STORIA- Pagina 65

Ramelli e Borsani due vittime della violenza cieca

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni 

Che il presidente del Senato La Russa sia andato a rendere omaggio nell’anniversario della sua uccisione al giovane Sergio Ramelli ammazzato a Milano nel 1975  da colpi di chiavi inglesi di giovani  di estrema sinistra allora studenti di medicina destinati a far carriera, e’ cosa che non fa notizia. La Russa ha sempre celebrato Ramelli. Meno scontata è stata la partecipazione del Sindaco di Milano Sala che ha anche parlato di riconciliazione se non di pacificazione. Gli anni di piombo sono stati terribili e io nel 1975 alle prime armi nell’insegnamento conobbi forme di intolleranza e di violenza all’istituto “Guarrella” di Torino che prima della contestazione era un serio e prestigioso istituto per tessili e tintori. Io fui destinato alla succursale di via Figlie dei Militari, un vero e proprio soviet in cui la linea veniva dettata da un professore della CGIL affiancato arbitrariamente ad un preside incaricato vicino al “Manifesto“ che dopo tanti anni transito’ dal PCI a Forza Italia. In via Figlie dei Militari accaddero delle cose che qualcuno avrebbe dovuto avere il coraggio di denunciare, ma fummo intimiditi da un conformismo fazioso e plumbeo che costrinse tutti a chinare la testa, anche qualche professore di sinistra che non condivideva l’andazzo insostenibile. Per mesi la scuola venne occupata per iniziativa di un esagitato figlio adottivo di due Partigiani comunisti che poi per  altri  gravissimi motivi ebbe delle conseguenze penali non da poco.  Il Collegio docenti doveva  tenere le riunioni con il voto palese e non con il prescritto voto segreto persino sulle elezioni di persone, e ci fu impedito di  fare lezione perché ci vennero imposti dei ridicoli gruppi di studio  studenteschi che ebbero come vittime primarie gli studenti. Una professoressa disse che lei aveva persino dimenticato cosa significasse far lezione perché il futuro della scuola rinnovata era collettivo. Avemmo obbligo di adottare libri alternativi ai testi scolastici. Fu una  follia alla quale non mi perdono ancora oggi di non aver tentato, con la necessaria energia, di porre fine. Dissentii in silenzio. Forse con un nome fittizio scrissi una lettera ad un giornale che non mi pubblico’. Quel clima da soviet fu un costante atto di violenza e di intimidazione che magari in futuro racconterò nei dettagli, una delle pagine più vergognose della scuola torinese. Non a caso eravamo nel clima esaltato dalla vittoria della sinistra in tutte le grandi città’ che fece credere ai comunisti di aver ottenuto il potere in Italia.
Il clima della scuola milanese era ancora peggiore e l’omicidio di un estremista di destra  ne e’ la prova. Ai fascisti non doveva essere consentita la frequenza di una  scuola e uccidere un fascista non era considerato un reato, ma una benemerenza politica. Gli estremisti non erano neppure dei “compagni che sbagliano”. Che oggi il Sindaco di Milano si sia mosso è un buon segno, ma non basta.
A Milano il 29 aprile 1945 venne ucciso con un colpo alla nuca il cieco di guerra e medaglia d’oro al Valor Militare Carlo Borsani,  un poeta che scelse di stare con i ragazzi di Salo’ per usare l’espressione di Luciano Violante.
Borsani ritenne l’8 settembre 1943 un tradimento e accetto’ la presidenza dei Mutilati e Invalidi di Guerra ricoperta fino ad allora da Carlo Delcroix che rimase fedele alla Monarchia. Nella Rsi diresse per sei mesi un giornale dal quale venne allontanato perché la sua costante preoccupazione era la pacificazione, la riconciliazione  tra italiani, espressa in un discorso da Giovanni Gentile, un discorso che gli costerà la vita a Firenze nel 1944.
Borsani venne ammazzato selvaggiamente da partigiani comunisti senza processo e il suo  cadavere venne fatto girare per Milano su un carro della spazzatura. Suo figlio Carlo, nato mesi dopo l’omicidio del padre, venne insultato da una professoressa di scuola media che si accanì contro di lui. Borsani salvò anche la vita di ebrei  che sarebbero stati deportati e venne  lanciata nel 2005,  senza esito positivo la proposta di ricordarlo con un albero nel Giardino dei Giusti di San Siro. L’ex sessantottino e grande studioso di storia Gabriele  Nissim, presidente di Gariwo, la foresta dei giusti, accetto’ l’idea, dicendo che “i buoni non stanno da una parte sola“, ma poi questo atto simbolico venne bloccato dalla faziosità di altri.
C’è da augurarsi che in futuro il Sindaco di Milano si ricordi di Borsani e che qualcosa in sua memoria venga posto, ad esempio, in piazza Susa a Milano dove avvenne la sua esecuzione. Con il poco fiato che gli rimaneva in gola grido’ “Viva l’Italia“ , stringendo la prima scarpetta di sua figlia .  Sarebbe un atto di umanità e di riconciliazione come la lapide che ricorda il ragazzo ucciso nel 1975.

