STORIA- Pagina 76

Inizio settembre alla Fondazione Torino Musei

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AGENDA APPUNTAMENTI 

2 – 8 settembre 2022

 

SABATO 3 SETTEMBRE

 

Sabato 3 settembre ore 15

TRA GOTICO E RINASCIMENTO

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Un itinerario che offre la possibilità di conoscere le collezioni del museo, traendone una visione d’insieme. Previa presentazione generale delle opere custodite a Palazzo Madama, la visita rivolgerà un particolare focus all’arte gotica e rinascimentale. Ci si soffermerà quindi sul Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, sulle opere dell’artista borgognone Antoine de Lonhy, per poi continuare con artisti quali Martino Spanzotti e Defendente Ferrari.

È un’occasione per conoscere il Museo Civico d’Arte Antica di Torino con uno sguardo rivolto ai secoli XV e XVI, quando il Rinascimento e le nuove correnti artistiche raggiunsero il territorio e diedero spunti nuovi a un Nord-Ovest pronto ad accogliere le importanti novità.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Sabato 3 settembre ore 16

THE REINCARNATION OF KHENSUR RINPOCHE

MAO – proiezione nell’ambito della mostra Il Grande Vuoto

Choenzey è un monaco di 47 anni che vive in un monastero tibetano nel sud dell’India. Il suo maestro spirituale, Khensur Rinpoche, è morto da quattro anni e, secondo la credenza tibetana, presto si reincarnerà. È però responsabilità di Choenzey, in quanto suo discepolo più stretto, trovare la reincarnazione e prendersene cura. Il film segue la ricerca di Choenzey e la sua scoperta di un bambino di 4 anni birichino ma simpatico, riconosciuto dal Dalai Lama e dall’Oracolo di Stato tibetano come la sua reincarnazione. Senza sentimentalismi, il film coglie il commovente rapporto che si sviluppa tra l’ex discepolo e il suo giovane maestro.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Sabato 3 settembre ore 16.30

AI PIEDI DELLA TORRE

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Un itinerario insolito all’interno di Palazzo Madama: vi racconteremo la storia di un’architettura straordinaria, che ancora oggi possiamo leggere osservando i diversi elementi costruttivi e decorativi dell’edificio, per proseguire attraverso una passeggiata nel Giardino Botanico Medievale ai piedi della torre. Un vero e proprio angolo verde, le cui prime testimonianze risalgono al 1402, periodo in cui furono avviati i lavori di ingrandimento dell’edificio per volere di Ludovico principe d’Acaia. Grazie ai documenti conservati all’Archivio di Stato si è potuto ricostruire il giardino nella forma e nell’inserimento di piante e erbe, presenti nei diversi trattati dell’epoca. Avremo modo di percorrere e approfondire le diverse parti di cui è composto: dall’hortus (orto) al viridarium (bosco e frutteto) fino al iardinum domini (giardino del principe).

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

DOMENICA 4 SETTEMBRE

 

Domenica 4 settembre

IL GRANDE VUOTO

MAO – chiude la mostra

Quello di vuoto, di vacuità, è un concetto centrale per la dottrina buddhista: il vuoto non è solo l’istante che precede la nascita di tutte le cose, ma è anche il vuoto finale, la liberazione di tutti gli esseri senzienti a un livello cosmico. All’opposto di quanto accade nelle tradizioni culturali e filosofiche europee, dove il termine “vuoto” porta con sé una connotazione negativa che la avvicina a idee nichiliste e alla mancanza o privazione, per il buddhismo la vacuità ha una connotazione positiva legata in ultima istanza al raggiungimento della consapevolezza, ovvero alla comprensione che la vita, con i suoi continui mutamenti, è impermanenza e interdipendenza, poiché tutto esiste solo in relazione all’altro. Capire questo, e quindi liberarsi dalla sofferenza della vita, si risolve in una dimensione di pace assoluta (nirvana): è qui che si rivela l’essenza del Buddha, che non è divinità, ma appunto Vuoto.

L’esposizione “Il grande Vuoto. Dal suono all’immagine” è dedicata proprio a questi concetti: la mostra vuole offrire al pubblico un’esperienza multisensoriale particolarmente coinvolgente ed è anche un segno forte di speranza per un futuro che si rivela incerto e sconfortante.

 

Domenica 4 settembre ore 15

DA CASTELLO A MUSEO

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Palazzo Madama è un sito che si trasforma nei secoli. In origine fu porta romana facente parte della cinta muraria, poi divenne fortezza medievale e castello dei principi d’Acaia, proseguendo quale residenza delle due Madame Reali e divenendo successivamente la sede del primo Senato Subalpino. Dal 1934 assume un nuovo ruolo: si inaugura la sede del Museo Civico d’Arte Antica con un patrimonio che vanta oltre 70.000 opere. La visita guidata rivela ogni aspetto di questo articolato percorso, scandendo ogni passaggio che, nei secoli, in questo luogo si è verificato. Architettura, arte e apparati decorativi, passando dalla struttura agli arredi: venti secoli di storia senza interruzione, nel centro della città.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

Domenica 4 settembre ore 16.30

ORO, ARGENTO, BRONZO: RIFLESSI METALLICI

Palazzo Madama – visita guidata tematica

Il metallo e la sua lavorazione è il protagonista della passeggiata guidata tra gli oggetti d’arte di raro pregio del museo. Sguardi rivolti verso oggetti luccicanti da scoprire insieme, partendo dal Tesoro di Desana, per passare a sala Acaia, dove il famoso cofano del Cardinale Guala Bicchieri offre mille spunti da raccontare, e proseguendo tra le vetrine degli smalti limosini. Bronzo, ottone…si fa presto a dire metallo di fronte al reliquiario di San Maurizio, un capolavoro di tecnica completamente rivestito da lamina in argento decorata a sbalzo. Quali sono le differenze fra i vari tipi di leghe e materiali? Ceselli e bulini: quali sono gli strumenti utilizzati? Sono solo alcune delle curiosità che sveleremo durante la visita guidata.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Domenica 4 settembre ore 18.30

CONCERTO DI KYOSHINDO PER IL GRANDE VUOTO

MAO – performance nell’ambito della mostra Il Grande Vuoto

Taiko contemporaneo.

