STORIA- Pagina 90

La riqualificazione di Staffarda

Con i lavori di restauro e risanamento conservativo delle coperture del complesso abbaziale di Staffarda, la F.O.M. – Fondazione Ordine Mauriziano ha compiuto il primo passo di un progetto più ampio per il rilancio e la valorizzazione di uno dei più grandi monumenti medioevali del Piemonte

 

La riqualificazione del complesso abbaziale e del borgo rurale di Staffarda – nell’ambito della partecipazione al Bando Regione Piemonte (a cui sono stati destinati complessivamente 750mila euro) per la valorizzazione del distretto UNESCO piemontese – è partita il 12 novembre scorso con i lavori di restauro e risanamento conservativo delle coperture del complesso abbaziale. I 559.709 euro sono cofinanziati con i fondi FSC (Fondo di Sviluppo e Coesione).

«I restauri – sottolinea Marta Fusi, dirigente F.O.M.– rappresentano solo il primo passo di un progetto più ampio per il rilancio e la valorizzazione dell’intero complesso che comprende sia la parte aulica e sia la parte rurale di un simbolo del territorio cuneese e piemontese ed esempio del patrimonio della Fondazione Ordine Mauriziano dal grande valore identitario e culturale da tutelare e riscoprire».  

Il complesso abbaziale di Staffarda è un caso esemplare di bene culturale catalizzatore di dinamiche di sviluppo sostenibile. Tutto il progetto, comprese le fasi autorizzative, e la fase realizzativa, è stato coordinato e seguito, anche nel ruolo chiave della direzione dei lavori, dal personale degli uffici interni della F.O.M.

Nello specifico, il progetto di restauro prevede la messa in sicurezza di una grande parte delle coperture del complesso abbaziale, a cominciare dalla manica su piazza Roma (quella sovrastante, tra l’altro, la biglietteria e il Bar “Il Sigillo”), che nel tempo aveva evidenziato problematiche anche di natura strutturale, con cedimenti e rotazioni di alcune capriate che richiedevano interventi urgenti per mantenere le necessarie condizioni di sicurezza.

Verranno sostituite quindi alcune travi dell’orditura principale portante nell’area “ex-granaio”, ormai giunte alla fine della vita utile, e realizzata una cordolatura di collegamento di tutte le capriate per rendere meno sensibile, nel futuro, l’intera orditura a fenomeni di sbandamento. L’intervento di risanamento conservativo interessa inoltre l’intera copertura della chiesa abbaziale, la totalità dei tetti del chiostro (compresa la parte in “lose” di pietra) ed alcuni fabbricati accessori, con livelli di intervento diversificati a seconda dello stato di conservazione di ciascuna porzione di copertura, che è stato indagato in fase di progetto avvalendosi di sopralluoghi minuziosi e persino di un volo eseguito con un drone che ha fornito interessanti viste da cui i progettisti della F.O.M. hanno tratto dati importanti sullo stato di conservazione dei manti di copertura in coppi.

«I limiti economici del finanziamento – precisa Luigi Valdemarin, architetto F.O.M. – purtroppo non permettono di dare una risposta esaustiva a tutte le criticità rilevate, ma sono fondamentali per garantire la conservazione del complesso architettonico e innescare un processo che possa portare, nel prossimo futuro, a recuperare anche altre porzioni del complesso abbaziale al fine di ampliare l’attuale percorso museale».

Il rifacimento dei manti di copertura, secondo gli accordi intercorsi tra Soprintendenza e uffici F.O.M., non comporterà variazioni significative dal punto di vista dell’impatto estetico: tutti i coppi antichi ancora in buone condizioni verranno recuperati e utilizzati come copertura, mentre i cosiddetti “coppi canale” (quelli inferiori) verranno sostituiti con manufatti nuovi, dotati di ganci atti a prevenirne lo scivolamento e quindi più sicuri e duraturi, ma di tipo “anticato”, quindi quasi indistinguibili dal manufatto storico.

Una particolare attenzione è stata prestata anche al tema del rispetto dell’ambiente, con l’adozione di particolari accorgimenti volti alla tutela dei chirotteri, che ormai fanno parte integrante dell’ambiente storico dell’abbazia. A questo proposito, i progettisti, in accordo con l’Ente Parco del Monviso, hanno prescritto l’utilizzo di impregnanti e vernici per le strutture lignee esenti da componenti ritenute tossiche per le specie animali presenti nella zona, oltre che ovviamente per l’uomo.