“Memorie di Palazzo”: storie e curiosità dell’Arsenale

Il  libro di Maria La Barbera e Fabrizio Luperto

Con Memorie di Palazzo l’ Arsenale è di nuovo protagonista, al centro di vicende storiche e  curiosità, tra un passato glorioso e un presente che lo vede al centro di importanti eventi culturali. Dalla letteratura al cinema, dai matrimoni reali ai gemellaggi con paesi all’altro capo del mondo, da questo luogo straordinario, capolavoro urbanistico di Felice De Vincenti e Filippo Juvarra e sede del Comando per la Formazione Scuola di Applicazione dell’Esercito, sono passati personaggi celebri come Camillo Conte Benso di Cavour e Michail Gorbaciov, hanno fatto tappa statisti del calibro di Francesco Cossiga,  papi di straordinaria levatura come Wojtyla e Francesco, sono stati girati diversi programmi televisivi, l’ultimo è Freedom Oltre il confine di Roberto Giacobbo, film e fiction tra cui Cuori, Il sogno del maratoneta e Palazzo di Giustizia.

Memorie di Palazzo, arricchito dalle belleillustrazioni di Giuseppe Calì, è un tour all’interno dell’edificio, un viaggio nelle sue teche dove sono esposti cimeli come il Crispillo, famoso come Risiko, o edizioni preziose tra cui Civitates Orbis Terrarum con le sue preziose mappe. Come scrive Gianni Oliva nella sua introduzione “Su queste pagine del passato apre ora uno squarcio l’agile volume di Maria La Barbera e Fabrizio Luperto con uno stile giornalistico che rende fruibile la lettura. E’ un omaggio alla città senza scadimenti nella retorica del “come eravamo”, ma un proporre con intelligenza il Palazzo per quello che è stato e per quello che è diventato, un luogo militare aperto alla società esterna”. L’obiettivo degli autori, Maria La Barbera sociologa e giornalista pubblicista, e Fabrizio Luperto, esperto di cinema, è di avvicinare ancora di più Palazzo Arsenale alla cittadinanza confermando la volontà di restituire ai torinesi, e non solo,   questo luogo straordinario, testimone, spesso silenzioso, delle vicende di questa città.

Le bellissime foto che ritraggono i tesori di Palazzo Arsenale, mostrandone ancora di più la sua ricchezza, sono di Vincenzo Moro e Gianluca Vantaggiato.

Il libro sarà a disposizione a Palazzo Arsenale fino ad esaurimento scorte.

Le Residenze Reali Sabaude del Piemonte, un calendario ricco di meraviglie

Il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude presenta le prime iniziative congiunte e i progetti in programma nel 2023, finalizzati a valorizzare e promuovere il circuito delle 16 Residenze piemontesi, riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità dal 1997.

QUI IL PROGRAMMA COMPLETO: residenzerealisabaude.com – lavenaria.it

 

IL NUOVO SITO WEB E LE MOSTRE REALI
È online il nuovo sito web dedicato residenzerealisabaude.com, progettato e realizzato dalla Direzione Regionale Musei Piemonte insieme all’agenzia Nethics ed in collaborazione con il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, grazie ai fondi del Ministero della Cultura della legge n. 77 del 20 febbraio 2006 “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell’UNESCO”. Il nuovo portale, che verrà gestito e curato direttamente dal Consorzio, si propone sia come vetrina di tutte le 16 Residenze piemontesi con nuove immagini e video realizzati ad hoc e approfondimenti tematici che verranno via via implementati, sia come strumento di promozione delle diverse iniziative che le singole Residenze propongono durante l’anno sotto le categorie Mostre Reali, Eventi Reali, Itinerari Reali ma anche quelle che il sistema realizzerà a partire dal progetto Camminate Reali 2023.

2. IL ROYAL PASS, LA CHIAVE DELLE RESIDENZE REALI IN PIEMONTE
Dal mese di aprile 2023 il sistema delle dimore reali piemontesi, grazie alla collaborazione con Turismo Torino e Provincia, si propone ai singoli visitatori, alle famiglie ed ai gruppi organizzati con una nuova chiave di accesso: il Royal Pass, il biglietto unico di tutte le Residenze Reali Sabaude del Piemonte. Con il Royal Pass non solo si potrà accedere a tutte le 16 Residenze Reali e visitare le mostre ospitate nelle varie sedi, ma sarà anche possibile partecipare, con tariffa agevolata, alle diverse esperienze tematiche proposte da ogni Residenza.