I membri del collettivo KyoShinDo praticano lo studio delle percussioni giapponesi taiko e delle arti tradizionali giapponesi presso il KyoShinDo Taiko Dojo situato sulle alture dell’Appennino ligure fin dal 2004. Il KyoShinDo ha un approccio davvero unico all’arte del taiko. Incorporando il karate in questa già spettacolare arte performativa, rielabora lo stile tradizionale in una forma innovativa tramite ritmiche d’avanguardia, spingendo i limiti del taiko in un contesto nuovo e contemporaneo. Costruttori dei tamburi che suonano, hanno partecipato a numerosi festival ed eventi in Italia, Giappone, Germania, Francia, Qatar, Oman, Arabia Saudita, Malta.

Prenotazione obbligatoria alla mail eventiMAO@fondazionetorinomusei.it

I biglietti sono disponibili in museo e comprendono l’ingresso in mostra.

Biglietto singolo: 15 € | Ridotto studenti: 10 €

 

Theatrum Sabaudiae propone visite guidate in museo

alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.

Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

Al Palio di Asti per riscoprire il Vermouth

IN SCENA IL 4 SETTEMBRE

Torino – Asti: distanti 56 km ma vicine per una tradizione storica e culturale rappresentate dal rito dell’aperitivo a base di vermouth ( o Wermut, nome tedesco dell’artemisia, l’erba principale dalla quale si realizza il liquore) .
Nel tempo, questo particolare rito, ricordato anche da molte stampe pubblicitarie famose, si è andato perso:  ma, attraverso eventi storici e importanti quali il Palio di Asti, ha ritrovato  la sua espressione storica grazie al lavoro costante e alla presa di coscienza dell’azienda vinicola PERLINO che ha scommesso su quanto fosse utile unire la conoscenza attinente ai vini del territorio ( l’astigiano) alla cultura storica e delle tradizioni, senza le quali sarebbe vana ogni tipo di narrazione.
Ed è così che lo stabilimento con sede ad Asti , che vanta la produzione di  oltre 100.000 bottiglie fra spumanti e vermouth, e che ha installato di recente un nuovo sito produttivo a Montiglio Monferrato per l’insediamento di una particolare bottaia per l’affinamento dei vini, ha incontrato e ospiterà ad assistere all’evento i vertici della multinazionale “ Le Martiniquaise Bardinet” ( secondo gruppo francese nella produzione di alcolici) .
Naturalmente, questo importante passaggio, favorirà l’arrivo di ospiti da tutta Europa che potranno conoscere il tradizionale corteo storico, ma non solo: avranno la possibilità di spostarsi nei locali tipici della città, degustando i vari cocktail preparati per l’occasione a base vermouth,  e assaggiando quello che Perlino ha messo a punto con la creazione di una “special edition”  denominato ” Corsieri del Palio” ,  che suona come un omaggio alla cittá di Asti e al suo passato medievale. La sua ricetta originaria prevede un’accurata selezione di erbe e spezie, lasciate in infusione singolarmente a caldo o estratte a freddo in base alle loro caratteristiche,  e solo successivamente miscelate, dopo che tutto il profumo e l’aroma sono stati naturalmente assorbiti dai singoli infusi.

Cosí come spiega l’azienda , ” la ricetta rispecchia le radici del Piemonte e, dando voce alle figure storiche che caratterizzano il palio, il corsiero è un cavallo da corsa nobile, forte e bello, orgoglioso e determinato alla sfida. Analogamente , il nostro vermouth, deciso ed equilibrato, con note dolci – amare e un finale agrumato ” .

 

Con il Vermouth di Torino ” Corsieri del Palio”, si arricchisce la gamma della storica azienda fondata nel 1905 da Giuseppe Perlino a Castello d’Annone, piccolo centro vicino Asti. Questa, dopo tanto impegno,  si è progressivamente affermata anche a livello internazionale allo scopo principale di sviluppare, mantenere e valorizzare il legame profondo con le tradizioni astigiane rappresentate,  oggi e principalmente,  dal rapporto vivo con il Palio e il suo vermouth.
Per informazioni sulla storia e sulle caratteristiche del Vermouth dei Corsieri del Palio, è possibile  visitare il sito corsieridelpalio.com
Chiara Vannini

Alla scoperta della Pinerolo (Pignerol) francese

Settembrini tour guidati promossi dal “Consorzio Turistico Pinerolese e Valli”

A partire da sabato 3 settembre (ore 14,30)

Pinerolo (Torino)

In calendario, per ora, due tour gratuiti. Obiettivo: visitare Pinerolo, che  a lungo nel Seicento fu avamposto francese, in un’ottica un po’ diversa e non convenzionale. Alla ricerca, per l’appunto di quella “Pignerol” di cui ancora oggi restano tracce significative ed estremamente interessanti, sotto l’aspetto storico e culturale, fra strade, vicoli ed antichi documenti. Alle porte di Torino e punto di confluenza di diverse valli e valichi alpini, per secoli Pinerolo fu motivo di grande interesse da parte degli Stati confinanti che si contendevano un facile accesso alla pianura. Fra aspre lotte con Casa Savoia, guerre, alleanze di comodo e improvvisi voltafaccia, qui i Francesi ci sono stati a fasi alterni per più di un secolo (a partire dagli inizi del XVII), lasciando segni e legami che perdurano a tutt’oggi. Nel 1630, dopo la conquista del cardinale Richelieu, Pinerolo (“Pignerol”) fu trasformata in “piazzaforte” di Francia, con poderosi bastioni ed un formidabile sistema difensivo comprendente diverse guarnigioni. Interessante, dunque, il viaggio a ritroso di oltre quattro secoli, promosso dal “Consorzio Turistico Pinerolese e Valli”, incaricato dal Comune di Pinerolo, nel quadro del progetto “Paesaggio fortificato, nell’evoluzione del rapporto storico tra il Piemonte e la Francia”, realizzato con il sostegno della “Fondazione Compagnia di San Paolo” e che comprende, oltre al comune pinerolese, i Comuni di Fenestrelle, Usseaux, Prali, l’“Accademia di Musica” di Pinerolo e le Fondazioni “La Tuno” e “Centro Culturale Valdese”. L’iniziativa prende avvio sabato 3 settembre, alle 14,30, con il tour “Pinerolo francese e i Valdesi”, per scoprire come la presenza francese a Pinerolo abbia lasciato tracce visibili che affiorano camminando per le sue antiche strade e piazze. Altre sono custodite negli archivi.

