio Damasco – e noi siamo soddisfatti per la passione e la generosità di tutti coloro che ne fanno parte. Questo vuol dire che quando le persone si uniscono e creano una società solidale tutti ne traggono beneficio”.

Sabato santo: ostensione della Sindone in tv in mondovisione il 3 aprile

Pasqua con la Sindone in tv sabato santo 3 aprile nel silenzio del Duomo di Torino.

Una diretta televisiva e una diretta social porteranno, come nel 2020, le immagini della Sindone e della preghiera in tutto il mondo come segno di speranza in un tempo che resta difficile. L’evento si terrà sabato 3 aprile, alle ore 17, dalla Cattedrale di Torino, in onda su TV2000.

“Per noi credenti, osserva l’arcivescovo Cesare Nosiglia, custode pontificio della reliquia, il modo più efficace di accrescere la speranza del mondo intero è la preghiera comune, il mettersi in ginocchio di fronte al Signore. In questi tempi tormentati abbiamo bisogno di alimentare e comunicare la nostra speranza. Per questo celebriamo il sabato santo giorno del silenzio davanti al sepolcro del Signore ma anche dell’attesa della sua risurrezione una speciale liturgia di fronte alla Sindone che ci ricorda questo evento, centro vivo della nostra fede e della nostra speranza”. La liturgia, in diretta su TV2000, raggiungerà, tramite i satelliti, il mondo intero. In Duomo verranno proposte testimonianze sul dolore e la speranza che hanno caratterizzato questo ultimo anno. La diretta sui social media inizierà alle 16,30 con vari interventi in preparazione alla contemplazione della Sindone. “Attendevamo a fine 2020 i giovani di tutta Europa radunati dalla Comunità di Taizè ma, ha aggiunto monsignor Nosiglia, questo impegno è stato spostato ai giorni dopo il Natale 2021. L’ostensione straordinaria della Sindone era la proposta della chiesa torinese a tutti i giovani e speriamo vivamente di poterla celebrare. Resto convinto che il Telo è una realtà che parla a tutti, al di là delle differenti convinzioni di cultura e al di là delle diversità di fede. L’immagine sindonica, che Torino custodisce da quasi cinque secoli, testimonia dolore e morte ma anche risurrezione e vita eterna che apre alla carità e alla fratellanza di ogni persona”. 

f.r.   

La colomba Galup per Fondazione Paideia ha il sapore della solidarietà

Un regalo che fa del bene, per sostenere i bambini con disabilità seguiti da Paideia

Quest’anno la Pasqua ha il sapore della solidarietà: nasce la colomba Galup per Fondazione Paideia, per sostenere i bambini con disabilità e le famiglie seguite dalla Fondazione. La colomba sancisce la nuova partnership tra la storica azienda piemontese, punto di riferimento internazionale nel mercato dolciario d’eccellenza, e la Fondazione, impegnata da quasi trent’anni nella promozione di iniziative di solidarietà sul territorio.

Parte dei ricavi derivanti dalla vendita sarà devoluta a sostegno dei bambini e delle famiglie che Paideia supporta attraverso attività di terapia, sostegno psicologico, interventi economici straordinari e attività di socializzazione.

La classica e iconica colomba Gran Galup sarà acquistabile presso la Bottega Paideia (Via Villa della Regina 9/D a Torino) e presso i Galup store di Pinerolo – Via Fenestrelle 34 – e Torino – Via Andrea Doria 7; inoltre online su bottegapaideia.it

“Ogni giorno – dichiara Fabrizio Serra, direttore di Fondazione Paideia – incontriamo famiglie con bambini con disabilità che sono particolarmente provate da questa situazione. Una fatica che prima di tutto è psicologica ed è affiancata, in alcuni casi, da situazioni di difficoltà economica generate dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria. La collaborazione con Galup, che ringraziamo per essere al nostro fianco, ci permetterà di rendere ancora più concreto il nostro impegno. L’iniziativa, per chi sceglierà di aderire in un momento così particolare come quello che stiamo vivendo, rappresenterà un dolce pensiero che fa del bene a tanti bambini e alle loro famiglie”.

“Nel percorso di crescita e nell’evolversi della propria storia, Galup ha sempre prestato attenzione al sostegno del territorio in cui vive e opera quotidianamente. Ed è con questo spirito che si realizza la collaborazione con Fondazione Paideia: un impegno buono e solidale” – dichiara Giuseppe Bernocco, Presidente Galup
Un gesto buono tre volte: un regalo da regalare, da regalarsi e prezioso per chi sarà sostenuto grazie all’acquisto della colomba.
Presso la Bottega Paideia si possono scoprire tante idee originali e di qualità per uno shopping solidale: articoli per la casa, gadget e accessori per la persona, prodotti di design e arredo, giochi per i bambini e proposte regalo per la Pasqua, tra cui le uova di Pasqua Paideia e tanti altri prodotti golosi. La Bottega Paideia è aperta, nel rispetto delle normative sanitarie, fino al 2 aprile (dal martedì al sabato, dalle 10 alle 13,30 e dalle 15 alle 19) e attiva anche online, grazie all’e-commerce su www.bottegapaideia.it.
Un acquisto solidale consente di stare vicino ai bambini con disabilità e alle loro famiglie, offrendo loro un aiuto concreto.
bottegapaideia.it
fondazionepaideia.it

La Fondazione Paideia opera ogni giorno per offrire un aiuto concreto ai bambini con disabilità e alle loro famiglie. Nata nel 1993 per iniziativa delle famiglie torinesi Giubergia e Argentero, Paideia si impegna per costruire una società più inclusiva, responsabile e attenta ai bisogni di tutti. Perché nessuna famiglia possa sentirsi sola e nessun bambino escluso.
Galup è molto più di un marchio, è una bella e importante realtà della storia italiana che, nel suo settore, ha modificato e fatto la storia di un prodotto nazionale: 1922 Pietro Ferrua inventa il panettone che non c’era. Innovazione e tradizione è la combinazione equilibrata e vincente che guida le scelte di Galup in un percorso di continua crescita che rende il brand un’eccellenza italiana conosciuta e riconosciuta nel mondo.

 

Sabato ore 18 allo stadio Olimpico Grande Torino Torino-Juventus

Il derby della Mole n.202

Tanti assenti nell’atteso derby tra 2 squadre deluse dall’andamento del campionato.La Juve uscita dalla lotta per lo scudetto abbastanza presto cercherà ora d’arrivare tra le prime 4 per qualificarsi in Champions League,il Toro partito con ambizioni di qualificazione in Europa League si trova,sin dall’inizio del campionato a lottare per la salvezza.Mancheranno 7 giocatori nelle file dei bianconeri:i portieri Szczesny e Buffon,i difensori Demiral,Chiellini,Arthur, il centrocampista McKennie e l’attaccante Dybala.Nel Toro mancheranno 4 calciatori:i difensori N’Kolou,Lyanco,Ansaldi e Singo.Nonostante queste importanti defezioni sarà una gara al cardiopalma per entrambe le compagini.In palio 3 punti importantissimi per la classifica e la supremazia cittadina.
I 2 allenatori Pirlo e Nicola sono entrambi ottimisti e sicuri di prevalere.Sarà una partita un po’ più equilibrata rispetto agli anni passati.Un pareggio potrebbe esser utile al Toro ma non alla Juve.Una sconfitta sarebbe un dramma sportivo per entrambi.Condannerebbe i bianconeri a non qualificarsi per la Champions League,i granata alla quasi sicura retrocessione in serie B.

Vincenzo Grassano