Visita guidata della chiesa di San Domenico a Torino

#flashcult VISITA GUIDATA
Visita guidata della #ChiesadiSanDomenico a #Torino
Il 29 aprile 2023, con inizio alle 10.30-
“l 29 aprile 2023, con inizio alle 10.30, approfittando della disponibilità del padre Enrico Arata, esperto di arte e spiritualità domenicana, sarà possibile visitare la chiesa di San Domenico di via Milano a Torino.
La chiesa è, nel suo nucleo originario, una delle più antiche di Torino, essendone documentata la costruzione nei primissimi anni del 1300. L’aspetto attuale è il risultato di modificazioni, anche profonde, intervenute nei secoli e causate o dalle crescenti necessità dei Padri Predicatori o da esigenze di tipo urbanistico. Nel corso dei secoli la chiesa è stata vissuta da almeno dieci frati consacrati Vescovi, di cui due creati Cardinali, nonché da importanti e famose figure religiose: da ultimo, i Beati Padre Giuseppe Girotti e Pier GiORGIO Frassati.
Attualmente, nonostante lo stato di conservazione non ottimale, San Domenico è ancora sede di numerosi movimenti (in primis il Laicato Domenicano) e meta di numerosi turisti. Sinteticamente, si può affermare che la chiesa è una delle più interessanti di Torino per antichità, storia, posizione e bellezza: una bellezza particolarmente apprezzata perché diversa da quella di tante altre chiese del periodo barocco presenti in città.”

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA (nel pomeriggio dopo le 18) al tel. 347.8229860 (Riccarda) lasciando il proprio numero di telefono e la propria mail; oltre i 30 partecipanti, sarà prevista un’ulteriore data.
*FONTE: SITO DELLA Diocesi di Torino, https://www.diocesi.torino.it/site/wd-appuntamenti/visita-guidata-della-chiesa-di-san-domenico-a-torino/

I racconti dei migranti al Mei di Genova

C’erano anche loro, i piemontesi, che emigrarono verso le Americhe e alcuni Paesi europei. Fuggivano dalla guerra, dalla povertà, andavano in cerca di fortuna, bastava un modesto lavoro per fare un po’ di quattrini da mandare ai famigliari.
Partivano lasciando ogni cosa, come fanno i migranti di oggi. Molti hanno fatto fortuna e sono diventati anche persone importanti nel campo dell’industria, del commercio e della politica. Oggi sono sei milioni i piemontesi nel mondo. A centinaia di migliaia, quasi un milione e mezzo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, si sono diretti verso la Francia, l’Argentina e gli Stati Uniti. La Francia è dietro l’angolo ma l’America è molto più lontana raggiungibile in quaranta giorni di viaggio, ammucchiati nelle stive tra tempeste e mal di mare. Ma si partiva lo stesso da Genova e da Napoli per il nord e il sud America. I racconti delle migrazioni italiane verso il mondo sono ora raccolti al Mei di Genova, il Museo nazionale dell’Emigrazione italiana, aperto un anno fa dal Ministero della Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria, sulle ceneri del vecchio ma prestigioso museo che narrava la storia della Commenda. A Nuova Iorche, come la chiamavano i migranti, attraccarono nei primi decenni del Novecento centinaia di navi con decine di migliaia di italiani pronti ad iniziare una nuova vita in terra americana. In Argentina invece arrivarono, a partire dal 1880, molti contadini piemontesi che lasciarono le Langhe e il Monferrato, la maggior parte dei quali finì a lavorare nella Pampa. Da Genova partirono milioni di italiani diretti verso tutti i continenti. Il Mei racconta le storie di vita dei migranti attraverso diari, autobiografie, lettere, fotografie, video, giornali, documenti d’archivio, i canti e le musiche dei protagonisti dell’emigrazione come “Parto per La Merica”. Un museo in gran parte multimediale dislocato su tre piani suddivisi in 16 aree tematiche, senza oggetti, senza collezioni, con allestimenti scenici collocati in uno degli edifici medievali più antichi della città che mille anni fa ospitava i pellegrini prima di partire per la Terrasanta. Il Mei illustra anche il fenomeno migratorio nel dopoguerra e fino agli anni Settanta del secolo scorso con gli intensi flussi di migrazione interna, dal meridione verso le città industrializzate del Settentrione, tra le quali Torino. Il Museo nazionale dell’Emigrazione (Mei) nasce all’interno di una cornice architettonica ricca di storia quasi millenaria come quella della Commenda di San Giovanni di Prè.
Un tema, l’emigrazione, strettamente legato a questo storico edificio, uno dei gioielli di Genova, da sempre animato da viandanti, viaggiatori e navi. Per secoli è stato un luogo di accoglienza per pellegrini e crociati, fino agli emigranti dell’Ottocento. Fin dal 1100 la Commenda era un ostello e ricovero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (i futuri Cavalieri di Malta) e ospitava coloro che erano diretti in Terrasanta per visitare i luoghi di Gesù e partecipare alle Crociate. Ecco perché, sostengono in Comune a Genova, non c’era location migliore da destinare al Museo dell’emigrazione. Certamente non si può obiettare nulla, il museo merita una visita, ma un rammarico c’è, almeno per chi scrive. Entrare nella Commenda e non trovare più nulla del precedente museo è una profonda delusione. In attesa delle galee che partivano da Genova dirette a Gerusalemme, cavalieri, pellegrini e mercanti si riposavano e si rifocillavano alla Commenda di Prè. Nel 1180 furono poi costruite due chiese, una sopra l’altra, con l’ospedale attiguo, in modo che i malati potessero assistere alla Messa dal letto.
Sofisticate tecnologie avevano permesso di animare gli antichi muri della Commenda facendo tornare in vita i personaggi del tempo viaggiatori cristiani, ebrei e arabi, geografi e vescovi nonché i protagonisti delle Crociate come Baliano d’Ibelin e il Saladino. Tutto ciò era la storia della Commenda che adesso è stata cancellata dal Museo dell’Emigrazione. Un gran peccato, si poteva lasciare almeno un piano della struttura per continuare a raccontare come si viveva in questo straordinario edificio del XII secolo.
                        Filippo Re
Gli orari per visitare il Mei (Museo nazionale dell’Emigrazione italiana), Piazza della Commenda, Genova: ottobre-maggio, da martedì a venerdì 10-18, sabato e domenica 11-19, giugno-settembre, da martedì a venerdì 11-18, sabato e domenica 11-19
nelle foto il Mei di Genova alla Commenda di Prè, foto migranti, interno Museo