La “Biblioteca Alliaudi” – in questa occasione – aprirà le sue porte e svelerà alcuni interessanti documenti, capaci di tramandare eventi e aneddoti della “Pignerol” dal XVII al XIX secolo. Seguendo un percorso che ripercorre quello degli scomparsi bastioni della città fortificata, si giungerà, poi, al “Tempio Valdese” per parlare della minoranza religiosa spesso perseguitata e talvolta favorita dalla presenza francese in città.

Seconda tappa: venerdì 9 settembre, alle 20,30, con il tour serale “Luoghi, personaggi e vicende”. L’itinerario avrà, come punto di partenza, la “Chiesa di Sant’Agostino” o “Santa Maria Liberatrice”, costruita all’inizio del lunghissimo periodo di dominazione francese nel XVII secolo. Il suo nuovo impiego, come sede di un allestimento legato alle vicende che ne fecero un agguerritissimo avamposto militare del Regno di Francia, permetterà di iniziare una camminata volta a scoprire storie anche attraverso suggestive letture a tema. La visita culminerà alla “Torre del Campanile di San Maurizio”.

Le visite sono gratuite. Ci si prenota inviando una mail a: info@turismopinerolese.it. Per info: tel. 331/3901745

g.m.

Nelle foto:

–       Basilica di San Maurizio e la sua Torre

–       “Pignerol”, stampa seicentesca

–       Chiesa di Sant’Agostino o Maria Liberatrice

La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte

L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso.

 

Torino Liberty

Il Liberty: la linea che invase l’Europa
Torino, capitale italiana del Liberty
Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
Liberty misterioso: Villa Scott
Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
La Venaria Reale ospita il Liberty: Mucha e Grasset
La linea che veglia su chi è stato: Il Liberty al Cimitero Monumentale
Quando il Liberty va in vacanza: Villa Grock

Articolo 9. La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Il Liberty al Cimitero Monumentale
Il Cimitero Monumentale, un tempo chiamato Cimitero Generale, si trova a Nord della città, in una zona non lontana dalla Dora Riparia, nell’area del Regio Parco. Nel 1827 la città di Torino ne deliberò l’edificazione decidendo di situarlo lontano dal centro abitato, in sostituzione del piccolo cimitero di San Pietro in Vincoli, nel quartiere Aurora. L’opera si poté attuare grazie alla donazione di 300 mila lire piemontesi del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo. Aperto nel 1828, su progetto dell’architetto Gaetano Lombardi, con disegno a pianta quadrata dagli angoli smussati, il Monumentale fu presto ingrandito con una parte aggiunta a cura dell’architetto Carlo Sada Bellagio, collaboratore di Pelagio Palagi e vincitore del concorso per la realizzazione della chiesa dedicata al primo vescovo torinese, San Massimo. Seguirono poi necessari ampliamenti, e negli anni tra Ottocento e Novecento l’alta società borghese di Torino affidò a celebri scultori il mandato per la costruzione di imponenti edicole funerarie, a solenne affermazione del prestigio raggiunto dalle singole famiglie. Proprio l’estetica Liberty, sintesi raffinata di natura, tecnica e arte, riuscì ad interpretare il compianto pietoso verso il defunto, delineando il triste tema della morte attraverso pure ed efficaci metafore di una grande arte funeraria.

Tra le opere che possiamo visionare in rigoroso e rispettoso silenzio vi è il Monumento Porcheddu, dedicato al grande ingegnere Giovanni Antonio Porcheddu, che ha introdotto in Italia la tecnica delle costruzioni in cemento armato. Figura essenziale per l’imprenditoria torinese, alla sua impresa si devono imponenti opere, quali l’immenso Stadium del 1911 (demolito nel 1946), il progetto dello stabilimento Fiat Lingotto del 1922, il Ponte Risorgimento a Roma. Il monumento, realizzato dallo scultore Edoardo Rubino e dal decoratore Giulio Casanova, è composto da un semplice sacello marmoreo su cui è posto un corpo femminile, lievemente ricoperto da un lenzuolo che ne lascia scoperto il volto e che scivola appena oltre i bordi del sepolcro. Da una parte e dall’altra di questo, quattro figure femminili, due per ciascun lato, vegliano il feretro: quelle che stanno dal lato del capo porgono su questo le mani un poco rialzate come in segno di protezione, dall’altro lato una delle due donne veglia sul corpo con il capo reclino e l’altra alza il braccio sorreggendo una lampada. La compostezza delle figure lascia trasparire una sobrietà di sapore classico, nei gesti, nei panneggi, nella postura, mentre un delicato senso di pietas avvolge con intensità l’intera struttura compositiva. Sullo sfondo compare una particolare croce con tralci stilizzati di rose nella parte verticale e motivi dorati nel lato orizzontale. Al centro della croce una corona di rose bianche è posta intorno all’inquadratura dorata con la scritta “IHS” (sigla intesa come “Gesù salvatore degli uomini”, ma in realtà è la trascrizione latina abbreviata del nome greco di Gesù). Sulla volta del portico che accoglie il gruppo scultoreo, un cielo stellato d’oro mosaicato su fondo blu inquadra una grande croce.