 

ABBAZIA DI S. MARIA DI STAFFARDA

 

Staffarda rappresenta storicamente e culturalmente un perno per il territorio cuneese e piemontese, in quanto borgo cistercense e rurale. Fondata tra il 1122 e il 1138 sul territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo, l’Abbazia benedettina cistercense aveva raggiunto in pochi decenni una notevole importanza economica quale luogo di raccolta, trasformazione e scambio dei prodotti delle campagne circostanti, rese fertili dai monaci con estese e complesse opere di bonifica. L’importanza economica aveva portato all’abbazia privilegi civili ed ecclesiastici che ne fecero il riferimento della vita politica e sociale del territorio.

Nel 1690 i Francesi, guidati dal generale Catinat, invasero l’Abbazia distruggendo l’archivio, la biblioteca, parte del chiostro e del refettorio; dal 1715 al 1734, con l’aiuto finanziario di Vittorio Amedeo II, vennero effettuati lavori di restauro che in parte alterarono le originali forme gotiche dell’architettura. Con Bolla Pontificia di Papa Benedetto XIV, nel 1750, l’Abbazia ed i suoi patrimoni divennero proprietà dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, ed eretti in Commenda.

Del complesso abbaziale si evidenziano in particolare la Chiesa, con il Polittico di Pascale Oddone e il gruppo ligneo cinquecentesco della Crocifissione, il Chiostro, il Refettorio, con tracce di dipinto raffigurante “L’ultima cena”, la Sala Capitolare e la Foresteria. Gli altri edifici costituiscono il cosiddetto “concentrico” di Staffarda, ossia il borgo, che conserva tuttora le storiche strutture architettoniche funzionali all’attività agricola, come il mercato coperto sulla piazza antistante l’Abbazia e le cascine.

 

INFO

www.ordinemauriziano.it

Piemonte longobardo

Andare per il Piemonte longobardo è da oggi più facile e più affascinante grazie alla guida storica di Elena Percivaldi, medievista, ricercatrice e collaboratrice di riviste storiche che ci porta nei tanti luoghi della nostra regione dove abbondano le tracce del passaggio del popolo che 1500 anni fa cambiò la Storia della penisola.
Con il suo libro “Sulle tracce dei Longobardi nell’Italia settentrionale”, Edizioni del Capricorno, l’autrice ci accompagna all’interno di chiese, abbazie, monasteri e necropoli che hanno fatto la storia longobarda nell’Italia del nord. Un testo agile e ben illustrato di 160 pagine che conduce i lettori, soprattutto quelli appassionati di archeologia e storia, alla scoperta di questo popolo e della sua preziosa eredità, dal Piemonte al Friuli fino all’Emilia Romagna. Nel 568 d.C. i Longobardi di re Alboino, giunti dalla Pannonia, l’odierna Ungheria, penetrarono nell’Italia del nord governata dai Bizantini e conquistarono gran parte della penisola. Varcato il confine occuparono il Friuli e dilagarono in Veneto e da qui entrarono in Lombardia per spingersi fino in Piemonte, Emilia e Toscana. Molte importanti città italiane caddero nelle loro mani. Il loro regno durò poco più di due secoli fino alla conquista di Carlo Magno nel 774, salvo il Ducato di Benevento che sopravvisse fino all’arrivo dei Normanni alla metà dell’XI secolo. Un capitolo del libro riguarda il Piemonte. Torino fu governata da diversi duchi longobardi tra i quali Agilulfo, futuro re e marito della regina Teodolinda, Arioaldo, Garipaldo e Ragimperto ma in città non è rimasta nessuna traccia del Palazzo dei duchi longobardi. Sono emersi invece resti di abitazioni, tombe e lapidi come la lapide funeraria di Ursicino, vescovo di Torino (562-609), morto a 80 anni dopo quasi 50 anni di episcopato, rinvenuta a metà Ottocento durante gli scavi nel Duomo e murata su una parete della cattedrale. I numerosi frammenti di epoca longobarda, provenienti da edifici abbattuti e recuperati durante gli scavi moderni, sono esposti nel Museo d’Arte Antica a Palazzo Madama, nel Museo diocesano e nel Museo di Antichità che conserva anche il corredo della “Dama del Lingotto”, una ricca donna longobarda del VII secolo sepolta con orecchini e altri gioielli scoperti all’inizio del Novecento scavando un pozzo in via Nizza. Anche ai confini di Torino le presenze longobarde sono numerose, dalla zona del Lingotto a Sassi, dal Fioccardo a Rivoli. Ma sono le necropoli longobarde le scoperte più stupefacenti. Da quella di Carignano con tombe nobiliari e sepolcreti a quelle ben più preziose di Collegno con 157 tombe del VI-VIII secolo e di Moncalieri-Testona con 350 sepolture. Per qualità e numero dei reperti si possono considerare tra le più importanti d’Italia. Gli oggetti di corredo rinvenuti a Collegno e a Testona, composti da fibbie di cintura in bronzo dorato e in ferro, fibule a staffa, piccole croci d’oro, coltellini, armi, monili e ceramiche, sono in mostra al Museo di Antichità di Torino.
Oltre alle necropoli i longobardi ci hanno lasciato anche formidabili strutture difensive emerse tra Torino e le vie di comunicazione verso la Francia come le “chiuse” di Susa, Aosta, Bard e Chiusa San Michele dove si svolse la celebre battaglia tra i Longobardi e i Franchi di Carlo Magno nel 773 anche se oggi resta ben poco della possibile fortificazione longobarda collocata tra il monte Pirchiriano, dove sorge la Sacra di San Michele, e il monte Caprasio. Proseguendo il nostro tour sulle orme dei longobardi in Piemonte raggiungiamo la necropoli di Borgomasino vicino all’antico ducato di Ivrea con oltre 90 tombe di uomini armati e sepolti con i loro cavalli. All’epoca longobarda, nel ducato di Asti, si fanno invece risalire chiese e monasteri come Sant’Anna, una parte della cripta della chiesa di Sant’Anastasio, strutture superstiti nei sotterranei di Palazzo Mazzetti e la cripta della Collegiata di San Secondo.
Ma la più grande necropoli della penisola è stata individuata dieci anni fa a Sant’Albano Stura, nel cuneese, con oltre 800 tombe riportate alla luce durante i lavori dell’autostrada Asti-Cuneo lungo il torrente Stura. Non ci sono resti ossei ma corredi anche molto ricchi e numerose monete. Il sito è stato ricoperto per consentire i lavori autostradali e una parte dei reperti è esposta al Museo civico di Cuneo. L’itinerario proposto dalla Percivaldi ci porta infine sull’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, in provincia di Novara, ritenuta la roccaforte di un ducato longobardo, quello di San Giulio, fondato ai tempi di Alboino. Il libro si chiude con “dieci mete longobarde imperdibili” e tra queste spiccano il Museo di Antichità nei Musei Reali in via XX Settembre a Torino, l’Abbazia di San Colombano a Bobbio piacentino, le chiese di San Michele Maggiore e San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, il Tempietto longobardo a Cividale del Friuli, il Duomo di Monza e Santa Giulia a Brescia.
Filippo Re