Gli Amendola. Una famiglia al centro della politica italiana del Novecento

Alla “Fondazione Giorgio Amendola” di Torino, presentazione del libro su Giovanni, Giorgio e gli altri, edito dalla “Cambridge University Press”

Sabato 29 aprile, ore 17

A scriverlo il professor Richard James Boon Bosworth da Sidney, docente di Storia all’“University of Oxford” e fra i massimi esperti di storia italiana contemporanea. Il libro è scritto in inglese, ma Bosworth parla perfettamente la lingua italiana e sarà dunque proprio lui a presentare, sabato 29 aprile (ore 17) nei locali della torinese “Fondazione Giorgio Amendola” (via Tollegno 52, a Torino) il suo ultimo libro dedicato alla storia di una delle “nostre famiglie”, fra le più celebri, complesse e storicamente e civilmente impegnate nella lotta al regime fascista, quale fu, per diverse generazioni, la Famiglia Amendola. Con lui, dialogheranno su “Politics, Murder and Love in an Italian Family. The Amendolas in the Age of Totalitarianisms” / “Politica, omicidio e amore in una famiglia italiana. Gli Amendola negli anni dei Totalitarismi” (questo il titolo del libro), Ottavia Dal Maso (PhD, dottorando di ricerca all’“Università di Genova”), Gianni Cerchia(direttore scientifico “Fondazione Giorgio Amendola”) e Domenico Cerabona (direttore della stessa “Fondazione”).

“Richard Bosworth – sottolinea Domenico Cerabona è uno dei più autorevoli storici dell’Italia contemporanea, professore ad Oxford forse la più prestigiosa Università del mondo. La sua ricerca, pubblicata in questo importante libro, dimostra quanto ancora attuale sia la storia della famiglia Amendola, con Giovanni e Giorgio impegnati in prima linea nella lotta antifascista e nella costruzione dell’Italia democratica. Quella di sabato sarà un’occasione importante per riflettere e riscoprire un pezzo importante della storia d’Italia e di Torino. Ricordiamo infatti che Giorgio Amendola è stato anche uno dei massimi dirigenti del CLN torinese”.