Un’altra opera che richiama la mia attenzione in questo luogo di assordante silenzio è il Monumento Kuster, realizzato da Pietro Canonica nel 1921. Esso mostra una figura femminile con abito succinto che, inarcando la schiena, si solleva con il busto in posa quasi teatrale, ed emerge da un giaciglio posto di fronte ad una croce. I suoi lunghi capelli sono scompigliati dal vento che gonfia anche un drappo posto sulla croce e agita le foglie morbidamente rappresentate sulla bronzea stele verticale. Tra le note di tristezza e di intenso pathos, vi aleggia in primo piano la spettacolarità della scena, la figura si pone come la “divina” del cinema muto, la nuova arte che nei primi anni del Novecento andava affermandosi in città.La protagonista del Monumento Roggeri è una fanciulla inginocchiata e piegata dal dolore, le mani le coprono il volto, e i capelli fluenti e raccolti dietro il capo le scendono fin oltre la schiena. Il lungo abito, movimentato dal panneggio di morbide linee, scende e si posa sul basamento in travertino e in parte lo ricopre. La nota di un patire intenso e irrefrenabile è il messaggio che viene dalla donna che, inginocchiata e chiusa al mondo, sembra pregare, tormentata da un affanno senza fine. Su di un lato, si intravvede appena la firma di O.Tabacchi, allievo di Vincenzo Vela, al quale succederà nella cattedra di scultura presso l’Accademia Albertina di Torino.

È ancora un’altra fanciulla ad essere al centro della composizione funebre del Monumento Maganza, posta tra colonnine in marmo verde Roja, una giovane dal volto delicato, da cui traspare una espressione affranta; una sottile tunica le avvolge lieve il corpo esile, ha un’acconciatura alla moda, con i capelli corti, il volto, appena piegato e reclinato sulla mano sinistra, sembra voler trasmettere un messaggio di triste rimpianto. Alle spalle, marmorei tralci di fiori e, dietro, la croce. Soffermiamoci ancora sull’opera che si trova sulla sinistra, entrando dall’ingresso principale del Cimitero. Si tratta di un gruppo statuario che comprende una figura velata da un ampio panneggio, rappresentata mentre sta per avvolgere in un abbraccio simbolico una giovane figura femminile in piedi, con le braccia abbandonate lungo il corpo e il capo reclinato su una spalla. Dal basamento crescono steli e boccioli di rosa che paiono voler avvolgere i corpi sovrastanti: si tratta di una sintesi di decorazione Art Nouveau, completata dalla dedica dei committenti. L’opera fu eseguita da Cesare Redduzzi, scultore affermato e insegnante di scultura presso l’Accademia Albertina, più noto ai Torinesi come l’autore dei gruppi scultorei allegorici: l’arte, il lavoro, e l’industria, collocati nel 1909 a coronare le testate verso corso Moncalieri del ponte dedicato a Umberto I.
Moltissimi sono i monumenti funebri di squisito gusto Liberty davanti ai quali sarebbe opportuno soffermarsi, e numerose le figure femminili modellate con l’estetica della Nuova Arte, o che, con il loro atteggiamento da “dive” affrante del cinema muto, sorvegliano le anime di chi non c’è più e accompagnano silenziose gli sguardi di chi le va a trovare.

Alessia Cagnotto

Mostra all’Egizio: Champollion, 200 anni di geroglifici

Una stele in calcare di Età Ramesside, appartenuta al defunto Nekhatum, sacerdote-wab, in atto di preghiera verso il faraone Amenhotep I, divinizzato, è il reperto sotto la lente della nuova mostra del ciclo “Nel Laboratorio dello Studioso”, a cura di Beppe Moiso e di Tommaso Montonati.

Questa stele fu studiata e descritta da J. F. Champollion nel suo soggiorno torinese, e sono proprio i fatti avvenuti durante la permanenza di Champollion a Torino il focus della nuova mostra.

Visitabile dal 26 agosto fino al 30 ottobre 2022, la mostra presenta volumi e documenti inediti, oltre ad oggetti e reperti che hanno catturato l’attenzione di Champollion.

Il soggiorno torinese fu un periodo assai complicato per Champollion anche per le divergenze sorte con Giulio Cordero di San Quintino, incaricato dalla Regia Accademia delle Scienze di procedere ad un primo riconoscimento degli oggetti ed alla loro esposizione all’interno del palazzo del già Collegio dei Nobili, e sede dal 1783 dell’Accademia.

Il racconto della mostra si sviluppa in quattro momenti dedicati ai diversi aspetti della vicenda e del contesto torinese del tempo.

La figura di Champollion è ben nota nel panorama dell’Egittologia: fu lui a scoprire, nel 1822, la chiave di decifrazione della scrittura geroglifica. Il Museo Egizio inaugura con questa mostra un mese molto speciale in cui ricorrono i 200 anni dalla decifrazione dei geroglifici.

Agosto sta finendo ed un altro anno se ne va

Ammetto, ho copiato dai Righeira. Libera interpretazione di quando un anno è passato. La loro conoscenza risale al 1976.