Il gianduiotto di Torino tra storia e curiosità

Il gianduiotto di Torino può sembrare un cioccolatino come tanti altri ma è uno dei simboli della finissima arte dolciaria del capoluogo piemontese. 

Basta guardarlo e si nota subito la sua forma inconfondibile a barchetta rovesciata, Assaggiandolo, poi, si può riconoscere il gusto caratteristico del gianduia che gli dai nome e lo rende unico e amato da adulti e bambini.

Ma qual è la storia del gianduiotto? Scopriamola insieme.

… continua a leggere:

Il gianduiotto di Torino: tra storia e curiosità

Bandiere a mezz’asta al Comune di Sestriere per celebrare il Giorno del Ricordo

Istituito nel 2004, ogni 10 febbraio si celebra in Italia il Giorno del Ricordo, l’occasione in cui vengono commemorate le vittime della Strage delle Foibe e l’esodo della popolazione di origine italiana dai territori dell’Istria e della Dalmazia, un altro drammatico capitolo della Seconda Guerra Mondiale.

È nell’unione delle istituzioni pubbliche che si consacra il Ricordo di uomini e donne vittime della violenza umana.
È dovere dei cittadini e rappresentanti praticare questo esercizio nel GIORNO DEL RICORDO e in ogni altro giorno in cui si celebrano le civili e innocenti vittime di guerra.
Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ricorda cosi i fatti accaduti:“Per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia.”

Thomas Martin

Piemonte Italia, “quattro stagioni molte occasioni”

Con il portale www.piemonteitalia.eu dal 2010 la Regione Piemonte promuove la cultura e le attività turistiche del territorio.

Piemonte Italia è uno dei siti più completi e aggiornati sugli eventi culturali e turistici piemontesi. Immagini selezionate e contenuti turistico-culturali completi e dettagliati sono la cifra distintiva del portale.

Il sito è dedicato agli appassionati di arte e cultura, agli amanti dello sport e delle attività all’aria aperta, alle famiglie e, in generale, a tutti coloro a cui piace scoprire curiosità locali.