Cosa significava vivere sotto il regime fascista, il comunismo e il totalitarismo nell’Italia moderna? E cosa possiamo imparare da un padre liberaldemocratico martirizzato (Giovanni, maestro di Giorgio Napolitano e, per lui, “campione intransigente del liberalismo democratico”) e di suo figlio Giorgio, comunista dal ’29, dopo la morte in Francia, a causa dell’ennesimo pestaggio fascista subito a Montecatini, del padre? Domande poste in prefazione alla ricerca di Bosworth. La risposta: Attraverso il prisma di un’unica, eccezionale famiglia, gli Amendola, R.J.B. Bosworth svela il cuore della politica italiana del Novecento. Giovanni e Giorgio Amendola, padre e figlio, erano entrambi convinti antifascisti. Hanno avuto entrambi un ruolo importante nella storia d’Italia. E hanno avuto vite private ricche ma contrastanti. Hanno sposato tutti e due una donna straniera e affermata: Giovanni, una donna di un’ illustre famiglia intellettuale tedesco-russa; Giorgio, una ragazza della classe operaia parigina, che per lui incarnava la Rivoluzione. Questo studio biografico vivido e coinvolgente esplora gli alti e bassi di una famiglia che è stata al centro della politica italiana per diverse generazioni. Tracciando il complesso rapporto tra la politica antifascista e la vita privata dei singoli e della famiglia. ‘Politica, omicidio e amore in una famiglia italiana’ offre un ritratto profondo di un secolo di vita italiana”.

A pochi giorni dalle celebrazioni della “Festa della Liberazione”, il confronto e la presentazione del libro alla “Fondazione Giorgio Amendola”, possono certamente fungere da richiamo per  quanti, ancora una volta, hanno vissuto il recente 25 aprile come “giornata di festa” ma anche “di memoria”. Irrinunciabile. E doverosa. “Ora e sempre”.

Per info: “Fondazione Giorgio Amendola”, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it

g.m.

Nelle foto:

–       Fondazione Giorgio Amendola

–       Cover libro “Politics, Murder and Love in an Italian Family: The Amendolas in the Age of Totalitarianisms”

25 aprile: a Cuneo dimenticati Soleri e Mauri

Leggendo le cronache delle cerimonie cuneesi con il presidente della Repubblica Mattarella ,appaiono totalmente dimenticati due personaggi non soltanto della Granda che non dovevano essere ignorati .Il ministro liberale Marcello Soleri che propose lo Stato d’assedio di Roma nel 1922 per bloccare la Marcia su Roma e che come deputato fece una dura opposizione al fascismo dopo che  prese il potere . Soleri fu sempre coerentemente antifascista anche quando venne fatto decadere da deputato. Rifiuto’ anche la nomina a senatore del Regno che gli sarebbe spettata .A Roma nella clandestinità fu il riferimento del nuovo partito liberale durante la guerra di Liberazione e divenne ministro del Tesoro nel 1944. In quella veste aiuto ‘ economicamente la Resistenza,come dimostrato in sede storica .
Ed è stato dimenticato il comandante Medaglia d’ oro al valor militare Enrico Martini Mauri originario di Ceva  ,creatore e anima delle Divisioni Alpine Autonome che nella provincia di Cuneo scrissero pagine di gloria partigiana come nessun’altra formazione .A Boves c’è da augurarsi che sia stato ricordato Ignazio Vian  che fu agli ordini di Mauri e che venne impiccato in corso Vinzaglio a Torino.
Le Resistenza fu un fatto plurale che ,leggendo le Cronache dei giornali, non appare . Soleri ,ad esempio, fu antifascista molto prima di Duccio Galimberti che parlo’ l’8 settembre 1943 nella piazza a lui dedicata nel 1945 .In quella stessa piazza c’è una lapide che ricorda Soleri avvocato, sindaco, deputato e ministro che fu fieramente antifascista e fu l’unico ministro del governo Facta che cerco ‘ di fermare i fascisti che marciavano su Roma . Peccato che quella lapide sia stata ignorata.
PIER FRANCO QUAGLIENI

Quaglieni: “il mio 25 aprile tra ricordi e storia”