Per una settimana autogestione studentesca al liceo Scientifico Albert Einstein.  Primo liceo costruito in periferia.  Via Tollegno 1973. Io in quinta e loro in prima.  Piccoli ma già allora briosi. Per tutti noi, eterni studenti, finiva ad Agosto l’anno solare. Poi dal primo ottobre altra vita scolastica.  A volte mi sembra che tutto, o perlomeno molto sia avvenuto in Agosto.  1974, lasciato dalla fidanzata.  Francamente, a Rimini “non me ne ero fatta scappare una” . Giravo con un frustino non perché avessi manie sadiche. Puntavo ad essere fermato dalle ragazze.  Perché lo porti? Subito la risposta: per conoscerti ed attaccare bottone. Diverse volte funzionava. Poi, nel migliore dei casi finiva nel pomiciare in spiaggia. Allora si poteva e non c’erano pericoli o violenze come oggi. Proprio così, ieri si ed oggi no. Non mi ricordo di avere mai ecceduto nelbere.  Niente droghe e ci si spostava in pullman. Percorreva tutto il lungo mare fino a Gabicce. Comunque morto un papa se ne fa un altro. I veri patimenti d’amore rinviati. O come il 1982.  Cambiavo radicalmente vita lavorativa. Prima studente e tempo pieno in politica: funzionario della Fgci.  Lo stipendio era decisamente basso. 300 mila lire per 12 mesi. In compenso mi sono ritrovato tutti i versamenti pensionistici di quegli anni. In Lega cooperative, settore abitazione, magari non si nuotata nell’ oro ma c’erano sicuramente più benefici.  Stipendio più alto per 14 mensilità e rimborso spese piè di lista. Avevo 25 anni ed entravo veramente nel mondo del lavoro. Cominciavo la lunga marcia verso la maturità. Forse mai appieno avuta, ma almeno ricercata. Era più di un anno che mi tormentavo. Qualcosa si era rotto dopo gli anni 70 nel PCi e nella sua politica. Enrico Berlinguer nel 1979 aveva deciso di riportare il Pci all opposizione e cominciavano gli anni ruggenti dei socialisti craxiani. Eravamo sempre abituati a giocare in attacco. Non eravamo psicologicamente abituati a giocare in difesa. E nell’agosto del 1980 il preludio dei 35 giorni alla Fiat.
Anche la classe operaia poteva perdere. Non era stato facile scegliere di andare via dall Fgci. Mi avevano parcheggiato al Regionale. Membro di segreteria e responsabile dei problemi del lavoro.  Operaista per vocazione ma soprattutto perché il mio prof universitario era Romolo Gobbi. Quattro amici, giusto per essere irriverente, quattro amici al Bar.  Tanto popolari non eravamo. Soprattutto si era visti non bene dai dirigenti del Sindacato e partito. L’accusa era quella di essere troppo elitari. In quel del 1981 sparsi la voce che ne ne volevo andare.
Mi arrivarono tre proposte.  Centro studi del Sindaco Cgil. Scartai subito. Mi sentivo addosso le domande: T’ses al fiol Tuset?  Direi pesantino. Dal punto di vista esistenziale.
Mi piaceva molto l’offerta di radio Flash di fare il giornalista. Ma avevo paura di non essere pagato. Sicuramente qualche rimpianto l’ho lasciato ” per terra “. Accettai la proposta di Carlo Foppa di lavorare con lui. Quell agosto di 40 anni fa il dato era tratto. Dal 1 settembre 1982 il mio ufficio era al quinto piano di Corso Turati 11/c. Fuori la targa Coop casa Piemonte e A.R.C.Ab. Assicurazione Regionale Cooperative di Abitazione. Quell’ agosto non capivo , non percepivo minimamente che e chi  soprattutto avrei incontrato.  Da lì a poco capi una cosa: ad una società politica molto corrotta c’ è una società civile molto corrotta. Ma questo è un altro discorso. Il 27 Agosto del 1950 si suicidava Cesare Pavese. Proprio oggi e proprio 72 anni anni fa. Non fate pettegolezzi. Scrisse il nostro  Cesare…. perduta nella pioggia sta aspettando il suo amore ballerina. Cesare Pavese che  ne La casa in collina descrive la totale importanza e la sua ignavia verso la guerra partigiana.  Dopo 7 anni nacqui io ed era impossibile non innamorarsi di Pavese. Mia madre con la sua quinta elementare li aveva letti tutti.  Il mio primo fu i Compagni… e mi dicevano Pablo prendi la chitarra, quando Amelio si ruppe la schiena sulla strada di Avigliana…accidenti quanti ricordi.
Ebbene sì. Quell’ agosto 1982 non fu solo un passaggio politico.  Anche, se non soprattutto esistenziale.  Diciamo in forma un po’ pomposa.  Volevo esplorare altri lidi, spingermi sul altri orizzonti. Se ci sono riuscito lo diràqualcuno che conoscendo , giudicherà il bene e il male che ho fatto.  Non è compito mio. Il mio compito era tentarci. Ci ho tentato e questo mi basta.

Patrizio Tosetto

Torino e il museo Pietro Micca celebrano la liberazione dall’assedio del 1706

316^ RIEVOCAZIONE STORICA 

29 agosto – 10 settembre 2022

Da lunedì 29 agosto a sabato 10 settembre, Torino e il museo Pietro Micca celebrano la liberazione dall’assedio del 1706 con novità, appuntamenti e opportunità per tutti

Come da tradizione, la Città di Torino, in collaborazione con il museo civico Pietro Micca e il Gruppo Storico Pietro Micca della Città di Torino, integrato dai Dragoni Rossi di Revello e dal Coordinamento Rievocazioni Storiche 1600-1700, celebra annualmente la liberazione della Città dall’assedio del 1706 nel primo sabato successivo alla battaglia conclusiva del 7 settembre, che quest’anno sarà il 10 settembre.
Per il 316° anniversario un programma innovativo rispetto al passato con interessanti motivazioni storiche, didattiche e sociali per favorire il coinvolgimento più ampio possibile, una ambientazione più legata agli eventi storici e anche una più diretta partecipazione di giovani e famiglie a giochi storici.
Nel 2022, infatti, cadono anche appuntamenti significativi per le fortificazioni di Torino: il 445° di completamento della Cittadella e anche del Mastio nella sua funzione di collegamento città-cittadella e il 450° anniversario di inizio costruzione della Casamatta del Pastiss in rinforzo alla Cittadella.
Pertanto, l’anno è dedicato alle “fortezze alla moderna” delle quali la cinquecentesca e pentagonale cittadella di Torino è stata uno dei più innovativi e seguiti esempi in tutta Europa.
E le celebrazioni avranno sviluppo quasi esclusivamente nella sua area storica e in particolare si concluderanno al Maschio, unica fortificazione rimasta a testimonianza sua storica possanza.

Il programma complessivo riserva moltissime occasioni di coinvolgimento e divertimento.

Si inizia il lunedì 29 agosto con l’apertura straordinaria del museo dalle ore 10,30 fino a mezzanotte con visite guidate e gratuite, ultimo ingresso ore 23.
È la notte di Pietro Micca che ricorda il suo gesto di primo eroe della storia d’Italia venuto dal popolo.
Sarà anche la speciale occasione per il ritorno dove sono state trovate nel 1958 le testimonianze dell’ignoto soldato, probabilmente francese, tornato alla luce con la riscoperta della scala di Pietro Micca.