Piemonte Italia è aggiornato quotidianamente da una redazione web. Oltre agli eventi, il sito dispone di molteplici contenuti di interesse quali musei, abbazie, castelli, alberghi, ricette, ristoranti e molto altro ancora.

Potete trovare Piemonte Italia anche sui canali Social: Facebook, Instagram, Twitter e Youtube.

Le iniziative a Torino per il Giorno del Ricordo

In occasione del Giorno del Ricordo, che si celebra il 10 febbraio, si svolgeranno a Torino e a Fondotoce diverse manifestazioni (secondo un calendario che va dal 6 febbraio al 5 marzo), per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

Una vicenda che ha toccato in modo significativo anche Torino e il Piemonte.

“Le Foibe sono state un’immane tragedia a lungo rimossa – dichiara il presidente del Consiglio, Stefano Allasia – ma ricordarla ci rende tutti più forti e credibili nella difesa e nell’affermazione dei valori fondamentali sui quali è nata e si è costruita la nostra Repubblica. Le ideologie fondate sulla discriminazione e sulla negazione dell’altro, di qualunque colore politico o religioso esse siano, inevitabilmente conducono alla negazione dei valori dell’uomo. Le istituzioni e tutti coloro che ricoprono responsabilità pubbliche, hanno il dovere di promuovere ogni iniziativa utile alla memoria di quella tragica vicenda”.

Aggiunge il vicepresidente Mauro Salizzoni: “Le foibe e l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, costituiscono una pagina drammatica della storia italiana. Come ha ricordato il Presidente Mattarella, tanto sangue innocente bagnò quelle terre. Furono migliaia e migliaia i profughi in fuga dal confine orientale, moltissimi arrivarono in Piemonte. Da allora le associazioni degli esuli, in particolare l’Anvgd, hanno svolto un lavoro molto importante per fare verità su quelle vicende complesse e per troppo tempo rimosse. Il Giorno del Ricordo è una preziosa occasione per approfondire, commemorare e condividere una memoria comune, condizione indispensabile per affermare i valori della democrazia, della libertà, della pace. Non sprechiamola in polemiche o in provocazioni”.
Gli eventi sono sostenuti dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale e promossi dal Comitato di Torino dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

Si comincia domenica 6 febbraio alle ore 16.30 presso il circolo culturale Istriani Fiumani Dalmati di Torino (via Parenzo, 95/60 – angolo via Pirano) con l’inaugurazione della mostra documentaristica “Il grande esodo da Fiume”, a cura di Tiziano Bellini.
La mostra sarà visitabile da lunedì 07/02/2022 a domenica 20/02/2022 dalle ore 14.00 alle ore 17.30. Sabato chiuso, ingresso gratuito. A cura di Anvgd Torino.

Lunedì 7 febbraio apertura della mostra fotografica “Esodo istriano-dalmata” nelle vetrine dell’Urp del Consiglio regionale del Piemonte (via Arsenale 14, Torino), fino al 4 marzo.
Le immagini e i materiali esposti provengono dall’archivio della sezione torinese dell’Anvgd.
Ad arricchire l’esposizione un plastico, che riproduce il villaggio delle baracche di corso Polonia a Torino (attuale corso Unità d’Italia). Sorto nel 1947 sulle rive del Po per ospitare profughi e sfollati provenienti da diverse zone, venne smantellato in vista delle manifestazioni per l’anniversario dell’Unità d’Italia del 1961.

Mercoledì 9 febbraio, dalle 17 alle 19, il seminario online “Fonti, memorie, rappresentazioni di un esodo” intende favorire lo studio e la condivisione di strumenti atti ad accrescere la conoscenza dell’esodo giuliano dalmata nell’ambito dei più generali fenomeni di spostamenti forzati di popolazione, che connotano numerose regioni d’Europa al termine del secondo conflitto mondiale. Gli interventi in programma intendono illustrare tre differenti risorse di cui sarà data visione nel seminario: il Fondo Donora che riunisce fonti audiovisive familiari inedite; il costituendo museo virtuale del Circolo “Istria”; l’ampio e originale documentario Fertilia lstriana che racconta il reinsediamento di una cospicua comunità di esuli in Sardegna nel 1947.
Interventi di Francesca Angeleri, Enrico Miletto, Ezio Giuricin, Daniele Kovacic, Sergio Toffetti.
Coordina Riccardo Marchis.
A cura di Istoreto in collaborazione con Anvgd Torino, Archivio Nazionale Cinema Impresa, Polo del ‘900, Fondazione Vera Nocentini, Circolo di Cultura istro-veneta “Istria”, Anpi Torino, Ufficio Scolastico Regionale Piemonte.
L’incontro si terra sulla piattaforma Zoom, previa iscrizione (100 posti) al link https://docs.google.com/forms/d/1ZeZFWiFLB_mOSRV0OHV55RbxcIA-m4qsuNT30vHuAM0