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
Il mio 25 aprile è anche legato ai miei ricordi giovanili che per fortuna mia riguardano il periodo di pace e non di guerra. Ma la fine della guerra e la Liberazione hanno condizionato  la mia infanzia già in famiglia nei ricordi dei miei nonni ambedue antifascisti che ho citato in un mio libro
Uno dei nonni ospitò un ebreo nel  suo Castello di Camerano Casasco e subì una perquisizione tedesca che poteva portarlo alla fucilazione. La presenza di una piccola scuola che aveva ospitato nel castello fu determinante a salvarlo. Un mio zio, il barone Guglielmo Fusilli, ufficiale di Cavalleria in Grecia che  partecipo’ alla Resistenza con il gruppo d’ Unione “Camillo di Cavour” di Vittorio Prunas Tola ,fini’ alle Nuove e riuscì a salvarsi perché arrivò la Liberazione. Era stato amico di Gimmi Curreno, il patriota – partigiano sedicenne ucciso dai Tedeschi e  mio zio mi parlava spesso di lui. Nel Gruppo “Cavour”, mi raccontava mio zio, si salutavano dicendo “Viva il Re”. Gimmi venne decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare come il suo comandante Enrico Martini Mauri che era amico di mio zio e divenne anche mio amico negli ultimi  travagliati anni della sua vita.Curai l’ultima edizione di ”Partigiani penne nere di Mauri” che racconta la storia delle Divisioni Alpine autonome nella guerra di Liberazione. Mio nonno, ex combattente   nella Grande Guerra ed interventista, amico di Cesare Battisti e di Damiano Chiesa ,aveva respinto -come attesta il suo diario – l’invito di Cesare Maria De Vecchi – di aderire ai fasci di combattimento. Il suo liberalismo si richiamava fortemente a Giolitti e soprattutto a Soleri. Marcello Soleri nel periodo clandestino, tra il 1943 e il 1944 fino alla liberazione di Roma, fu ospitato in casa di mia zia che rischio’ moltissimo perché l’ospite non era così prudente e soprattutto era conosciuto come  deputato, ex ministro e avvocato. La fedeltà a Soleri è stata una costante anche della mia vita.
Una delle amicizie più importanti è stata quella con Valdo Fusi , partigiano cattolico ed autore del più bel libro sulla Resistenza, “Fiori rossi al Martinetto” di cui ho curato  con rigore storico l’ultima edizione.
 Un altro mio amico è stato Silvio Geuna che offri’ la sua vita in cambio di quella del Generale Giuseppe  Perotti che aveva tre figli. Ho avuto il piacere di avere come allieva la nipote del generale, anche lui  Medaglia d’oro, fucilato al Martinetto ,Laura Marruccelli, più che mai oggi mia  carissima amica.  E sono stato allievo di resistenti come Alessandro Galante Garrone ed Aldo Garosci oltre che del grande storico Franco Venturi .Sono stato anche  allievo ideale ed amico di Raimondo Luraghi,storico e partigiano . Mario Bonfantini e il fratello Corrado furono valorosi partigiani con cui ebbi rapporti molto cordiali. Mario divento’   anche presidente del Centro “Pannunzio”. Anche l’irriducibile partigiano comunista Gianni Dolino e’ stato mio amico e si presto‘ a titolo amichevole a correggere le bozze di un mio giornale; era un uomo ironico che sapeva trovare  un saggio equilibrio.
 Ho avuto un cugino deputato fascista, l’ on.  Arnaldo Viglino, con cui i miei non erano in buoni rapporti, anche  se andarono tutti ai suoi funerali ,improntati allo stile fascista negli Anni Cinquanta. Io divenni amico di suo figlio Giorgio, giornalista e giovane monarchico che nella maturità divenne comunista.  Quelle esperienze vissute mi hanno formato e hanno lasciato in me  una traccia indelebile che però non mi ha impedito di cercare di essere uno storico distaccato dalle passioni politiche. Galante Garrone una volta mi disse che non avrebbe mai scritto una storia del fascismo  perché troppo coinvolto politicamente nell’antifascismo, una scelta  che fu in primis  di  Benedetto Croce, riferimento morale di tutti gli oppositori del regime fascista.