Il secondo importante evento avrà luogo al Circolo dell’Esercito di corso Vinzaglio 6, che nel 1706 era l’area della Porta del Soccorso della Cittadella, su cui si concentrarono le azioni offensive degli assedianti.
Una travolgente conferenza-spettacolo a cura del Generale Fulvio Poli dello Stato Maggiore dell’Esercito e di Michele D’andrea del Museo Nazionale del Risorgimento sull’interessante tema “1706 e dintorni: caratteristiche e curiosità militari sabaude, tradizioni dell’Esercito di oggi”. Necessario prenotare.

La giornata dedicata alla celebrazione storica è sabato 10 settembre con una serie di appuntamenti simpatici e coinvolgenti.

Al mattino si potrà assistere ai cambi della Guardia d’Onore a cura dei rievocatori del Gruppo Storico Pietro Micca della Città di Torino all’ingresso di Palazzo di Città, già nel 1706 sede dell’Amministrazione comunale. Dalle ore 9 alle 12, ogni quanto d’ora sembrerà di essere a Buckingham Palace, con il suono dei tamburi, gli ordini in piemontese antico, le uniformi storiche del 1706. Si terminerà a mezzogiorno con gli onori al Principe Eugenio di Savoia, liberatore di Torino a capo dell’esercito imperiale di soccorso.

Al pomeriggio si potrà perfino scegliere:
⦁ Si inizia alle ore 14 al Maschio della Cittadella (incrocio tra Corso Galileo Ferraris e via Cernaia) con attività fino alle 16 per visitare il grandioso salone a pian terreno e anche partecipare al gioco dell’oca a tema militare, organizzato su quattro tavolieri storici adatti ai giovanissimi, giovani e meno giovani. Partecipazione gratuita ma bisogna iscriversi entro il 5 settembre nel sito ⦁ www.museopietromicca.it
Al termine premi ai vincitori e un ricordo per tutti.
⦁ In contemporanea, dalle ore 15 appuntamento al museo Pietro Micca in via Guicciardini 7/A per i tradizionali onori a soldati sabaudi e francesi sul luogo degli scontri del 1706 per continuare con la sfilata rievocativa all’interno del perimetro dell’antica Cittadella che farà tre tappe storiche commentate davanti ai sito del Pozzo Grande o Cisternone (via Valfrè 8), della fortezza sotterranea del Pastiss (via Papacino 1) e del Rivellino degli Invalidi in corso Galileo Ferraris 14, per concludersi ai Giardini del Maschio.
⦁ Alle ore 16 circa inizierà la coinvolgente rievocazione dinamica dell’assedio e della liberazione di Torino nei Giardini del Maschio a cura dei Gruppi storici già citati, con colpi a salve di cannone, fucileria e artifizi pirotecnici.
⦁ Concluderà con inizio circa alle 17 la tradizionale cerimonia istituzionale con la partecipazione di Gonfaloni, autorità e gruppi storici, con saluti del Sindaco e della Regione Piemonte, che premieranno anche i vincitori dei gioghi storici prima della deposizione finale della corona d’alloro al monumento a Pietro Micca

Non perdete gli appuntamenti da lunedì 29 agosto a sabato 10 settembre per immedesimarsi nella storia e nelle tradizioni di Torino ma anche in gioioso divertimento e tutto in completa GRATUITA’

INFORMAZIONI, ISCRIZIONI E PRENOTAZIONI
⦁ Informazioni e prenotazioni per visita GRATUITA al museo del 29 agosto. Tel. 01101167580 e ⦁ info@museopietromicca.it

⦁ Prenotazione obbligatoria per la conferenza del 7 settembre ore 18 al Circolo Esercito di corso Vinzaglio 4: ⦁ eventi@museopietromicca.it

⦁ Iscrizione GRATUITA per il gioco dell’oca storico, ⦁ eventi@museopietromicca.it oppure ⦁ www.museopietromicca.it entro 5 settembre

I 100 anni del “Principe di Piemonte” di Viareggio

Di Pier Franco Quaglieni

Quest’anno compie cent’anni il mitico “Principe di Piemonte” di Viareggio ed è anche uscito un libro per ricordarlo e si tengono manifestazioni speciali di tipo mondano – culturale di un certo spessore, anche se è difficile competere con la “Versiliana”.