Gli altri eventi in programma

Giovedì 10 febbraio 2022

ore 9.30 Duomo di Torino.
Santa Messa in suffragio celebrata dal parroco del Duomo don Carlo Franco e cantata dal coro C.a.r.p. di Torino.

Ore 11.00 Cimitero Monumentale di Torino
Cerimonia commemorativa presso il monumento dedicato alle Vittime delle Foibe e dell’Esodo degli Istriani Fiumani e Dalmati alla presenza delle autorità.

Ore 15.00 Sala del Consiglio comunale di Torino – Palazzo Civico
Cerimonia istituzionale alla presenza del sindaco della Città di Torino, del presidente del Consiglio comunale e delle autorità.
Intervento del presidente dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Torino, Antonio Vatta.
Orazione ufficiale da parte di Nino Boeti, già presidente del Consiglio regionale del Piemonte.

Giovedì 17 febbraio ore 10.30
corso Cincinnato angolo via Pirano – Torino
Cerimonia commemorativa con posa di una corona alla targa dedicata dal Comune di Torino agli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.

Sabato 26 febbraio ore 20.30
Conservatorio “Giuseppe Verdi” (piazza Bodoni, Torino)
Concerto per il Giorno del Ricordo dell’orchestra mandolinistica della Città di Torino diretta dal maestro Pier Carlo Aimonee dal coro Cai Uget di Torino diretto dal maestro Andrea Giovando.

Sabato 5 marzo

Sala di Villa Giulia – Lungolago di Pallanza (Vco)
La Casa della Resistenza di Verbania Fondotoce organizza un convegno con gli interventi del presidente Anvgd Torino Antonio Vatta e altri soci dove verrà raccontata la loro esperienza di profughi-esuli in Italia e, in particolare, in una grande città come Torino. Partecipa in collegamento da Trieste il giornalista di Telecapodistria Ezio Giuricin, presidente del circolo di cultura istro-veneta “Istria”.

La Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco” ha compiuto una selezione di titoli sul tema.
Per prenotare un appuntamento per il prestito è necessario contattare la Biblioteca al numero 011.5757371 o all’indirizzo email biblioteca@cr.piemonte.it

Gianna Sassone, la prima majorette. Una storia appassionante 

Come le grandi showgirls dello spettacolo, Gianna Sassone (1953-2020) realizzò i propri sogni con passione, sacrificio, coraggio e intuito.