Festa d’aprile per la libertà

Festa d’aprile per la libertà
Il 25 aprile è, in estrema sintesi, anniversario della Liberazione, festa della Resistenza, conclusione di una fase tragica della storia del nostro Paese e premessa necessaria per quella che sarà la Costituzione Repubblicana. Festeggiarlo è importante soprattutto in tempi di revisionismo strisciante. Le incursioni verbali di Ignazio La Russa e il disegno di legge presentato da Fratelli d’Italia con l’equiparazione delle foibe all’Olocausto rappresentano la parte più scoperta di un fenomeno in rapida accelerazione che si muove lungo un’unica
traiettoria disegnata dal nuovo revisionismo della destra. Ci sono ancora persone per le quali la Resistenza diventa un’eredità scomoda da nascondere quanto prima nella soffitta della memoria. Per queste ragioni occorre più che mai impegnarsi per un esercizio corretto della memoria su una delle date fondamentali della nostra storia democratica. L’8 settembre del 1943 vide il dissolvimento dello Stato ancora permeato da quel
fascismo che aveva trascinato colpevolmente e scelleratamente l’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, un conflitto che, secondo le idee
hitleriane, avrebbe dovuto piegare l’Europa e il mondo a un’ideologia basata sulla razza e sulla violenza. La Resistenza si organizzò e nei
venti mesi che seguirono rappresentò una prima fase costituente, la premessa e la promessa di una Costituzione democratica, rendendo
possibile il 25 aprile. La Resistenza fu un fatto straordinario che, come disse Nilde Jotti “realizzò una unità veramente eccezionale che andava dagli ufficiali badogliani agli operai comunisti”. Un movimento le cui varie componenti sono state molte e diverse. Dalla Resistenza civile fatta di tante piccole e grandi disobbedienze a quella militare
dell’8 settembre 1943 con la quale, nonostante la pressoché completa assenza di ordini, reparti dell’esercito si opposero ai Tedeschi sia in
Italia che in terra straniera, come a Cefalonia e nelle isole greche, fino al rifiuto di centinaia di migliaia di soldati di venire meno al giuramento fatto al re, con il loro confinamento nei lager e campi di lavoro tedeschi che significò per molti la morte. Gli scioperi operai del 1943 segnarono il primo dissenso di massa, una sfida in campo aperto al regime. Fu Resistenza l’azione delle donne, dapprima infaticabili fiancheggiatrici e soccorritrici dei soldati che, sbandandosi all’8 settembre, cercarono un rifugio e vesti civili, e in seguito diventando
staffette e porta-ordini dei C.L.N. fino a partecipare come partigiane combattenti alla lotta armata. Un’opera preziosa, delicata, difficile vide impegnata tanta parte del clero, non solo per il sostegno al
popolo ma anche nell’impegno diretto nel movimento resistenziale perché la Resistenza segnò una frattura netta, anche generazionale, rispetto al
Fascismo. Se non si considera attentamente tutto ciò, si rischia di smarrire il significato ampio di guerra di popolo che possiamo attribuire alla Resistenza, in cui certamente la punta,
importantissima, dell’iceberg fu quella dell’organizzazione capillare del territorio
attraverso i C.L.N., l’azione delle brigate e delle divisioni partigiane, i GAP (i Gruppi Azione Patriottica) le SAP (Squadre Azione
Patriottica), i gruppi di Difesa della Donna. E il bilancio nazionale di tutto questo fu di quasi 45mila partigiani morti cui vanno aggiunte 150mila vittime civili. Vale la pena, in conclusione, ricordare con le
parole di Norberto Bobbio il senso di tutto ciò: “Dopo venti anni di regime e dopo cinque di guerra, eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un’anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà”.
Marco Travaglini

L’Arci Torino remixa le canzoni antifasciste

CREARE BRANI E REMIXARE LE CANZONI ANTIFASCISTE

Nasce il portale dell’Arci di Torino dedicato al “Concerto per la Resistenza”, andato in scena al Teatro Gobetti nel 1964

 

Non solo un archivio ma un social. E’ online oggi “Risuona la Resistenza”

 

Nel 1964 il Circolo Arturo Toscanini invitava tre grandi della musica – Giorgio Ferrari, Guido Ferraresi e Carlo Mosso – a comporre opere musicali dedicate alla Resistenza sui testi poetici di Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Corrado Govoni, Bini (nome da partigiano di Giovanni Serbandini), Alfonso Gatto e Tito Balestra. Le tre opere in prima assoluta sono state rappresentate, insieme al “Concerto funebre per Duccio Galimberti” di G.F. Ghedini, il 14 ottobre del 1964 al Teatro Gobetti dall’orchestra del Circolo stesso diretta da Mario Rossi, allora direttore dell’orchestra sinfonica della RAI.

Quel giorno Enzo Lalli, presidente e fondatore dell’Arci di Torino, registrò quell’evento e quel nastro è stato restaurato, digitalizzato ed ora è distribuito gratuitamente online.

Il nastro del concerto – organizzato e commissionato dal Circolo Toscanini e dall’Arci di Torino – è stato scoperto durante il progetto di riordino e valorizzazione dell’archivio del Circolo portato a termine dell’Istituto Fondazione Piemontese Antonio Gramsci. L’archivio è una donazione di Enzo Lalli, fondatore dell’Arci di Torino, primo presidente e protagonista diretto delle attività del Circolo: il nastro che nel 2020 si pensava perduto è stato donato dal figlio di Enzo, Alberto, prematuramente scomparso nel 2022. Ora questo patrimonio diviene pubblico e soprattutto utilizzabile dai musicisti italiani: https://www.risuonalaresistenza.it/

“Risuona la Resistenza” è infatti il portale – che viene varato oggi – dove si possono trovare i documenti che raccontano la storia di quel giorno e delle persone che hanno contribuito a quel momento. Ma la vera chicca è che viene messa a disposizione una bacheca di campioni musicali a disposizione degli utenti registrati per essere scaricati e riutilizzati in nuove composizioni.