Il “Principe“ e’ un luogo caro a me e alla mia famiglia. Conservo delle fotografie di mio padre vestito di un abito estivo elegantissimo scattate davanti all’hotel. Ci sono stato io stesso molte volte e sempre mi provoca una certa emozione soggiornare al “Principe” che in effetti assunse questo nome nel 1938 anche se nacque nel 1922.
Viareggio oggi è in piena decadenza e quell’ hotel tiene alto il nome di una grande tradizione turistica di una élite che non c’è più.  Stare in una delle sue suite e’ quasi come immergersi proustianamente nel tempo perduto, malgrado la massiccia ristrutturazione fatta dopo gli anni della crisi. A Viareggio sono riusciti a mantenere quel clima elegante che mi descriveva mio padre, mentre la riapertura recente del Grand Hotel di Alassio,
che sorse alla fine dell’Ottocento, ha coinciso con una trasformazione così forte che per me, che ci andavo bambino, appare totalmente cambiato, adatto ad un turismo di massa come è accaduto fino a poco tempo fa con gli oligarchi russi che non hanno proprio nulla da spartire con l’aristocrazia russa raffinata che frequentava l’albergo agli albori del secolo, prima della Rivoluzione d’ottobre.  Il “Principe di Piemonte” sembra celebrare il suo centenario quasi un po’ vergognandosi della sua intitolazione. Viene ricordato il soggiorno del radical chic al caviale Fabrizio De Andre’ che sapeva trattarsi bene, malgrado il suo detestabile estremismo settario, ma non si ricorda in modo adeguato il nome del Principe Umberto di Savoia a cui è intitolato l’hotel. Nella Viareggio di forte tradizione repubblicana e’ già tanto che nessuno- almeno che sappia io -abbia proposto di censurare il nome dell’ultimo Re d’Italia, ma forse è ancora difficile rievocare un’intitolazione storica che è stata motivo di orgoglio per noi piemontesi, che in Versilia abbiamo sempre privilegiato quell’Hotel. Mio padre mi ricordava che nel salone di ingresso c’era un grande ritratto del Principe ereditario Umberto che non era certo amato dal regime fascista e che per il centenario dovrebbe ricomparire. Sono personalmente pronto ad offrire un ritratto del giovane Principe di Piemonte. Vittorio Sgarbi che come me in gioventù e’ stato di sentimenti monarchici, dovrebbe intervenire con la sua autorevolezza ( ha scritto un bel saggio nel libro rievocativo del centenario ) per far sì che il ricordo del Principe di Piemonte sia adeguatamente rinverdito. L’altro ieri agli incontri promossi dall’hotel è stato ospite Calenda con la sua campagna politica, una scelta del tutto inopportuna in periodo elettorale perché c’erano decine di ospiti più autorevoli di lui da invitare. Ma c’è sempre tempo per rimediare e fare meglio. Ritornerò presto all’Hotel dove risiedo abitualmente quando presento i miei libri in Versilia. Non credo sia un assurdo che chi ha pubblicato quest’anno “I doveri“ di Mazzini si faccia promotore di un ricordo sabaudo. La storia è quella e va rispettata. Senza quel nome quell’hotel sarebbe un elegante hotel della Versilia,  ma nulla di più.  Non va dimenticato che i vecchi piemontesi, ad esempio la famiglia di Mario Soldati, preferivano la Versilia alla più vicina Liguria in un rapporto che forse nessuno ha ancora adeguatamente studiato.

Napoli Milionaria: l’attualissima lezione di Eduardo 

Sono trascorsi 38 anni da quel 31 ottobre del 1984 in cui moriva Eduardo De Filippo. Drammaturgo, attore teatrale e cinematografico, regista e sceneggiatore, grande poeta: Eduardo  è stato tra  i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento. Dotato di personalità schiva, burbera, lontana dalle mondanità, ebbe un grande pregio: teneva in grande considerazione i giovani.

Ne sapeva riconoscere il valore e il potenziale, dando a molti una chance. Non sopportava i furbetti o i meschini. Ricordarlo è importante. Oggi più che mai. Con una riflessione più larga. C’è chi ha scritto che il Paese uscirà  da questa crisi imposta dalla pandemia come da una guerra. In parte lo dicono i dati, le analisi, le previsioni. Ma ancora di più lo dice la dignità ferita di molti. Se così è occorre a maggior ragione ritornare a quello spirito di riscossa civile che segnò la stagione della ricostruzione dopo l’ultima vera guerra che gli italiani hanno vissuto. Pensando a questo e pensando al teatro di Eduardo, viene alla mente un episodio, una storia particolare, che parla di lui ma , al fondo,  parla anche di noi. Il 25 marzo del 1945 al San Carlo di Napoli  andò in scena la prima rappresentazione di Napoli Milionaria. La vicenda è nota. C’è Gennaro Jovine, che è un uomo perbene. E’ andato in guerra e quando torna a casa trova la moglie che si è arrangiata e ha fatto un po’ di denaro con la borsa nera. E il resto della famiglia più o meno lo stesso: la figlia maggiore è incinta di un soldato americano. L’altro figlio traffica con piccoli furti e persino la più piccola è stata contagiata dal clima. Il terzo atto è quasi una storia a sé. La bambina più piccola è malata, molto, e serve una medicina che non si trova in tutta Napoli. Il medico dispera quando entra il vicino – un uomo che Amalia ha rovinato con l’usura – e che adesso è lì con la medicina in mano. E il dialogo diventa duro. Lei gli chiede cosa vuole in cambio. Lui le risponde che non può restituirgli la vita che gli ha tolto e quindi in cambio non vuole nulla. Ma le apre gli occhi sull’oscenità di quel suo arricchimento. Poi consegna la medicina al dottore e se ne và. Per Amalia è il crollo di un mondo. O anche il risveglio da un incubo. Così quando rimangono soli, marito e moglie, finalmente Eduardo (Gennaro) parla e le dice quello che pensa. Di quella brama di ricchezza, di quei biglietti da mille accumulati sulle disgrazie degli altri. Glieli butta sul tavolo e le dice “vedi, a me queste mille lire non mi fanno battere il cuore. E a te? Com’è che te lo fanno battere?”. C’è del moralismo? Forse, ma può starci nel teatro di Eduardo. Ma il talento è talento, e stupisce. E allora Amalia, che si è svegliata dal suo sonno, risponde. Poche frasi nelle quali c’è tutto. Lei si chiede: “Ma che cosa è successo?Che cosa ha travolto così le nostre vite, le cose che avevamo, principi semplici ma puliti – e ripete – ma che è successo?”. Sono le battute finali. Il figlio torna a casa perché non è andato a rubare; la figlia maggiore terrà il bambino e Gennaro finalmente può darsi coraggio con quella battuta immortale sulla notte che deve passare (“Ha da passa’ ‘a nuttata” ). Per la bambina, per la sua famiglia, per il Paese. Eduardo disse che il terzo atto lo recitò impaurito e in un silenzio assoluto. E raccontò che calato il sipario il silenzio proseguì per qualche secondo. Dopo esplosero “un applauso furioso” e un “pianto irrefrenabile”. Piangevano tutti, attori, comparse, il pubblico, gli orchestrali nel golfo mistico. E anche Raffaele Viviani che era corso ad abbracciare il Maestro perché aveva interpretato il “dolore di tutti”. La domanda banale è chissà come sarebbe oggi avere Eduardo tra di noi. Lui o qualcuno capace come lui di mettere in prosa la stessa domanda: ma che è successo? Come è accaduto che in un paese con la nostra storia e cultura ci sia chi abbia perduto la rotta? E che chi ha avuto o ha il potere, o vorrebbe averlo abbia pensato o pensi di poter fare a meno del popolo, magari perché abbagliato dal potere stesso? Però, e crediamoci una buona volta, la “nottata” deve finire, anche per noi, ora. E con un tempo nuovo, crediamoci ancora, si dovranno riconquistare i principi, l’onestà e la speranza di futuro come la famiglia Jovine.