Infatti aveva dentro di sé una carica musicale in fermento che spiccava con l’originale modo di ballare durante i pomeriggi festivi nelle discoteche casalesi. Nel 1966 a soli 13 anni restò affascinata da una sfilata americana di ragazze trasmessa in Tv. Convinse il padre Giulio trombettista nella banda musicale casalese “la Mounfrin’a” a portarla nel proprio gruppo
per esibirsi con la mazza del maestro Fassio. L’idea fu accolta con entusiasmo dalla dirigenza della banda.
Così al carnevale del 1967 nasceva a Casale Monferrato il 1°gruppo assoluto in Italia di majorettes con 6 ragazze e Gianna come capitana. Il debutto non fu senza difficoltà sia per le coreografie necessarie che per la creazione delle divise nonostante la sua giovane età. Trovò il sostegno necessario in Ettore Berardi, cavaliere di gran croce della Repubblica italiana e sarto  casalese di fama nazionale detto ” la forbice d’oro” con ateliers a Casale e Torino, amico di Alberto Lupo, Enzo Tortora, Claudio Villa, Vittorio de Sica, Mike Bongiorno e Gianluigi Marianini.Nel 1968 mentre in Italia radio 2 trasmetteva Bandiera Gialla con Arbore e Boncompagni e si svolgeva il Cantagiro con Caterina Caselli e Gianni Morandi, prodigiosamente da Pippo Baudo a Settevoci si presentò Gianna con 24 ragazze.Sul 1° canale Rai quella domenica fu subito successo e per Gianna e le majorettes fu l’inizio di una brillante carriera.
Tra molti dubbi e qualche curiosità le majorettes portarono a Casale una ventata di movimento e risveglio musicale che non aveva precedenti. Le loro sfilate hanno aperto per diversi anni il famoso torneo internazionale giovanile di calcio Umberto Caligaris.Sull’onda del successo Gianna contattò l’ Anbima, associazione che affiliava numerose bande musicali.Si trovò così a preparare le formazioni delle majorettes per le bande del territorio nazionale come “le figlie del Po” di S.Mauro Torinese,di Settimo Torinese, Carrù, Occimiano, Oleggio, Monterotondo (Roma), Samassi (Cagliari) e molti altri gruppi.Il progetto innovativo di Gianna prendeva corpo.Nel 1970 frequentò a Marsiglia dei corsi di formazione tecnica twirling, disciplina agonistica con attrezzo sotto la guida del famoso insegnante Pier Bel.Acquisì anche nuove tecniche con le campionesse di Francia Cristine Bel, Maria- Ange Brillette e Chantal Cardonnet.
In qualità di campionessa italiana partecipò nel 1971 al campionato europeo di Blois (Parigi) organizzato dalle federazioni Fnms e Nbta, ottenendo un meraviglioso 3° posto con la medaglia di bronzo.Dai propri successi nacque così la Fim, prima federazione italiana majorettes poi diventata Fist,dove nel 1975 acquisì i diplomi di insegnante federale twirling e di giudice federale.Per 15 anni ottenne in Europa molti consensi intervenendo con numerosi gruppi a raduni, festivals e manifestazioni artistico-sportive.Dopo le affermazioni di Gianna,  Casale ospitò nel 1976 il 3° campionato nazionale con la partecipazione di 10 gruppi con 1500 majorettes e 15 bande musicali, presente il presidente nazionale Fist Maurizio Chizzoli.Per i propri 50 anni di carriera Gianna e la sorella Bruna organizzarono nel 2016 un raduno regionale sfilando per le vie cittadine.Erano presenti le “Vintagettes”di Casale,le “Azzurre” di Occimiano con la celebre filarmonica,le “Old”di Gattinara,le “Stelle Azzurre” di Settimo Torinese,le “Scarlet” di Peveragno (Cuneo),le “Panta Rei” di Robbio Lomellina, le “Majorettes” di Santhià, le “Senior figlie del Po” di S.Mauro Torinese,le “Cherry Twirl” di Cereseto e le “Reunion” di S.Felice al Panaro (Modena).
Oggi le associazioni svolgono attività didattiche, folcloristiche e agonistiche selezionando atlete per la nazionale che parteciperà a competizioni europee e mondiali.Sabato 8-2-2020 Gianna si spegneva; il giorno successivo in suo onore il gruppo di S.Mauro Torinese partecipava comunque alla sfilata di Oleggio con una rosa gialla sulle divise , proprio come avrebbe voluto lei . Avendo vissuto tra Casale, Torino e Cereseto fu un punto di riferimento per i gruppi e con la propria allegria contagiosa e sempre operativa entrò nella storia delle majorettes italiane.
Armano Luigi Gozzano

Una mostra a Torino per il Giorno del Ricordo

La mostra fotografica “Esodo istriano-dalmata” è allestita nelle vetrine dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Consiglio regionale del Piemonte (via Arsenale 14 a Torino) dal 7 febbraio al 4 marzo 2022, in occasione delle celebrazioni del Giorno del Ricordo, che ricorre il 10 febbraio.

Le immagini e i materiali esposti provengono dall’archivio della sezione torinese dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia ANVGD.

Ad arricchire l’esposizione un plastico, che riproduce il villaggio delle baracche di corso Polonia a Torino (attuale corso Unità d’Italia). Sorto nel 1947sulle rive del Po per ospitare profughi e sfollati provenienti da diverse zone, venne smantellato in vista delle manifestazioni per l’anniversario dell’Unità d’Italia del 1961.

In Piemonte le città che ospitarono le comunità degli istriani, fiumani e dalmati furono prevalentemente tre: Torino, Tortona e Novara. Altri centri di accoglienza venneroi allestiti su tutto il territorio italiano e regionale (come illustra la cartina esposta).

A Torino la maggior parte dei profumi istriani (1500 persone) furono ospitati nelle Casermette di Borgo San Paolo (nell’area dell’attuale caserma dei carabinieri di via Guido Reni angolo via Veglia) che furono sgomberate nel 1966. Dopo quella data, gli istriani si insediarono in varie zone della città: nelle case Fiat del Lingotto, a Falchera Vecchia e soprattutto nel quartiere di Santa Caterina a Lucento (dove ha sede oggi l’associazione).