Dunque, un progetto di ascolto, di rilettura e di rielaborazione musicale, uno spazio virtuale dove non solo si può prendere coscienza del “Concerto per la Resistenza” e del suo valore ma anche attingere da alcuni campioni: sono stati selezionati dai maestri Andrea Maggiora e Giorgio Mirto. L’obiettivo è far sì che musicisti da tutta Italia li utilizzino per nuove composizioni che diventeranno omaggio, decostruzione e ricostruzione del narrato sulla Resistenza.

Spiega Max Borella di Arci Torino: «La valorizzazione della registrazione del Concerto de ‘64 attraverso questo portale è fondamentale per uscire dall’ottica archivistica e approdare ad una dimensione creativa e costruttiva. Allora le avanguardie musicali e letterarie italiane furono utilizzate dall’ARCI per omaggiare il cambiamento radicale dato dalla Resistenza alla nostra vita e ora quelle medesime composizioni sono pronte per essere rielaborate, incorporate, destrutturate a favore di un narrato rinnovato della nostra Liberazione». Aggiunge una riflessione: «L’avanguardia che è cambiamento e rivoluzione per l’arte come lo fu la Resistenza per la nostra libertà, ora torna ad essere fruita e composta come elemento dirompente e rappresentativo dell’antifascismo e dei valori che la lotta partigiana ci ha regalato».  Dunque, “Risuona la Resistenza” è un progetto collettivo di diffusione culturale «che vuole stimolare la creatività musicale a partire da una base comune di valori: i valori della Resistenza e dell’antifascismo».

Matteo D’Ambrosio, direttore della Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci, spiega: «Con questo progetto l’Archivio del Circolo Toscanini e il Concerto per la Resistenza riprendono vita. La digitalizzazione dell’archivio assume la duplice funzione della conservazione e della valorizzazione, mettendo a disposizione di compositori e compositrici brani che rivivono e assumono altre forme grazie alla possibilità di integrarli in altre elaborazioni, perseguendo i principi e i valori per cui il Circolo fu fondato».

Il funzionamento del portale e del social

 

Una volta entrati nel portale www.risuonalaresistenza.itè possibile navigare liberamente tra i documenti del concerto, leggere i materiali di sala e le partiture originali, conoscere i protagonisti di quel giorno, ascoltare direttamente da Spotify  la registrazione live e documentarsi su quel momento.

In aggiunta, ci si può registrare creando un profilo musicista: così facendo, si accede a un’area riservata dove poter scaricare i campioni audio. E’ possibile, poi, utilizzare questi campioni per le proprie composizioni dedicate alla Resistenza e alla Liberazione che una volta ricaricate sul profilo potranno essere ascoltate dagli altri utenti.

Il Circolo Toscanini: una delle più grandi esperienze culturali del dopoguerra

 

Il Circolo Toscanini rappresenta nel dopoguerra una delle più grandi esperienze culturali della città di Torino. Fu fondatore dell’Arci stessa nel 1957 ed era composto da musicisti, amanti della musica, persone di cultura, ex partigiani, giornalisti, lavoratori e lavoratrici, tutti accomunati dalla matrice antifascista, alcuni protagonisti diretti della lotta di Liberazione e ispirati da sempre dai principi della Resistenza.

L’archivio del Circolo, divenuto di proprietà dell’Arci di Torino dopo la chiusura dell’associazione, è stato dichiarato di “interesse storico particolarmente importante” dalla Sovrintendenza archivistica e bibliografica della regione Piemonte e Valle d’Aosta. La Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci ha riportato alla luce tanti dei tesori che questo fondo nascondeva, tra i quali questo nastro che oggi è alla portata delle orecchie di tutti.

L’intero lascito dell’associazione è consultabile sull’HUB 9centRo, la piattaforma archivistica del Polo del’ 900: https://archivi.polodel900.it/

https://www.arcitorino.it/p/304/archivio-del-circolo-musicale-arturo-toscanini-valorizzazione-e-riordino.html

 

PARTNER

 

Questo progetto è stato reso possibile grazie al finanziamento della Regione Piemonte e grazie al supporto dell’Istituto Piemontese Antonio Gramsci che ha curato il fondo Toscanini,

L’associazione Dewrec ha suguito il restauro del nastro e l’esportazione dei campioni, mentre il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino si è reso diponibile a diffondere la notizia del portale e le sue opportunità ai suoi studenti. Parimenti il circolo Margot di Carmagnola presso la sua scuola di musica. Hanno collaborato a questo progetto e hanno selezionato i campioni musicali i Maestri Andrea Maggiora e Giorgio Mirto che nella loro vita, in maniera diversa, hanno approcciato i contenuti del lascito dell’associazione Toscanini. Le grafiche del portale, invece, sono dell’artista Vittorio Campanella che già nel 2020 aveva seguito la realizzazione della copertina del disco.