 Marco Travaglini

A Coassolo, toccante retrospettiva dedicata a Domenico Riccardo Peretti Griva

“Il mondo fotografico di Riccardo”, illustre magistrato e fotografo coassolese

Fino al 31 agosto

Coassolo (Torino)

A sessant’anni dalla scomparsa, avvenuta l’11 luglio del 1962, il Comune di Coassolo (dove nacque il 28 novembre del 1882) torna a ricordare il suo figlio più celebre ed indimenticato, Domenico Riccardo Peretti Griva, attraverso una ricca retrospettiva fotografica curata da Giovanna Galante Garrone, storica dell’arte e nipote delle stesso Peretti Griva, in cui si presentano fotografie facenti parte della collezione privata di famiglia (furono più di 25mila gli scatti a sua firma), riproduzioni da originali del “Museo Nazionale del Cinema” di Torino (che custodisce il fondo donato dalla figlia Maria Teresa) e del Comune di Lanzo Torinese, che già ospitò la mostra nel luglio scorso. Tutte riunite in un’unica esposizione, fino al prossimo mercoledì 31 agosto, presso la “Sala Consigliare” del Comune, “si tratta di opere – sottolinea Giovanna Galante Garrone – realizzate nella prima metà del secolo scorso e che restituiscono una preziosa sintesi delle predilezioni tematiche e delle scelte estetiche di Riccardo Peretti Griva”. “Le sue fotografie in bianco-nero – prosegue – testimoniano una forte attenzione al chiaroscuro che nel procedimento di stampa, assume caratteri pittorici di particolare liricità”. Magistrato, giurista, fervente antifascista e provetto alpinista – come l’amico magistrato Umberto Balestrieri, che lo iniziò alla passione per la fotografia – in magistratura Peretti Griva rimase per 43 anni, partendo come pretore di Morgando e arrivando (in una carriera per molti “scomoda”, da “magistrato del vecchio Piemonte” come ebbe a definirlo il genero Alessandro Galante Garrone) fino a ricoprire la carica di primo presidente della “Corte d’Appello” di Torino”. Sua costante compagna di strada, l’inesauribile passione per la Fotografia. Formatosi nella “Scuola Piemontese di Fotografia Artistica”, è nel 1905, sull’onda dell’“Esposizione Internazionale” tenutasi a Torino che inizia la sua incalzante avventura artistica, che lo porterà, fra il 1920 ed il 1950, ad essere considerato uno dei principali esponenti del cosiddetto “pittorialismo” italiano, attratto in particolare dal tema della natura, cristallizzata in poetiche atmosfere romantiche, attraverso la sofisticata tecnica al “bromolio”, con l’utilizzo di interventi manuali in grado di conferire alle foto le sembianze di un disegno a carboncino, e meno frequentemente con quella al “bromuro d’argento”. Nel 1923 viene premiato alla “Prima esposizione internazionale di fotografia, ottica e cinematografia” e da allora partecipa costantemente ai “Salons d’arte fotografica internazionale di Torino”, nonché a numerose altre manifestazioni in Italia e all’estero. Molte anche le mostre dedicategli in seguito.

Le più recenti, fra le postume, al “Museo Nazionale del Cinema” e al Museo “Arnaldo Tazzetti” di Usseglio (2018), a cura di Daniela Berta e di Giovanna Galante Garrone. Nel febbraio del 1962, gli venne assegnata l’onorificenza di “eccellenza” da parte della prestigiosa “Féderation internationale de l’art photographique”. E’ l’occhio della poesia, della semplicità e della sincerità che guidavano e guidano ancor oggi la vita dei contadini e dei suoi montanari, dall’Alpe Vaccarezza alla Cima dell’Angiolino fra le Valli Tesso e Malone, a “marchiare” in ogni angolo e prospettiva la sua opera. Dalla dolcezza compiaciuta della “madre” di Gubbio alla meravigliata curiosità della piccola di “Purità”fino ai due vecchietti intenti a leggere e a commentare un giornale in due sulla panchina posta davanti alla Chiesa del paese e al silente tappeto di neve, promessa generosa di frutti buoni che verranno. In ogni opera l’insegnamento delle radici.

L’onestà che guidò ogni gesto, ogni decisione, ogni attimo della sua vita. Congedandosi dalla Magistratura, il 19 aprile del 1953, Peretti Griva scriveva in un “Discorso ai Coassolesi”: “Io voglio bene a Coassolo…E’ qui che sono sempre accorso a rinfrancarmi…Qui mi rinfrescavo l’anima coi ricordi gentili nella grande pace non profanata dalle contese cittadine” . E ancora, ricordando il giorno in cui vi salì (“nelle limpidezze del piano di Coup”) quando a Torino arrivò il Duce: “Trovai un contadino che mi chiese ‘Come mai Riccardo si trova quassù mentre Mussolini è a Torino?’. Mi fu facile rispondere che ero lassù, nell’aria pura, proprio per liberarmi dall’aria asfissiante delle adunate forzate”.

Gianni Milani

“Il mondo fotografico di Riccardo”

Sala Consigliare Comune di Coassolo, via Capoluogo 198, Coassolo (Torino); tel 0122/45617 o www.comune.coassolo.to.it

Fino al 31 agosto

Orari: nei giorni feriali, 9/12

Nelle foto:

–       “Purità”, stampa alla gelatina ai sali d’argento, 1930 ca.

–       “La madre”, Gubbio, bromolio trasferto, 1939 ca.

–       “Il giornale”, bromolio trasferto, 1925-‘30

–       “La lunga attesa”, gelatina ai Sali d’argento, 1930-‘40