Nella mostra sono presenti anche immagini d’epoca dei Centri Raccolta Profughi di Tortona (AL), Bari, Laterina (Arezzo), La Spezia, Fertilia (Sardegna), due francobolli celebrativi dell’esodo e il monumento realizzato al Cimitero Monumentale di Torino.

A Chieri riaffiora l’antica chiesa

SANT’ANDREA

Durante i lavori in via Tana sono state rinvenute murature, probabilmente le fondamenta della chiesa progettata da Filippo Juvarra, realizzata intorno al 1730 e distrutta nel 1811

 

Nell’area occupata dall’edificio della ex scuola di via Tana (la scuola Angelo Mosso), è in corso il cantiere per la realizzazione di un ampio parco già denominato «PATCH-PArcoTessileCHierese», un’area verde, che collegherà il Parco dell’area Caselli con il Parco Tepice del Pellegrino.

Durante i lavori di scavo sono emersi tratti di muratura, riconducibili alla Chiesa di Sant’Andrea, capolavoro progettato da Filippo Juvarra tra il 1728 ed il 1733, e distrutto in età napoleonica.

Il progetto del parco urbano, infatti, già prevedeva la piantumazione di alberi e siepi per richiamare l’impronta della chiesa juvarriana. «Si tratta di una scoperta storica molto importante-commentano le assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici Flavia BIANCHI e alla Cultura Antonella GIORDANO-Il ritrovamento di quello che fu un gioiello barocco conferma la bontà della scelta della nostra amministrazione, ovvero di non destinare quell’area alla realizzazione di nuovi alloggi (una cinquantina quelli previsti), ma di procedere alla demolizione dell’ex scuola, dismessa nella seconda metà degli anni Duemila, per realizzare un parco urbano. Con la Variante urbanistica 35, poi, l’area è stata destinata esclusivamente a servizi, riqualificandola a verde, ed il progetto ha ottenuto un finanziamento di 320mila euro della Compagnia di San Paolo. Ora valuteremo come valorizzare questa scoperta, sia sotto il profilo del dibattito culturale sia per rendere più bello il parco che sorgerà in questa zona di Chieri».

 

NOTA STORICA (a cura di Vincenzo Tedesco, Archivio storico del Comune di Chieri)

 

La chiesa di Sant’Andrea fu edificata nel secolo XIII dalle monache cistercensi, che in precedenza occupavano un monastero fuori le mura di Chieri in un luogo detto “ad Fontem Stivolatum”. Il monastero sorgeva a ridosso delle mura trecentesche, nei pressi della Porta del Nuovo, detta anche dei Cappuccini, che immetteva sulla via per Pecetto.

Nel corso del Settecento furono rinnovati radicalmente monastero e chiesa: il primo ad opera di ignoto architetto, la seconda su disegno dell’abate Filippo Andrea Juvarra.

Al Museo civico di arte antica di Torino (Palazzo Madama) si trovano alcuni disegni juvarriani relativi alla nostra chiesa:

https://www.palazzomadamatorino.it/it/le-collezioni/catalogo-delle-opere-online/santandrea-chieri

Per l’occasione, le monache ottennero che le case poste davanti alla chiesa venissero demolite e ricostruite con andamento curvilineo, per formare un degno sagrato davanti all’edificio sacro. Nacque, così, il piazzale di Sant’Andrea.

Le monache lasciarono il monastero con le soppressioni del 1802. La chiesa fu demolita circa dieci anni dopo. L’edifico conventuale passò di mano varie volte e dal 1857 al 1901 vi ebbero sede le monache Canonichesse Lateranensi di Torino. Poi, nel 1963, il Comune di Chieri demolì l’antico e vetusto monastero per edificarvi due edifici scolastici.

Sul sito dell’orto delle monache (oggi in parte adibito a parco) sorse la tintoria Vincenzo Caselli, in parte ancora esistente. Sul sito dei rustici pose la sua abitazione l’industriale Caselli, il cui busto campeggia nel giardino.
La chiesa ospitava un organo di Bernardo Antonio Vittone ed una grande tela dipinta, l’Assunta, opera di Sebastiano Taricco (1641-1710) da Cherasco. Gli stalli del coro furono venduti e portati alla chiesa della Madonna del Carmine di Torino.

Molto suggestivo il dipinto di Pietro Fea, pittore casalese, che raffigura la demolizione della chiesa (Palazzo Madama: https://www.palazzomadamatorino.it/en/node/23996).

 

Alpini, 150 anni nel solco della Medaglia d’Oro Signorini

Sezione A.N.A. Casale Monferrato

Nell’anno in cui ricorre il 150° anniversario della fondazione del Corpo degli Alpini ( 18 ottobre 1872) sancito dal Regio Decreto di Vittorio Emanuele II il pensiero va, con gratitudine e ammirazione, alle tante associazioni alpine italiane che ne custodiscono la memoria e proseguono le attività altamente meritorie.

Tra queste la Sezione di Casale Monferrato, nata ufficialmente il 5/10/1928, attualmente è presieduta dal Cav.Uff. Gian Luigi Ravera, eletto nel 1999 dopo essere stato dal 1973 nel consiglio direttivo, onorando il prestigioso incarico con passione, competenza e abnegazione.

A lui e ai suoi alpini si devono le innumerevoli attività di volontariato con particolare attenzione alle persone fragili bisognose d’aiuto.

Grazie a questo encomiabile impegno la città di Casale ha conferito alla Sezione la Medaglia d’Oro al Merito Civico.

Tra le tante iniziative basti ricordare l’organizzazione del 7°campo di Moggio Udinese per la ricostruzione dopo il terremoto del 1976; la costruzione del centro donato all’ANFASS nel 1988; il soccorso alle popolazioni alessandrine durante l’esondazione del Tanaro nel 1994.

Nel 1999 fu inaugurata la Sede sociale di Casale in via De Cristoforis e si continuò il soccorso agli alluvionati a causa della inondazione del Po.

Nel 2001 si costituì ufficialmente l’unità di Protezione Civile con il motto “Il nostro fronte è la solidarietà”; nel 2004 si completò il recupero del Sacrario degli oltre 4.000 caduti monferrini.

Nel 2006 si raccolsero i fondi per la ricerca contro il mesotelioma pleurico dovuto all’esposizione all’amianto.

Nel 2007 si donò all’associazione Pulmino Amico un mezzo per il trasporto degli ammalati oncologici in terapia, fu attivata l’operazione ”Torna a sorridere” con l’offerta gratuita di protesi dentarie agli indigenti e si realizzò la sala controllo post operatoria; ultimamente si donò la poltrona odontoiatrica per i disabili per la sala dell’ospedale S. Spirito intitolata all’Alpino Dr. Gian Carlo Zoccola.

Nella sede si svolgono anche attività culturali storiche, artistiche, musicali, organizzando convegni e spettacoli.

Fiore all’occhiello la sala museale dedicata al colonnello Paolo Signorini (Casale Monf. 1896- Sebekino 1943) comandante del 6° Reggimento Alpino Divisione Tridentina al fronte Russo, stroncato da infarto alla notizia della distruzione dei suoi reparti durante il ripiegamento del Don, ora sepolto nel Sacrario di Cargnacco.

La prestigiosa Medaglia D’Oro al Valor Militare conferitagli è apposta con venerazione sia sul Vessillo sezionale sia sul Labaro dell’Associazione Nazionale Alpini, senza dimenticare le 23 medaglie d’argento e le 63 di bronzo attribuite per gli atti d’eroismo agli alpini monferrini.

Grazie alla generosa donazione della nipote Viviana Signorini, il valoroso percorso militare del colonnello è testimoniato dall’importante materiale esposto nella sala che ricorda la partecipazione alle due Guerre Mondiali.

Rari documenti, fotografie, divise, manoscritti, gli sci da discesa, la piccozza, i ramponi lo rammentano come istruttore alla scuola militare di Aosta, campione nazionale di sci e di penthatlon.

Nelle apposite vetrinette sono custoditi tanti oggetti personali, l’orologio, l’accendino, la macchina fotografica, fotografie della sua famiglia e, a dimostrazione dei suoi interessi non solo militari ma anche culturali, i minuscoli breviari dell’Istituto NazionaleItaliano che trattano di letteratura, storia, religione, viaggi e di tante altre discipline.

Sono contenute anche alcune lettere scritte ai suoi cari, in particolare l’ultima sua lettera inviata alla moglie che denota tenerezza e nostalgia sopportata con forza d’animo e senso del dovere.

Altri spazi documentano il valore di figure di Alpini quali Felice Ferraris sepolto a Nairobi e don Luigi Lavagno, cappellano militare, di cui sono esposte le lettere dal campo di prigionia e la corrispondenza con il Vescovo Angrisani della Diocesi di Casale.

La visita al museo offre un accrescimento di conoscenza storica e culturale altamente educativa, in particolar modo per i giovani e per le scuole in uno spazio appositamente a loro dedicato.

Giuliana Romano Bussola